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XIU XIU - TALK TALK |
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XIU XIU - TALK TALK che cosa c’è in comune fra questi due gruppi musicali? Moltissimo e pochissimo a seconda dell’importanza che ognuno si sente in dovere di dare ai singoli aspetti che caratterizzarono e definiscono una qualsiasi esperienza umana; si potrebbe ad esempio notare come entrambi i gruppi hanno una denominazione costruita sullo stesso criterio; si potrebbe anche riallacciarsi al fatto che i TAlk TAlk sono stati uno dei gruppi più singolari della new wave degli anni ottanta e che gli XIu XIu sono spesso collocati fra i numerosi attuali che si rifanno alle sonorità degli anni ottanta; molti ravvisano anche delle analogie (io stesso) nell’impostazione vocale dei due cantanti e per tale motivo per definire il sound degli XiU XiU si finisce spesso anche per citare gli ultimi lavori dei TalK TalK. Questo solo per evidenziare alcuni aspetti comuni, oltre agli ovvi di essere dei gruppi musicali e di incidere dischi. Gli elementi che li distinguono l’uno dall’altro sono ovviamente ancora più evidenti: sono due gruppi che hanno strutture e storie completamente diverse e che in generale evocano atmosfere decisamente dissonanti, gli xIu xIu sono claustrofobici e paranoici e i tAlk tAlk sono minimali e meditativi. In questo senso questo parallelo fra i due gruppi è da intendere in senso geometrico ossia come due rette/storie distinte che non si incontrano mai se non all’infinito e che quindi qualcosa in comune ce l’hanno per forza. Io ho una mia personale proposizione che vale per entrambi: mi affascinano e possiedo i loro dischi e questo mi basta. | |
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Drum machine, chitarre elettriche e acustiche, basso, sintetizzatori analogici, fiati, violini e una voce in falsetto che sta a metà fra il Robert Smith più schizzato e Mark Hollis. Shakerate tutto una buona dose di effetti e di loop, aggiungete un pizzico di paranoia e avrete un concetto che può fornire un idea di cosa sia un disco degli xIu XiU. L’ultimo lavoro del gruppo si intitola “Fabolous musceles” ed è uscito in Europa nel 2004 per la Tomblab record. Qualcuno ha detto che scrivere di musica è come danzare di architettura e certamente quando si vuole raccontare un disco come questo bisogna cercare di danzare molto bene su diversi stili. In molti brani le coordinate di riferimento sono da cercare nel calderone della new wave anni ottanta per l’uso di ritmi elettronici e per il suono delle tastiere, ma siamo di fronte ad un mosaico di proposte e di atmosfere che si fa fatica a definire. Si comincia con un ritmo elettronico da videogame, poi la tensione sale improvvisamente e la voce inizia a urlare mentre le tastiere creano uno sfondo tetro (Crank Heart e Bunny Gamer (b) ). Si apre con un arpeggio di chitarra elettrica in cui si inserisce la base elettronica e la voce che cantilena in inglese e in francese. (I luv the valley Ho). A volte il sound prende l’aspetto di una caos che può ricordare certe esperienze dei Faust da cui a tratti emerge una voce che sembra sempre sul punto di spezzarsi. (Little panda Mc Elroy, Support our troops oh!) Ci si trova anche di fronte a una ballata sussurrata e accompagnata solo da una chitarra acustica suonata in punta di piedi (Fabulous Muscles); immediatamente dopo si cade in un ritmo anni ottanta che più sintetico non si può dove le chitarre e la voce affogano in un bordone di sintetizzatori (Brian the vampire). Sopra un bordone di fiati e di tastiere si inseriscono la chitarra e la voce sussurrata (Nieces Pieces). Sul finale un lieve ritmo con percussioni e un filo di tastiere, poi un intermezzo di viola e violino e poi chitarra e voce (Clowne Towne). La chiusura del disco sono ancora i Faust che suonano un pezzo dei Popul Vhu con una voce recitante in sottofondo. XIU XIU è un progetto il cui protagonista è il cantante (ma anche chitarrista, programmatore delle drum machine e tastierista) Jamie Stewart, che è uno dei personaggi più particolari degli ultimi tempi. Qualche tempo fa “Blow Up” ha pubblicato un’intervista in cui si delineavano alcuni dei suoi tratti distintivi: figlio di un noto produttore musicale americano di musica leggera, dichiaratamente bisessuale, estroso. Difficilmente una proposta musicale di questo tipo potrà avere successo ma sicuramente potrà intrigare tutti gli ascoltatori che sono alla ricerca di sonorità inconsuete. Discografia:
Kinfe Play, 5 Rue Christine 2002 Chapel of the chimes, Absolutely kasher 2002 A promise, 5 5 Rue Christine 2003 Fag patrol, Free porcupine society 2003 Fabulous Muscles, Tomblab 2004 |
I talk talk sono stati protagonisti di uno dei più clamorosi suicidi commerciali del mondo musicale. Il gruppo ha avuto un successo mondiale nei primi anni ottanta con brani ritmati come “Such A Shame” del 1983 e “It's My Life” del 1984 (tra l’altro recentemente rifatta in chiave rock). Nel 1986 il gruppo pubblica per EMI l'album “The Colour Of Spring” che continua ad essere sostanzialmente un album di canzoni pop, anche se la durata delle canzoni comincia ad aumentare e il sound del gruppo si va dilatando verso atmosfere più rarefatte e minimali . Il lavoro successivo prende il nome di “Spirit Of Eden” (EMI, 1988) ed è una vera e propria rivoluzione per il gruppo; l’album contiene solo sei brani piuttosto lunghi (nella mia versione CD i primi tre sono incisi in un'unica traccia). Ritmiche appena accennate e interventi strumentali al limite del minimalismo, pochi accordi di pianoforte e chitarra in cui a tratti intervengono molto discretamente tutta una serie di strumenti. Complessivamente sono accreditati ben 17 musicisti, che suonano: tromba, armonica, oboe, clarinetto, harmonium, dobro, fagotto, violino, corno; in aggiunta a questo ci si trova il coro della cattedrale di Chelmsford. Il cantante e tastierista Mark Hollis rispetto all’uso della sua voce si comporta alla stregua di un musicista che si inserisce nella struttura armonica in modo discreto e mai prevaricante il tutto con un timbro particolare e un feeling assolutamente unico. Il successivo album (Laughing Stock - Verve - 1991) prosegue questa strada rarefacendo in maniera ancora più marcata le atmosfere e ricadendo decisamente nel contesto dell’ambient music. Ci sono anche qui solo sei lunghi brani e anche in questo caso abbiamo la presenza di un gran numero di strumentisti e di strumenti (batteria, armonica, percussioni, chitarra, tastiere, viola, violoncello, tromba, corno, clarinetto, contrabbasso). Inutile dire che dopo questo album i Talk Talk sono stati scaricati dalla casa discografica e sono usciti definitivamente del mercato discografico. Il leader e cantante Mark Hollis ha pubblicato un bel disco solista nel 1998 per la Polydor, continuando sul modello di Laughing Stock a creare brani musicali in bilico fra l’ambient, il free jazz e la trance. Sono stati un gruppo decisamente coraggioso e intelligente, avrebbero potuto continuare a scrivere canzoni ballabili e sono finiti per essere citati come riferimento dagli amanti della musica da camera contemporanea e dell’avanguardia. Tanto per fare un esempio Laughing Stock è uno dei dischi preferiti di Jim O’Rourke (che non è notoriamente uno dai gusti commerciali) e l’album viene spesso citato come uno dei più importanti album ambient della storia, pur essendo un disco di canzoni ed essendo quindi fuori dal contesto classico in cui si intende l’ambient music (quello della musica strumentale ndr). Discografia: The
Party's Over, EMI 1982 |
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