ARIANIZZARE L’ECONOMIA

 

Come detto in precedenza gli ebrei furono espulsi dall’economia tedesca. In realtà questo fatto non era causato da un problema vero e proprio ma semplicemente utilizzato come mezzo propagandistico.

I nazisti volevano attaccare non tanto gli ebrei appartenenti all’amministrazione economica tedesca ma coloro che erano imprenditori ovvero la maggior parte.

I modi per colpire gli imprenditori erano due: o obbligando alla liquidazione dell’impresa, oppure obbligando ad un passaggio di proprietà.

Queste operazioni si svolsero in due momenti: il primo che andava dal gennaio del 1933 al novembre del 1938 grazie agli accordi volontari; il secondo dopo il 1938 attraverso gli accordi forzati.

Nella fase volontaria i nazisti utilizzarono la forza psicologica e quella economica per obbligare gli ebrei a vendere le loro imprese a prezzi molto bassi. Questo passaggio fu chiamato boicottaggio organizzato. Si andò a creare il “Comitato Centrale contro le atrocità ebraiche e per la propaganda del boicottaggio” presieduto da Julius Streicher.

Questo boicottaggio faceva perdere i clienti alle imprese, bloccava i fornitori e la riduzione della valuta estera, impediva gli approvvigionamenti esteri.  I tedeschi però dovevano stare attenti a non strangolare troppo le imprese perché in quel caso l’economia della nazione n’avrebbe risentito.

Protagoniste principali di quest’arianizzazione economica furono le banche che facevano da intermediarie: furono loro che nel 1938, quando non c’erano più acquirenti per le industrie, abbassarono il prezzo di vendita per permettere ai tedeschi di rilevarle. Per far ciò abolirono le aste di vendita in modo che gli imprenditori non potessero giocare al rialzo. Dal 26 aprile dello stesso anno si decise che le compravendite dovevano essere approvate dal Ministero dell’Economia. L’approvazione era data solo se il prezzo pattuito era compreso tra i due terzi e i tre quarti del valore iniziale. Ovviamente si giocava al ribasso favorendo gli acquirenti tedeschi.

Molti ebrei però riuscirono a resistere e ad opporsi a tutto ciò e dunque si passò alla seconda fase: la vendita forzata.

Dal 12 novembre 1938 ci fu l’obbligo per tutti i negozi ebrei di chiudere entro la fine dell’anno, e nel caso avessero voluto vendere la propria attività o la merce avrebbero dovuto rispettare i prezzi imposti dai nazisti.

Il 3 dicembre di quell’anno uscì una nuova direttiva che impose agli ebrei di vendere tutti i loro beni mobili e immobili (terreni, case, conti corrente, depositi…). Gli ebrei perciò non possedevano più nulla a parte di piccoli patrimoni che lo stato intendeva sequestrare in breve tempo.

Agli ebrei dunque non rimaneva che emigrare ma questo era reso impossibile perché non possedevano denaro, non potevano avere un conto corrente e non potevano cambiare la moneta tedesca (Reichsmark) con la valuta straniera.

Anche i tedeschi però non potevano possedere valuta estera e il problema che sorgeva ora era quello di far emigrare i giudei senza che questi esportassero la valuta estera.

Per acquistare valuta estera esistevano due modi legali: la prima era la libera frontiera (Freigrenze) e la seconda la libera frontiera per le merci (Warenfreigrenze). Con il primo modo gli emigranti potevano portare con sé solo il controvalore di 10 Reichsmark e 20 se il paese in cui andavano non era uno confinante con la Germania; con il secondo modo si poteva portare con se merci per un valore non superiore ai 1000 Reichsmark.

Intanto era nato un Ufficio solo per ebrei per il cambio: l’Atreu. Nel momento in cui avveniva il cambio, all’ebreo non era dato il corrispettivo corretto ma solo il 50%. Dopo 1938 all’Atreu non arrivò più una richiesta di cambio.

Tutto quello che ad un emigrante non era concesso portare con sé veniva depositato su un conto corrente bloccato (Sperrguthaben) che veniva amministrato dall’Ufficio Valutario del Ministero delle Finanze.  Con questo conto bloccato si andava a fare prestiti ai cittadini tedeschi, a cittadini stranieri (ma non ad ebrei) che dovevano pagare assicurazioni o l’acquisto d’immobili.

Nacque così un florido mercato che si basava sui cambi fatti agli ebrei e dalle confische fatte dal Ministero delle Finanze. Nel 1939 la comunità ebraica si era ridotta del 50%, i rimasti erano per lo più donne, poveri e anziani tutti accomunati dal fatto di essere disoccupati e senza mezzi di sussistenza.

Normalmente lo stato avrebbe dato dei contributi per aiutare dei bisognosi ma ritenendo gli ebrei dei parassiti profittatori, si pensò di farli lavorare per mantenersi attraverso il lavoro coatto.

                                                           

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