Postilla dell'autore

Libero De Libero riconosceva al dialetto patricano un’identità spiccata da farlo diverso da tutti gli altri dialetti ciociari. Questa caratteristica però rende estremamente difficile il compito a chi oggi, dopo le  «devastazioni » operate su certi patrimoni dai mezzi di comunicazione di massa“, si accinge a « riscoprire » invece le antiche ricchezze dei padri. Il mio quindi rimane un tentativo. E questo lo dico « pugli praticani du ‘na vòta »1 , che ci sono ancora e sono gelosi custodi del  « purismo dialettale ». Perciò, nella ricerca della dizione e della ortografia esatte, ho ascoltato la voce di questi  «competenti » anziani e meno anziani  « du Pratica i du fòro »2 . Di particolare aiuto in questo sforzo mi è stato Giovanni Corazza, mio cugino, che assieme a tutti gli altri ringrazio di cuore, con. la certezza che vorranno perdonarmi qualche svarione lasciato qua e là nonostante la loro esperta consulenza. Un’altra cosa ho ancora ricercata: attraverso il linguaggio dei padri, cogliere il messaggio che dalla loro dura esperienza quotidiana hanno saputo lasciarci con tanta speranza nella vita. Una eredità da non disperdere.

 

1- Per i patricani di una volta

2- di Patrica e della campagna

 

 

 

 

 

Alla riscoperta del dialetto

                                                                                                               

traduzione letteraria

A MAIESTRA CUCINERA

 

« Arte culinaria » diciuno i Signuri

cu parluno pulito, i sau lu coso...

« Arto » addavero, a ‘na cucina bona,

i addumò cu nui lu sapimo a Pratica

c’aqquanno appiccia i foco

i sopo agli trippeti metta schitta

a buglì i cuttriglio,

tutto i Paieso a ‘nu prufumo...

Ma si tu uiti

‘na femmana ‘ncucina

tu la dici propio ‘na reggina:

a ‘mparato dalla matro

i misteri du chell’ arto:

capellini all’ova,

tagliati fini più dugli capigli ‘ncapo,

cuniglio fatto -  che saccé?... –

a ‘na manera, cu ‘ntu dicia,

i rusulato accomm’ a ‘nu puglio

cotto agli spito alla fiara du lena,

bazzoffia, pasta i fasui,

pulenta cullu custatello,

latta du cipollo, pimpitori i putatello

agli furno,

i l’atro coso fatto all’antica

i sempro sapurito...

Stu faccenno ié nu’ ma l’hai scurdato,

puro si Pratica

a tanto tempo cu l’ai lassata.

Èsso purché

aqquanno a voglia du magnammo a pizza,

a c6la mu dullozza,

a ttèra a la Cardigna da Marietta

ié mu fermo.

Chella cuggina meia, a sempro pronta:

appiccia i furno, ammassa

i metta a cocia tutt’i cuntimento:

silui, prusutto, caso, zazzicchio,

pimpitori i piparoli,

carno tritata, alicetto all’òglio

i vitamaternammenno1 ...

gli tè prunti agli cungelatoro.

A figlia i gli iennoro

teo amici a Pratica i fòro

i alla casa spisso spisso

stao ‘nsuno

a tanto bèllo cumpagnìo

a magnaso a pizza du Marietta.

Pétri tè lu vino cu trusca isso

cugli péti séi

dall’uva cu u’a ttolla agli Castégli.

Fiaschi i buttiglio

'ncima agli taulino stao,

i tutto cora liscio

falòrgno raccuntennuso i mattigno

i fatti veri, begli i brutti du ‘na vòta;

ariva a mezzanotto i ‘nta n’acc6rii...

 

I ‘mmetico du Pratica

a bravo tanto;

i quanti frustéri ueo a Pratica

a fasso visità

pu guarì i nsa ‘mmalà!...

I ‘mmético, i nui lu sapimo,

a ‘ccomm’agli cunfussóro:

tu dicia sempro lu coso bbòno...

M’aqquanno culla famiglia

da Marietta u’a passà a serata,

lu ricetto cu scriva agli atri

pu ‘gni fa ‘mmalà cugli culistirolo,

agli cassetto dulla scrivania,

isso su lu scorda

i moracciso, i senza rumpianti...

I allora, Mariè, sa’ che tu dico?

Falla sempro chessa pizza i ‘nta rancà:

ie si prunto i uénco a ‘mmagnà!

 

 

 

1- Dal latino: Vitam æterna. Amen

LA MAESTRA CUCINIERA

 

« Arte culinaria » dicono i Signori

Che parlano pulito, e sanno le cose...

« Arte » per davvero, è una cucina buona,

è da tanto tempo che noi lo sappiamo a Patrica

che quando accende il fuoco

e sopra ai treppiedi mette solo

a bollire il pentolone,

tutto il Paese a un profumo...

Ma se tu vedi 

una femmina in cucina

tu la dici proprio una regina:

ha imparato dalla madre

i misteri di quell'arte:

capellini all’uovo,

tagliati sottili più dei capelli in testa,

coniglio fatto -  che ne so?... -

in una maniera che non ti dice,

il risultato è come un pollo

cotto allo spiedo alla fiamma di legna,

peperonata, pasta e fagioli,

polenta con le costatelle,

teglia di cipolle, pomidoro e patatine

al forno,

e le altre cose fatte all'antica

e sempre saporite...

Queste faccende io non le ho dimenticate,

anche se Patrica

è tanto tempo che l' ho lasciata.

Ecco perché 

quando la voglia di mangiarmi la pizza,

la gola mi solletica,

giù alla Cardigna da Marietta

io mi fermo.

Quella cugina mia, è sempre pronta:

accende il forno, impasta

e mette a cuocere tutti i condimenti:

funghi, prosciutto, formaggio, salsicce,

pomidoro e peperoni,

carne macinata, alicetto all’olio

e con buona salute e così sia...

li ha pronti al congelatore.

La figlia e il genero

hanno amici a Patrica e in campagna

e alla loro casa spesso spesso

stanno insieme

a tanta bella compagnia

a mangiarsi la pizza di Marietta.

Pietro ha il vino che pigia lui 

con i piedi suoi

dall’uva che va ha prendere ai Castelli.

Fiaschi e bottiglie

sopra al tavolino stanno,

e tutto corre liscio

idiozie raccontandosi e stupidaggini

e fatti veri, belli e brutti di una volta;

arriva la mezzanotte e non te ne accorgi...

 

Il medico di Patrica

è bravo tanto;

e quanti forestieri vengono a Patrica

a farsi visitare

per guarire e non ammalarsi!...

Il medico, e noi lo sappiamo,

è come il confessore:

ti dice sempre le cose buone...

Ma quando con la famiglia

da Marietta va a passare la serata,

le ricette che scrive agli altri

per non farli ammalare con il colesterolo,

nel cassetto della scrivania,

lui se le dimentica

il furbo, e senza rimpianti...

E allora, Marietta, sai che ti dico?

Falla sempre questa pizza e non ti stancare:

io sono pronto e vengo a mangiare !