Aviazione Italiana
Uno dei primi provvedimenti a favore dell'aviazione, dovuto al
riconoscimento dei meriti acquisiti in guerra e al rilevante sviluppo
raggiunto, fu il decreto del governo del 23 marzo 1923 che elevò il rango
da corpo ad arma aeronautica ("arma azzurra"); subito dopo questo
traguardo fu dato inizio a un marcato progresso tecnico tendente
a ottenere affermazioni internazionali. Nel 1927, acquisì il rango
di forza armata e la denominazione di Regia aeronautica, ebbe un
proprio ministero nel quale il generale Italo Balbo fu designato
sottosegretario. Grazie all'impegno di Balbo l'aeronautica conseguì
traguardi di grande prestigio; oltre al potenziamento dei reparti
combattenti, egli istituì reparti per l'alta velocità e l'alta quota
e reparti per il volo su grandi distanze, con lo scopo di valorizzare
in campo internazionale sia il fattore umano sia l'industria aeronautica
con la conquista di primati mondiali. L'aeronautica, che si era già affermata
con crociere intercontinentali di aerei singoli (De Pinedo, 1925;
Ferrarin, 1920 e 1928), ampliò il suo impegno con spettacolari
crociere organizzate, dirette e pilotate personalmente da Balbo e
attuate da formazioni di numerosi idrovolanti impegnate su rotte
mediterranee (1928-1929) e su rotte atlantiche dirette in America
Meridionale (1930-1931) e in quella Settentrionale (1933). Elemento
di prestigio del regime, l'aviazione ottenne stanziamenti di bilancio
che le consentirono di rafforzarsi gradualmente, di costituire un'ampia
rete di infrastrutture e di conquistare ben novantasei primati
internazionali, tra i quali quelli assoluti di distanza, di velocità
e di quota.
Durante la campagna d'Etiopia del 1935-1936, nella quale
vennero impiegati cinquecento aeroplani, l'aviazione ebbe una parte
determinante nelle operazioni, favorita dall'assoluta padronanza
dell'aria. Anche nella guerra civile spagnola, alla quale partecipò
con 700 aerei e 6.000 uomini, l'aviazione italiana riuscì a dare una
valida prova di efficienza. Il suo materiale era molto apprezzato e
in sette anni vennero esportati in trentanove paesi 1.554 aerei per
un valore di oltre 4 miliardi di lire.
L'aviazione partecipò
attivamente a tutte le operazioni che si svolsero in Africa, nel
Mediterraneo, nei Balcani, nell'URSS e poi nel territorio metropolitano,
riportando gravi perdite in materiale e in uomini (12.045 tra morti e
dispersi, dei quali 1.782 piloti, circa 5.000 feriti e diverse migliaia
di prigionieri). Per il materiale non si riuscì a tenere il passo con
gli altri belligeranti e la produzione fu presto superata
qualitativamente e quantitativamente, anche perché la debolezza
dell'industria italiana, la scarsità di materie prime e manchevolezze
organizzative non consentirono di impostare costruzioni in serie. Dal
giugno 1940 al settembre 1943 furono prodotti soltanto 10.388 velivoli
bellici, insufficienti a compensare le perdite subite. Ne derivò che,
alla data dell'armistizio, l'aviazione era rimasta con 1.265 aerei
bellici dei quali 670 efficienti. Questi, in conseguenza
dell'armistizio, si divisero tra Nord e Sud e continuarono a
operare su fronti opposti sino all'esaurimento. Tanto gli Alleati
quanto i Tedeschi fornirono allora agli aviatori italiani che
combattevano al loro fianco aeroplani di loro produzione.