Aviazione Italiana

Regia Aeronautica



Le origini
Le origini dell'aviazione militare italiana risalgono alla campagna italo-etiopica del 1887-1888, durante la quale vennero impiegati con compiti di osservazione tre aerostati della compagnia specialisti del genio che fin dal 1885 aveva costituito una sezione aeronautica. Quel primo ente si trasformò nel 1894 in brigata specialisti del genio e, nel 1910, in battaglione specialisti del genio. Fu questo reparto, rinforzato dalla flottiglia aviatori civili volontari, a iniziare l'impiego bellico dell'aviazione, partecipando con 4 aerostati, 2 dirigibili e 28 aeroplani alla campagna di Libia del 1911-1912.

La Prima guerra Mondiale
I risultati raggiunti e le argomentazioni del teorico dell'aviazione G. Douhet convinsero il ministero della guerra a sviluppare l'aviazione militare: all'inizio del 1915, i reparti di volo furono staccati dall'arma del genio e costituirono, sempre nell'ambito dell'esercito, il corpo aeronautico militare. Fu iniziato un programma di produzione, ma gli stanziamenti risultarono insufficienti (4.145.000 lire nel 1914-1915) e l'Italia entrò in guerra nel 1915 con 86 aeroplani. Dal 1916, però, si rafforzò, specializzandosi nei bombardamenti di basi lontane, come quelli compiuti nel 1917 dai trimotori Caproni su Pola e su Cattaro, e nei voli a grande raggio, come quello dei sette aerei SVA che nel 1918 G. D'Annunzio guidò su Vienna. Anche la caccia si sviluppò ed ebbe i suoi assi in F. Baracca (34 vittorie), S. Scaroni (26) e P. R. Piccio (24). Durante il conflitto furono prodotti in Italia 11.986 aerei e circa 30.000 motori di aviazione; alla fine delle ostilità, durante le quali morirono 1.784 aviatori, l'Italia aveva 1.683 aeroplani, che vennero in gran parte lasciati inattivi sui campi di volo.

Il primo dopoguerra
Uno dei primi provvedimenti a favore dell'aviazione, dovuto al riconoscimento dei meriti acquisiti in guerra e al rilevante sviluppo raggiunto, fu il decreto del governo del 23 marzo 1923 che elevò il rango da corpo ad arma aeronautica ("arma azzurra"); subito dopo questo traguardo fu dato inizio a un marcato progresso tecnico tendente a ottenere affermazioni internazionali. Nel 1927, acquisì il rango di forza armata e la denominazione di Regia aeronautica, ebbe un proprio ministero nel quale il generale Italo Balbo fu designato sottosegretario. Grazie all'impegno di Balbo l'aeronautica conseguì traguardi di grande prestigio; oltre al potenziamento dei reparti combattenti, egli istituì reparti per l'alta velocità e l'alta quota e reparti per il volo su grandi distanze, con lo scopo di valorizzare in campo internazionale sia il fattore umano sia l'industria aeronautica con la conquista di primati mondiali. L'aeronautica, che si era già affermata con crociere intercontinentali di aerei singoli (De Pinedo, 1925; Ferrarin, 1920 e 1928), ampliò il suo impegno con spettacolari crociere organizzate, dirette e pilotate personalmente da Balbo e attuate da formazioni di numerosi idrovolanti impegnate su rotte mediterranee (1928-1929) e su rotte atlantiche dirette in America Meridionale (1930-1931) e in quella Settentrionale (1933). Elemento di prestigio del regime, l'aviazione ottenne stanziamenti di bilancio che le consentirono di rafforzarsi gradualmente, di costituire un'ampia rete di infrastrutture e di conquistare ben novantasei primati internazionali, tra i quali quelli assoluti di distanza, di velocità e di quota.
Durante la campagna d'Etiopia del 1935-1936, nella quale vennero impiegati cinquecento aeroplani, l'aviazione ebbe una parte determinante nelle operazioni, favorita dall'assoluta padronanza dell'aria. Anche nella guerra civile spagnola, alla quale partecipò con 700 aerei e 6.000 uomini, l'aviazione italiana riuscì a dare una valida prova di efficienza. Il suo materiale era molto apprezzato e in sette anni vennero esportati in trentanove paesi 1.554 aerei per un valore di oltre 4 miliardi di lire.
In quel periodo il capo di Stato Maggiore era anche sottosegretario per l'aeronautica; il territorio era suddiviso in quattro zone: Milano, Padova, Roma e Bari, oltre ai comandi autonomi della Sicilia, Sardegna, Libia, Egeo e Africa Orientale. Le forze aeree erano inquadrate in squadre, costituite da due o più divisioni che a loro volta erano formate da due o più brigate aeree. Ogni brigata era composta da due stormi, ciascuno dei quali comprendeva due o tre gruppi; a loro volta i gruppi erano formati da due o tre squadriglie che costituivano le "unità organiche di base".


La Seconda guerra Mondiale
Le campagne d'Etiopia e di Spagna e le esportazioni incisero sulle forze dell'aviazione italiana che il 10 giugno 1940, all'atto dell'entrata in guerra, disponeva complessivamente di 84.000 uomini (di cui 6.340 piloti), di 1.332 bombardieri, 1.160 aerei da caccia e da assalto, 497 ricognitori terrestri e 307 marittimi, per un totale di 3.296 aeroplani bellici, dei quali 1.796 di pronto impiego. Vi erano inoltre 87 aerei da trasporto e altri 348 velivoli si trovavano sui lontani campi dell'Africa Orientale.
L'aviazione partecipò attivamente a tutte le operazioni che si svolsero in Africa, nel Mediterraneo, nei Balcani, nell'URSS e poi nel territorio metropolitano, riportando gravi perdite in materiale e in uomini (12.045 tra morti e dispersi, dei quali 1.782 piloti, circa 5.000 feriti e diverse migliaia di prigionieri). Per il materiale non si riuscì a tenere il passo con gli altri belligeranti e la produzione fu presto superata qualitativamente e quantitativamente, anche perché la debolezza dell'industria italiana, la scarsità di materie prime e manchevolezze organizzative non consentirono di impostare costruzioni in serie. Dal giugno 1940 al settembre 1943 furono prodotti soltanto 10.388 velivoli bellici, insufficienti a compensare le perdite subite. Ne derivò che, alla data dell'armistizio, l'aviazione era rimasta con 1.265 aerei bellici dei quali 670 efficienti. Questi, in conseguenza dell'armistizio, si divisero tra Nord e Sud e continuarono a operare su fronti opposti sino all'esaurimento. Tanto gli Alleati quanto i Tedeschi fornirono allora agli aviatori italiani che combattevano al loro fianco aeroplani di loro produzione.


Torna all'indice delle forze aeree