LA LIBERAZIONE LIBANESE

Un evento storico ha interessato il mondo arabo ed islamico, paragonabile nei suoi effetti pressoché al grande evento della Repubblica Islamica dell’Iran.

Infatti, la vittoria della Resistenza Islamica libanese, e precisamente degli Hezbollah, ha dato luogo ad una nuova era nella regione grazie alla sconfitta ed alla fuga dal Sud del Libano dell’esercito dell’entità sionista che si riteneva invincibile. E’ la prima volta dalla proclamazione del cosiddetto stato ebraico nella terra di Palestina che questo esercito esce sconfitto da una terra araba occupata senza poter nascondere la sua sconfitta con un accordo politico che gli salvi la faccia.

Con questa vittoria, si scrive oggi una delle pagine più belle nella storia recente della nostra ‘Ummah’. La scrive un popolo musulmano con il sangue dei suoi martiri. Un popolo che ha creduto e crede nella vittoria come logica conseguenza di una battaglia condotta contro un invasore e combattuta con fede e determinazione nel nome di Dio l’Altissimo. Grazie a questa vittoria, oggi tutti i popoli del mondo islamico credono nella possibilità di sconfiggere l’oppressore con la forza della fede e la volontà di cambiare l’equilibrio delle forze in campo a favore dei devoti, senza timore della prepotenza di tale oppressore.

Durante questi decenni di lotta lo spirito di sacrificio dell’Imam Husseyn (a) ha aleggiato tra i martiri e i combattenti. Dimostrando l’attendibilità del motto che recita: "Ogni giorno è Ashura, ogni terra è Karbala".

La battaglia dell’Hezbollah in tutti questi anni è stata combattuta all’insegna della Religione in maniera chiara, netta, precisa.

Non a caso il capo del movimento è un religioso Seyed Hasan Nasrallah, non a caso i principi islamici a cui l’Hezbollah si ispira sono stati ricordati in questi anni dall’Imam Khomeini e non a caso la Guida dell’Hezbollah è anche la nostra Guida: Seyed Ali Khamenei, il Wali Faqi dei Musulmani a cui va il nostro saluto e l’augurio per questo glorioso avvenimento.

Purtroppo, non possiamo dire la stessa cosa per certe organizzazioni della resistenza palestinese che in questi anni anziché rivolgersi ad Allah il Misericordioso hanno preferito ""stabilire rapporti laici" con gruppi non islamici e le conseguenze sono balzate agli occhi anche dell’osservatore più sprovveduto: solo con la fedeltà ai principi dell’Islam e con la fede si vince, altrimenti no!

La vittoria degli Hezbollah libanesi apre i popoli arabi, ed in particolare per il popolo palestinese, la speranza che la vittoria è, indiscutibilmente, il destino finale dei popoli che lottano contro l’occupante, e che la fede in Dio è l’arma più efficace per conseguirla. Nello stesso tempo, appare evidente che i corrotti governi arabi temono il divulgarsi di questo vento di vittoria proveniente dal Sud del Libano, con il rischio di travolgere le loro oligarchi di governo. Allora cercano di nascondere questo timore dichiarandosi vicini al popolo libanese nella sua vittoria, senza pronunciarsi sulla tendenza dei loro popoli a vedere nella lotta (militare) contro l’entità sionista l’unico mezzo convincente per restituire tutti i territori arabi occupati ai loro legittimi abitanti.

Questa vittoria dei combattenti islamici libanesi è uno schiaffo ad individui come Yasser Arafat che hanno scelto di trattare con il nemico, abbandonando la strada della lotta. Egli cerca di contenere questa sua vergognosa scelta e, nel contempo, la rabbia del popolo palestinese, promettendo di sostenere sempre i diritti basilari del suo popolo.

Oggi, tutto il mondo arabo ed islamico guarda con ammirazione agli Hezbollah del Libano, congratulandosi con gli uomini della Resistenza Islamica e con il loro capo, Seyyed Hasan Nasrullah. Oggi arrivano a migliaia e migliaia, uomini politici, uomini della stampa araba ed islamica, gente comune, a stringere la mano a Seyyed Hasan Nasrullah, uomo chiave di questa grande vittoria, ringraziandolo per aver scritto una brillante pagina di storia per questa Ummah. Molti non nascondono di vedere in lui il capo storico che ha saputo vincere, cacciando l’occupante israeliano per la prima volta, sotto i colpi dei gloriosi eroi della Resistenza Islamica. Altri si spingono oltre, chiedendogli di dirigere un ipotetico esercito arabo verso la vittoria finale. Altri ancora lo descrivono come il "Khomeini degli arabi", dimenticando che dello scomparso Imam, Nasrallah è un fedele discepolo. Lui invece, sorridendo, invita tutti ad imparare la lezione ed a sentirsi forti contro gli oppressori ed afferma che tutti gli uomini liberi e i diseredati del mondo possano considerare questa vittoria come la loro e che possono sfruttarla ed impiegarla come fattore catalizzante per le loro giuste cause.

Gli avvenimenti libanesi di oggi superano davvero la loro importanza militare per arrivare ad essere la vittoria umana della fede contro l’ipocrisia, del bene contro il male. L’uomo della vittoria, Seyyed Hasan Nasrullah merita davvero di essere considerato l’uomo del momento. Le sue parole suonano vittoriose nei cuori dei palestinesi dei territori occupati che esprimono la loro gioia per tale evento innalzando le bandiere dell’Hezbollah libanese.

Per questo popolo al quale Seyyed Hasan ha dedicato questa vittoria, e un nuovo sole che splende sulla terra santa della Palestina.

 


Intervista a un deputato Hezbollah

Quella che riportiamo qui di seguito è l’intervista rilasciata ai fratelli Ammar e Ruhullah, in visita in Libano in rappresentanza della redazione de "Il Puro Islam", dal dott.Husayn al Hasan, nel Centro Stampa e Propaganda del movimento di Hizbu-llah, di cui egli è uno dei 9 rappresentanti eletti in parlamento. Eletto nel 1996 nel distretto della Beqa’, che invia in Parlamento 5 deputati, di cui 3 sciiti, un sunnita e un cristiano, il prof. Husayn al Hasan è docente di biochimica e matematica all’università di Beyrut, ed appartiene ad una famiglia di musulmani praticanti, impegnata in prima linea nella lotta all’aggressione sionista, che ha dato due martiri alla causa dell’Islam.

Nonostante l’intervista sia stata rilasciata a Marzo, quindi prima del ritiro dell’esercito sionista dal Sud del Libano e dei cambiamenti che tale vittoria islamica ha portato, riteniamo comunque estremamente interessante proporla ai visitatori del sito per una maggiore conoscenza del movimento di Hezbu-llah, movimento che con il Jihad ed il sangue dei martiri ha scritto una delle più belle pagine della storia recente dell’Ummah.

Il Puro Islam

 

D. I mezzi d’informazione occidentali fanno un gran parlare dell’annunciato ritiro dei sionisti dal Libano del Sud, del quale si danno due valutazioni contrapposte. Da un lato si parla di manovra nei confronti della Siria, che perderebbe così un temibile strumento di pressione; dall’altra parte si parla anche senza mezzi termini di vittoria militare Hizbullah e di sconfitta sionista. Che cosa ne pensa lei di queste due interpretazioni?

 

R. La seconda valutazione è indubbiamente quella veritiera. I sionisti sono stati sconfitti militarmente nel Libano del Sud. Se fosse vero che essi intendono solo esercitare pressioni sulla Siria, perché esiterebbero tanto a ritirarsi? Ancora due giorni or sono, Barach ha dichiarato che i sionisti non intendono ritirarsi, ma solo ridistribuire le forze d’occupazione. Essi non si rassegnano alla sconfitta, e tentano di intimorirci. Ma si rammentino loro a questo medesimo proposito le parole del Sacro Corano: < Quelli a cui dissero: "si sono riuniti contro di loro, temeteli", ciò accrebbe la loro fede, e risposero: "Iddio ci basterà, certo Egli è il nostro difensore"> (III, 173).

 

 

D. La propaganda occidentale sta facendo di tutto per legittimare presso le varie opinioni pubbliche il cosiddetto "stato d’Israele", tentando di far credere che la questione mediorientale altro non sia che una questione di relazioni e di confini tra stati, e non quella dell’esistenza stessa dell’entità sionista, vera e propria organizzazione criminale e terroristica basata sul genocidio, la pulizia etnica, l’aggressione militare, le stragi di civili libanesi, e la discriminazione razziale. Qual è a questo riguardo la posizione del movimento Hizbullah?

R. Il cosiddetto "stato d’Israele" è una creazione artificiale ed arbitraria, del tutto illegittima. Nato nel 1948 con il genocidio e la cacciata del popolo palestinese, esso ha potuto reggersi sinora solo grazie alle stragi, alla violenza, al terrore. Noi libanesi, dopo l’inevitabile ritiro israeliano, avremo, a Dio piacendo, liberato il nostro territorio nazionale, ma non per questo la nostra missione come musulmani sarà terminata. Rimane insoluta la questione di Gerusalemme e della Palestina occupata, la questione dello stato palestinese, che non riguarda soltanto la Cisgiordania e Gaza, i territori della cosiddetta "autonomia", ma riguarda l’intera Palestina occupata dai sionisti a partire dal 1948. Se non si risolvono questi problemi, non potranno esservi pace e giustizia. Il sedicente "stato d’Israele", è e resterà illegittimo nella sua totalità, la sua illegittimità non riguarda solo qualche territorio marginale. Restano i 4 milioni di profughi cacciati dalla Palestina che non attendono altro che di tornare nelle loro terre. Nessuno ha il diritto di massacrare e disperdere un popolo, e la dispersione della Palestina non potrà mai essere legittimata a livello internazionale.

D. Quali crede che siano le prospettive per la creazione anche in Libano di una Repubblica Islamica?            

R. Siamo convinti che la creazione di una Repubblica Islamica nel nostro paese sia un obiettivo irrinunciabile, ma non andiamo di fretta a questo riguardo. Con l’aiuto di Dio Onnipotente, riusciremo a cacciare i sionisti dal Libano, ma l’elemento combattentistico e militare è solo una delle componenti del nostro movimento. La nostra presenza è radicata a livello politico e sociale, e siamo già maggioranza nelle zone musulmane. Le prospettive future sono condizionate dalla risoluzione di molti problemi. Il Libano ha diverse confessioni religiose, ed è dovere di noi musulmani rispettarle tutte (il sionismo non è una confessione religiosa, e ben poco ha a che vedere con lo stesso ebraismo, secondo l’insegnamento dell’Imam Khomeyni, n.d.c.). Noi pratichiamo il nostro Islam, ma non intendiamo imporre agli altri la nostra fede e le nostre convinzioni. Il Profeta (s) e l’Imam Ali (as) non imposero con la forza il proprio governo. E l’Imam Khomeyni ha detto e fatto la stessa cosa, ed ha instaurato in Iran una Repubblica Islamica in piena conformità con il volere del popolo.

 

 

D. Anche se noi musulmani ci rifacciamo alle norme giuridiche della Legge Divina Rivelata, non pensa Ella che sarebbe pur sempre opportuno per i movimenti e le organizzazioni islamiche adoperarsi presso le varie opinioni pubbliche per favorire la costituzione di un tribunale internazionale che giudichi i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dai sionisti, analogamente a quanto avvenuto per l’ex Yugoslavia, specie in un momento in cui i criminali posti a capo dell’entità sionista, il sedicente "stato d’Israele", fanno di tutto per presentarsi al mondo dietro una maschera di rispettabilità, camuffati da pacifisti, fautori della libertà, della tolleranza e della pacifica convivenza tra i popoli?

 

R. Il problema è che simili iniziative, sia pur lodevoli, vanno prese nell’ambito delle Nazioni Unite, che sono controllate dagli Stati Uniti, il che è come dire dai sionisti, i quali sono in grado di impedire che ogni iniziativa presa in tal senso vada a buon fine. Il cosiddetto "stato d’Israele" non è mai stato condannato per i suoi crimini, grazie al reiterato veto americano. Ciò nondimeno, siamo per parte nostra favorevoli a simili iniziative. Io personalmente ho partecipato a ben 10 convegni per chiarire questo problema all’opinione pubblica internazionale.

 

 

D. Durante il nostro soggiorno in Libano, abbiamo notato che anche nei quartieri musulmani alcune donne, e non sono poche, non indossano l’hijab. Come si pone il movimento di Hizbullah di fronte a questi problemi?

 

R. Il nostro movimento si sforza di convincere, specialmente i giovani, senza imporre le proprie convinzioni. Certo, noi mettiamo in pratica il nostro Islam, ma non costringiamo nessuno a seguirci. Si tratta di una questione di educazione, e non di imposizione. Certo, in Libano vivono molti musulmani, ma nessuno può imporre con la forza la pratica dell’Islam. Dobbiamo invece sforzarci di ragionare e convincere con l’intelligenza. Si tratta in definitiva di adoperarsi per favorire la maturazione della nostra comunità, se si vogliono ottenere risultati duraturi e tangibili.

 

 

D. I mezzi d’informazione occidentali hanno dato un grande rilievo ai risultati delle recenti elezioni iraniane, presentandole come un voto di rifiuto degli ordinamenti islamici, ed in primo luogo della Wilayatul-Faqih. Qual è la vostra opinione a questo riguardo, particolarmente significativa dati i vostri stretti legami con la Repubblica Islamica dell’Iran?

 

R. Le elezioni di Febbraio sono state elezioni libere, conseguenza di un processo naturale di sviluppo ad assestamento della società iraniana. Vi è stato certo un confronto tra due punti di vista, tra due linee politiche, ma tutto nel quadro degli ordinamenti islamici. Il popolo iraniano ha risposto in massa alla chiamata alle urne, ed ha potuto esprimere in piena libertà le proprie opinioni ed i propri desideri, e tutto ciò indica che il governo e gli ordinamenti islamici sono più saldi e attivi che mai.

 

 

D. Crede Ella che una comunità come la nostra, sia pur nella sua limitata consistenza numerica, possa avere un ruolo significativo per la difesa della causa dell’Islam ed il miglioramento dei rapporti con i non musulmani di buona volontà in un paese come l’Italia, nella sua stragrande maggioranza del tutto estraneo all’Umma Islamica?

 

R. E’ vostro dovere adoperarvi in tal senso. Anche in Italia c’è bisogno di gente che parli e dia testimonianza dell’Islam. Questo è necessario soprattutto nei riguardi dei non musulmani, in una situazione come la vostra. Quand’anche s’abbia a che fare con non musulmani, sarà pur sempre possibile avere con loro buoni rapporti ed unità d’intenti in nome dei buoni principi, di quegli stessi principi universali proclamati ed attuati dall’Islam.


Piangi Israele per il sangue versato!

 E’ lutto! E’ lutto a casa di Ibrahim Sarahenen e Majdi abu Wardeh, 25 e 19 anni, giovani martiri di Hamas, immolatisi a Gerusalemme ed Ashkelon. E’ lutto in quelle di Islam Muhammad ed Abdel Rahim di Ramallah, ultime vittime islamiche in ordine di tempo.

Eppure i loro parenti hanno appeso un cartello alla porta di casa, indirizzato a chi viene a porgere la propria partecipazione, su cui è scritto: "Non accettiamo condoglianze ma solo congratulazioni!"

Ed offrono all’ospite dolci e caffè zuccherato, come nei giorni di festa, per felicitarsi di una morte trionfale che ha elevato i loro figli alla gloria dell’Eternità, propria ai Martiri della Fede. Presto verranno i soldati sionisti ad arrestare i parenti dei caduti, a sigillare quelle case, a farle saltare in aria per attuare la vendetta biblica che ordina di sterminare gli esseri viventi, animali compresi, a radere al suolo case ed alberi, per portare il deserto, la desolazione nelle terre dei nemici che hanno osato opporsi all’invasione del "popolo eletto" per eccellenza.

Con altrettanta fierezza aveva reagito la madre di Yayash Ayyash, l’ingegnere ucciso dall’esplosione del suo cellulare manomesso dai servizi segreti israeliani, con la collaborazione di un traditore, subito fuggito negli USA. E’ stata la scintilla che ha dato fuoco alle polveri.

Ma sono ormai 50 anni, mezzo secolo ed anche di più che la Palestina è in lutto. Dai giorni di Deir Yassin a Sabra e Chatila in Libano fino ad oggi, non c’è famiglia palestinese che non abbia pianto lacrime di sangue per i propri cari massacrati, schiavizzati, deportati, imprigionati, torturati, ridotti alla fame e dispersi ai quattro angoli della terra nella più tragica "pulizia etnica" e diaspora dei tempi moderni.

Tutto questo è avvenuto nel silenzio del mondo, tra omertà e indifferenza, o tutt’al più con qualche ipocrita considerazione umanitaristica, subito seguita dall’incondizionato appoggio alle pretese ebraiche sulla Palestina.

Altre stragi, altri genocidi insanguinano il pianeta a tutt’oggi: dall’ex Jugoslavia al Ruanda, in Cecenia come nello Sri Lanka; centinaia, migliaia, milioni di morti, mutilati, prigionieri, profughi. Per non parlare del dramma palestinese che non ha eguali per durata ed efferatezze compiute.

Eppure ora tutti i "grandi" della terra si lacerano le vesti in segno di lutto per i morti israeliani, a cominciare da quel papa polacco, sempre particolarmente toccato dalle disavventure dei suoi "fratelli maggiori", di fede. Nel frattempo i bombardamenti aerei e i rastrellamenti di "tsahal" sui villaggi sciiti del Libano meridionale continuano a fare decine di morti tra la popolazione civile, liquidati in quattro righe di cronaca sui giornali mondialisti.

Ma noi qui non vogliamo cadere nella trappola della "conta dei morti" e neanche nella ipocrita parificazione dei morti, dove non c’è più distinzione tra vittime innocenti e veri carnefici, gli occupanti invasori. Avanziamo solo alcune fredde valutazioni sugli ultimi eventi, lasciando ad altri trarre le logiche conclusioni.

Intanto notiamo che, nonostante mezzo secolo d’occupazione militare, cinque guerre vittoriose (una per decennio, sei con quella del Golfo Persico), l’appoggio della superpotenza USA e la defezione della lotta dei governi arabi con il tradimento di Arafat, la giunta militare che occupa la Palestina è al punto di partenza! Se non peggio…La potenza sionista, pur con l’appoggio di tutta la diaspora ebraica e il grande capitale internazionale, non è riuscita a piegare la resistenza del popolo in lotta ed anzi subisce l’attacco interno. Anche solo con i sassi i giovanissimi, i bambini della Palestina hanno saputo tener testa ad una potenza superarmata. Più ancora che nel’48 o nel’73, oggi non c’è ebreo che possa dirsi al sicuro nella terra che la sua fanatica perversione "religiosa" continua a considerare propria per diritto divino.

Notiamo, per inciso, che il vero fanatismo integralista non sia quello dei Musulmani ma proprio il sionismo che invoca l’autorità divina dell’occupazione. Strano destino quello di una ideologia modernista, laico-socialista, la cui stessa ragion d’essere non può prescindere da una pretesa "elezione divina"! In fondo dobbiamo riconoscere che sono certo più coerenti quei coloni ebrei, armati di Bibbia e mitra, che, perlomeno, hanno la franca spudoratezza di proclamare apertamente quello che tutti gli israeliani e i sionisti mondiali pensano, ma ipocritamente tacciono.

Lo dicono e lo praticano; come Mery Kahane o quel Baruch Goldstein che nel febbraio ’94 massacrò ad Hebron 30 palestinesi in preghiera sulla Tomba dei Patriarchi, dando inizio all’attuale spirale di vendette. Per arrivare all’azione di Ygal Amir che ha liquidato Rabin grazie anche alla "provvidenziale" insipienza dei servizi di sicurezza sionisti. In tale occasione tutti i grandi della terra corsero a rendere omaggio, prosternandosi sulla tomba dell’ultimo "re d’Israele": proprio come previsto dai "Protocolli…" questo "falso storico" così veritiero. Ma tanto sfoggio di potere non riesce più a nascondere la crisi profonda, strutturale ed esistenziale, in atto nel cosiddetto stato d’israele.

Uno stato sempre più razzista, persino verso i propri concittadini di serie b, come ha svelato il clamoroso caso del "sangue infetto" dei falascià etiopi, gettato via di nascosto. Una nazione sulla quale si allunga persino lo spettro della guerra civile interebraica.

Per depistare l’opinione pubblica la stampa mondialista e i governi arabi occidentali accusano Siria, Libia, Sudan e soprattutto l’Iran islamico di finanziare e supportare il terrorismo. Si nega l’evidenza dell’origine autoctona della lotta di liberazione palestinese.

In verità l’entità sionista, superpotenza nucleare, cerca scuse per un’aggressione internazionale sotto copertura USA contro le centrali atomiche di Teheran. Un’eventuale atomica iraniana toglierebbe ai sionisti l’esclusività del ricatto termonucleare in Medio Oriente, ponendo tutti gli arabi sotto la protezione difensiva della Repubblica Islamica dell’Iran. I bombardamenti ebraici su Baghdad e l’invasione americana dell’Iraq sono espliciti precedenti in materia. Ma gli attentati di Qods (Gerusalemme), Tel Aviv, ecc. hanno definitivamente sepolto la montatura giudaico-statunitense del "processo di pace", voluta da Clinton per assicurarsi la rielezione con l’appoggio della potente lobby ebraico-statunitense.

Si è così disvelata la vera natura del tradimento di Arafat, che ha letteralmente venduto la sua gente per salvare il proprio potere personale minato da improvvise scelte di campo. L’"Autonomia Palestinese" su pochi lembi di territorio, staccati l’uno dall’altro e circondati dal cosiddetto Israele e dagli insediamenti ebraici dei coloni senza confini con gli altri stati arabi, è un "monstrum" giuridico e geopolitico il cui unico scopo era quello di rinchiudere i palestinesi stessi in ghetto miserabile, controllato dal kapò di Arafat; o, se preferite, in una riserva Pellerossa da utilizzare come serbatoio di mano d’opera schiavistica e a bassissimo costo, per permettere agli opulenti padroni sionisti di mantenere un tenore di vita occidentale nonostante le sproporzionate spese militari. Farli lavorare per comprare le armi dei propri aguzzini. Il leader storico di Al Fatah si è trasformato nel primo collaborazionista dello Shin Bet, carceriere e boia del suo stesso popolo.

La persecuzione dei residenti islamici spinge così i palestinesi alla guerra fratricida, a tutto vantaggio dell’occupante. Un piano che la destra ufficiale dell’entità sionista che occupa la Palestina sembra oggi poter portare a compimento, profittando dello shock emotivo e del senso d’insicurezza.

E’ certamente singolare che i più decantati servizi di sicurezza del mondo, sia civili che militari, interni ed esterni, siano stati colti di sorpresa tanto dall’uccisione di Rabin quanto dall’offensiva di Hamas e della Jihad islamica, dopo averla provocata in tutti i modi, fino agli infami assassini di Ascicachi e Ayyash. La spaccatura conseguente all’eliminazione di Rabin si ricompatta attorno alle posizioni più estremiste di Nathanyau ed oltre, tanto da costringere lo stesso Peres a proporre il governo di unità nazionale d’emergenza, sconfessando in pratica il predecessore. E questo mentre l’ebraismo della diaspora fa quadrato attorno all’entità politica che occupa la Palestina. Per non parlare dell’appoggio ai politici di tutto il mondo, tra i quali gli italiani, dall’estrema destra all’estrema sinistra, si "distinguono", come al solito, per servilismo pre-elettoralistico.

Ma c’è di più e peggio. Alla faccia dell’"autonomia palestinese" l’esercito e la polizia con la stella di davide entrano come, dove e quando vogliono nei "territori" appena ieri abbandonati, per arrestare, deportare, uccidere a volontà; come e più di prima, ma stavolta con la connivenza dei collaborazionisti di Arafat che, ormai squalificato, si nascondono dietro i sionisti per salvarsi la posizione e certo anche la pelle.

Le città e le terre arabe saranno circondate da una "fascia di sicurezza" di 2 km, ovviamente sottratti loro ( e con soli 18 punti di passaggio in mano ebraica) e con tanto di filo spinato, recinti e sofisticati detonatori elettronici.

Clinton ha già promesso ogni forma di aiuto tecnico e finanziario, 100 milioni di dollari, 160 miliardi di lire tanto per cominciare.

L’entità sionista alza il muro tra se e i palestinesi, dopo che Arafat ce li ha spinti dentro con la falsa promessa di libertà in uno stato proprio in cambio della rinuncia al resto della Palestina occupata. L’85% degli israeliani è favorevole alla pulizia etnica, alla ghettizzazione palestinese quale premessa alla liquidazione stessa del popolo arabo di Palestina.

L’economia dei "territori" rinchiusi nel filo spinato sarà a completa discrezione dei vincitori ebrei. Tutt’al più sarà concesso il passaggio di quei lavoratori schiavi che per non morire di fame andranno a costruire le case degli ebrei e a coltivare la terra per loro; questo almeno fino a quando non sarà ultimato il piano di sostituirli con lavoratori stranieri dell’Est Europa. L’etnocidio palestinese sarà allora cosa fatta tra l’indifferenza ed anzi con l’approvazione del mondo intero.

Neanche gli yankees nordamericani erano arrivati a tanto nei confronti delle popolazioni autoctone dell’America pre-colombiana. Non per nulla gli USA si considerano la "seconda Israele"!

Ed intanto gli integralisti ebrei più fanatici, i "Fedeli del Monte del Tempio" attendono il giorno prossimo in cui potranno distruggere impunemente la Moschea di Al-Aqsa e l’Haram al Sharif, il Nobile Santuario dei Musulmani sul Monte Moria, per ricostruire il terzo tempio d’israele. Al di là delle contingenze storiche e anche oltre il sangue versato, la verità è che oggi in Palestina, all’alba del terzo millennio dell’era cristiana ormai al tramonto, è in corso uno scontro mortale con proiezione planetaria. E questo fa la differenza tra questo e tutti gli altri conflitti mondiali. Sono due concezioni della vita e del mondo a confronto. In questo lembo di terra, unico per la sua storia, per le fedi che vi sono sorte, per la posizione geostrategica tra i tre continenti e i mari con le rotte petrolifere nel cuore "verde" del Dar al Islam si gioca non solo i destini dei palestinesi e degli ebrei; è il futuro stesso dell’umanità in discussione per il prossimo millennio.

E’ in atto uno scontro a livello metafisico tra l’Islam e la miscredenza di cui gli episodi di "guerra guerreggiata" sono le manifestazioni esteriori di qualcosa che travalica la volontà dei singoli individui. Pertanto, la libertà della Palestina e di tutto il Dar al Islam è anche e soprattutto un problema della Comunità Islamica così come lo è per il "nemico dell’uomo". Sulla pietra angolare della Roccia del Tempio, dove i Musulmani pregano e gli ebrei piangono, si misurano i fronti contrapposti che arrivano fino a Washington e a Mosca, a Berlino e a Teheran, ovunque.

L’appuntamento per la battaglia finale, sotto la Guida del 12° Imam al Mahdi, che Allah affretti la sua manifestazione, è fissato accanto al muro della Ka°bah. Questo evento segnerà la vittoria finale dell’Islam. Ed è per questo che di fronte ai recenti fatti di sangue nella Palestina occupata, rispondiamo con i padri e le madri dei martiri avvolti nei bianchi sudari del martirio: "Non accettiamo le condoglianze, ma solo congratulazioni!".

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