LA TORRE DI GUARDIA E LE FESTIVITÀ


    Se c’è una cosa per la quale — oltre alla "santissima trinità" del sangue, politica e militare — i testimoni di Geova sono noti in tutto il mondo occidentale, è la loro pertinace e ferrea decisione di non prendere parte alle festività, segnatamente il Natale, la Pasqua, i compleanni, la festa della mamma, la ricorrenza di Ognissanti e così via. Naturalmente, ogni regola ha le sue eccezioni, e questo vale anche e principalmente per i testimoni di Geova. Sono infatti più numerosi di quanto comunemente non si creda i membri di questo movimento religioso che nascostamente celebrano alcune delle festività più importanti. Alcuni, come le Testimoni il cui marito non è membro del movimento, si lasciano facilmente "corrompere", perché essendo donne è detto loro di essere ubbidienti al capo famiglia, e ahimè, quest’ultimo le "costringe" a seguirle in casa dei parenti per Natale, Capodanno e Pasqua. Sappiamo con sicurezza che molte di queste tristi signore approfittano a piene mani di questa "imposizione" che lietamente accettano. La maggioranza, comunque, sebbene spesso a malincuore, si adegua alle regole dell’organizzazione e con determinazione degna di miglior causa, fa del suo rifiuto di "celebrare la festa" il fiore all’occhiello della sua professione di fede.

Altri — dobbiamo onestamente riconoscerlo—, soffrono nell’adempiere con fedeltà quanto è loro richiesto, perché si rendono conto delle pressioni e del dolore che così facendo arrecano ai loro figli, e si rendono perfettamente conto, di assottigliare sempre di più il già tenue legame che li tiene uniti alle loro famiglie di origine con le quali molto spesso quello delle celebrazioni festive rimane l’unico momento di aggregazione nel corso dell’anno, ma ciò nonostante pensano di fare ciò che è giusto e si adeguano, forse persino andando di porta in porta proprio nei giorni in cui il resto delle persone si riunisce insieme per le celebrazioni, quasi a voler da una parte esorcizzare la festa e, dall’altra, sbattere in faccia a se stessi —e agli altri— la loro diversità.

La domanda che noi desideriamo porci, per poi cercare di formulare una risposta, è: Quali sono le loro ragioni a giustificazione della loro rigida presa di posizione contro le festività? Ci chiediamo, inoltre: Si basa veramente nella Bibbia la loro scelta di astenersi dalle celebrazioni festive? Per cominciare, consideriamo le tre basilari motivazioni addotte dalla Torre di Guardia a sostegno del suo atteggiamento:

1) Le festività generalmente hanno un’origine pagana, non cristiana e spesso sono associate a pratiche licenziose, come l’ubriachezza, la fornicazione, ecc. (vedi, per esempio, Accertatevi di ogni cosa, pag. 186).

2) Le feste non sono menzionate nella Bibbia, tranne che in circostanze negative, come le feste di compleanno nel corso delle quali alcuni furono uccisi. Inoltre, non vi è il comando di celebrarne alcuna eccetto che Il Pasto Serale del Signore (La cena del Signore) (ibid. pagg. 180, 181)

3) Le feste idoleggiano qualcuno o qualcosa che non è Dio, e la Bibbia dice di "Fuggire l’idolatria". Essa dice, inoltre che "Noi non siamo parte del mondo" (ibid. 186).

Inoltre, come nel caso del Natale, viene presentato un altro argomento, quello che Cristo non è nato il 24 dicembre, per cui non vi è motivo di celebrarne la nascita in una data che coincide con quella del solstizio invernale, e che in passato era celebrata dagli adoratori del sole (ibid. pag. 181).

Prima di prendere in esame queste obiezioni, esaminiamo alcuni dei princìpi sui quali sia i testimoni di Geova che i cristiani in generale sono d’accordo e sui quali non vi è disputa. Dopo, passeremo ad esaminare l’interpretazione di questi princìpi allo scopo di mettere in evidenza l’incoerenza della Torre di Guardia e la sua incapacità di comprensione del cristianesimo storico.

Ciò che la Bibbia dice con chiarezza è che:

I principi sopra esposti sono certamente alla base di ogni confessione cristiana e non può esservi controversia di sorta sulla loro condivisibilità. I problemi cominciano a manifestarsi allorquando si passa alla loro interpretazione nella pratica della vita quotidiana, e quando si tende a tradurli in regole. Non è possibile in questa sede trattare esaustivamente la materia oggetto di discussione, sicché ci limiteremo ad esaminare solo le tre motivazioni principali opposte dalla Torre di Guardia alla celebrazione delle feste.

Obiezione n. 1: Le feste normalmente hanno un’origine pagana, non cristiana, e spesso si accompagnano a pratiche licenziose come l’ubriachezza, la fornicazione, ecc.

É vero che molte feste traggono origine da pratiche pagane. Prima di andare avanti, però, ritengo sia opportuno fare una precisazione. La parola "pagano" viene dal latino pagus che significa "campagna", e quindi i pagani a stretto rigor di termine sarebbero i contadini. Il motivo per cui si identificò il non cristiano con il contadino è perché nei primi tempi di diffusione del cristianesimo, la sua penetrazione fu più lenta nelle campagne, maggiormente legate alle antiche tradizioni, mentre la sua penetrazione fu più rapida nelle città. Da qui l’espressione "pagano" che identificava i non cristiani dei primi secoli. In realtà gli ebrei chiamavano i non giudei con l’appellativo di "nazioni" (gojim) ed i latini chiamavano i non romani "gentes", da cui il nostro "gentili". I termini "nazioni", "gentili", "pagani", ecc., quindi non indicano altro che il modo in cui gli antichi consideravano i popoli diversi dai loro. Un romano considerava "gentili", cioè a stretto rigore "pagani", i giudei, che, a loro volta, consideravano i romani "nazioni", cioè "pagani" ( Vi è anche un’altra spiegazione, secondo la quale paganus, che aveva già nel latino classico il significato di «civile, borghese, non militare», contrapponendosi quindi a miles, avrebbe acquistato il nuovo significato perché i primi cristiani, che si consideravano militi di Cristo, chiamavano pagani, cioè «borghesi», gli infedeli.) . Si tratta, come si vede, di giudizi che prescindono dall’opinione di Dio in proposito, ma che derivano soltanto dal punto di vista della nazione dominante o che presume di detenere la "verità".

E proprio per amor di verità dobbiamo dire, infatti, che la stragrande maggioranza delle feste ebraiche erano tutte di derivazione "pagana", cioè derivate dalle pratiche religiose o agricole delle nazioni preesistenti nella terra di Canaan. Dalla Pasqua, che era una festa dei beduini dei tempi premosaici, a tutte le altre, compresa la Pentecoste, la circoncisione, quella del nuovo anno e così via, ci troviamo di fronte ad esempi di sincretismo religioso. Per cui, una vera e propria festa "cristiana" non esiste, anche perché Cristo non ne istituì di nuove, ma nel corso della sua vita celebrò senza scandalizzarsi tutte quelle del suo popolo, molte delle quali, come abbiamo già visto, di matrice "pagana".

Infatti quasi tutto ciò che costituisce la nostra vita quotidiana trae la sua origine da qualcosa che altri prima di noi, prima dell’avvento del cristianesimo e per necessità quindi in tempi non cristiani o "pagani", celebravano. Una di queste è il calendario nel quale i nomi dei giorni della settimana e dei mesi sono chiaramente collegati a divinità pagane. Vi è poi l’usanza di celebrare l’anniversario del matrimonio e di portare la fede nuziale, che traggono anch’essi origine da pratiche "pagane". Quasi tutti i simboli che si usano nel moderno mondo commerciale, le raffigurazioni dei manifesti murali e mille altre cose che ci circondano, sono della stessa origine. Se proprio volessimo separarci da tutto questo dovremmo isolarci in un monastero tibetano o in comunità rigidamente separate da ogni contatto sociale e diventare anacoreti. Anche in questo caso, comunque, non riusciremmo lo stesso ad impedire a simboli del mondo precristiano di entrare nella nostra vita.

Un atteggiamento del genere ricorderebbe molto da vicino l’attitudine dei Farisei (in ebraico Fariseo significa "separato", "puro"), i quali impiegavano una notevole parte del loro tempo a discettare su ciò che era "puro" o "impuro", ed a stabilire regole che il popolo poi doveva seguire, come se dipendesse dalle regole l’essere puri o meno. Una lettura del Talmud (che è l’interpretazione della Legge fatta dai Farisei) ci aiuta a renderci facilmente conto di quanto sia assurda questa ricerca di ogni dettaglio in merito a ciò che è "giusto" o "sbagliato". D’altra parte, se crediamo realmente che Dio voglia proprio che noi osserviamo scrupolosamente ogni cosa per individuarvi ciò che è "pagano" e ciò che non lo è, allora, proprio come i Farisei, dovremmo trascorrere la nostra esistenza nel continuo, costante e scrupoloso controllo dell’origine di tutto ciò che facciamo per individuarvi tracce di paganesimo e quindi rimuoverle. Il non farlo, l’essere superficiali in questo lavoro di ricerca e di "ripulitura" non sarebbe appropriato per un cristiano che desidera piacere a Dio e non essere trovato in fallo. La Torre di Guardia, nel tentativo di nascondere il suo farisaismo e di mostrare un volto equanime e moderato, interviene nella questione dicendo che si deve essere equilibrati riguardo a questa ricerca di ciò che è pagano e di ciò che non lo è. Si prenda in considerazione, per esempio, quanto fu asserito in una Svegliatevi! del 1977, dove un articolo sui simboli pagani, come il cuore, la svastica e la croce, diceva quanto segue:

Il cristiano come dovrebbe considerare le forme e i disegni che in qualche tempo o in qualche luogo hanno avuto a che fare con la falsa religione? ... D’altra parte, il semplice fatto che gli adoratori di idoli, in qualche tempo o in qualche luogo, usassero un certo disegno non significa automaticamente che i veri adoratori debbano sempre evitarlo. Per esempio, figure di palme, melograni e tori facevano parte del disegno del tempio di Geova a Gerusalemme ... Il fatto che altre religioni usassero come simboli dell’adorazione idolatrica queste cose naturali create da Dio non rendeva errato che i veri adoratori le usassero a scopo ornamentale. Chi visitava il tempio poteva vedere che il popolo di Dio non adorava questi ornamenti né li venerava come simboli sacri ... Di che cosa deve dunque interessarsi primariamente il cristiano? Non di quello che un certo simbolo o disegno poteva significare migliaia d’anni fa o di come potrebbe essere considerato dall’altra parte del mondo, ma di ciò che significa ora per la maggioranza delle persone nel luogo dove abita ... Essendo stati impiegati nella falsa adorazione tanti diversi disegni, chi si desse la pena e si prendesse il tempo di investigare potrebbe scoprire che quasi ogni disegno che vede intorno a sé ha relazione con qualche cosa di indesiderabile. Ma perché farlo? Non sarebbe un fastidio inutile? Ed è questo il modo migliore di impiegare il proprio tempo? (Svegliatevi! 8 giugno 1977, pagine 12-15) É anche nostra opinione quella che sarebbe un’inutile perdita di tempo l’investigare alla ricerca di tracce pagane in ogni oggetto. Una dichiarazione in tal senso fu pure presentata nella Torre di Guardia del 1° novembre 1972, pag. 647: Le Sacre Scritture dicono chiaramente che non tutte le immagini, le statue e altre rappresentazioni sono idoli. Se un oggetto sia o no un idolo dipende primariamente da come è considerato. Questo si potrebbe illustrare con le antiche rappresentazioni dei tori ... Il fatto che il toro fosse nel settentrionale Regno d’Israele oggetto di adorazione non fece dei tori che erano nel tempio di Salomone degli idoli. In modo simile, il fatto che varie creature, piante e corpi celesti, tutte parte delle opere creative di Dio, siano state e ancora siano venerate non le rende di per sé inaccettabili a scopo decorativo o ornamentale La Torre di Guardia sottolinea dunque che: (1) L’uso di simboli o di disegni di per sé non è necessariamente sbagliato, anche se una volta essi erano usati dai pagani nella falsa adorazione. (2) É una perdita di tempo e un fastidio inutile cercare di stabilire qual è il significato che in passato aveva ogni oggetto con il quale veniamo in contatto, o quale possa essere il suo significato anche oggi in altre parti della terra.

É a questo punto che diviene maggiormente evidente l’incoerenza della Torre di Guardia, in quanto sappiamo benissimo che la maggior parte di tutte le feste che oggi si celebrano nel mondo occidentale hanno da lungo tempo già perso il loro significato "pagano". Prendiamo per esempio il Natale. Molto tempo prima che Cristo nascesse i popoli non cristiani adoravano il sole il 25 dicembre, tempo del solstizio invernale (cioè il momento in cui il sole è più lontano dalla terra). Come per tutte le feste di quei tempi, esso era un periodo di generosità e di licenza. Quando la chiesa cattolica, verso il 336 d.C. istituì la celebrazione della nascita di Cristo il giorno 25 dicembre, lo fece per sostituire la festa del Sole Invitto che era stata introdotta dall’imperatore Aureliano nel 3° secolo. Essa fu considerata una vittoria del Cristianesimo sul paganesimo. Con la canonizzazione di San Nicola, poi, fu fusa tale data con l’abitudine di offrire doni, ma quest’usanza si può fare risalire molto più indietro nel tempo fino all’adorazione del dio iraniano Mitra.

In base al ragionamento della Torre di Guardia la questione dovrebbe essere posta come segue: Ciò che il Natale significa per noi oggi è uguale a ciò che esso significava per i pagani? La gente che vive oggi nel nostro mondo occidentale adora ancora il sole nella data del 25 dicembre? Sebbene il periodo natalizio possa essere caratterizzato da abusi e da esagerazioni da parte di molti, questo non può essere un argomento valido per arguirne contro il concetto cristiano del Natale. É anche vero ciò che dice la Torre di Guardia in merito al fatto che Cristo non è nato il 25 dicembre. Ma non dimentichiamo che non è assolutamente necessario che una celebrazione si tenga proprio nel giorno della sua ricorrenza. La maggior parte di noi celebra certe feste e si astiene dal lavoro in certe occasioni che non corrispondono certamente alle date originarie, ma nessuno si scandalizza per questo.

La Pasqua ha una storia molto più articolata e collegata alla tradizione ecclesiastica. In origine, la chiesa primitiva celebrava la resurrezione ogni domenica, in attesa del ritorno del Signore. Successivamente, poiché la storia della Passione e quella della Resurrezione furono fuse insieme, questa osservanza fu celebrata nel periodo della Pasqua, la festa giudaica che celebrava l’esodo dall’Egitto. Dopo secoli di controversie, al concilio di Nicea del 325 d.C. fu infine stabilito di celebrarla la prima domenica successiva alla luna nuova dell’equinozio primaverile. Nei paesi anglosassoni il nome della festività, all’incirca verso l’ottavo secolo, fu cambiato in quello di Easter (essi infatti usano due diversi sostantivi per indicare la pasqua giudaica e quella cristiana, e cioè Passover e Easter). Chiaramente il nome Easter è una reminiscenza del nome della pagana Astarte, dea della fertilità. Alla festa si associarono i simboli tipici della fertilità quali le uova e il coniglio, tipici delle culture pagane.

A tutt’oggi molti dei simbolismi delle antiche feste pagane sono ancora presenti tra noi, come il vischio, il pungitopo, l’albero e tanti altri, ma non v’è dubbio che il loro significato è profondamente mutato. Noi non mettiamo più in relazione i conigli e le uova con i riti della fertilità, né consideriamo la pasqua un tempo per darci alla più sfrenata licenziosità. Persino i programmi televisivi del periodo pasquale sono improntati a temi cristiani. Lo stesso discorso vale per tutte quelle altre ricorrenze che, sebbene anticamente collegate con le celebrazioni in onore di varie divinità, oggi hanno perso persino il ricordo della loro origine e, pertanto, non possono essere più considerate a rigor di termini "pagane".

Obiezione n. 2: Le feste non sono menzionate nella Bibbia, eccetto che in senso negativo. Inoltre non ci è comandato di celebrare altra ricorrenza che il Pasto Serale del Signore.

Sebbene la Torre di Guardia faccia esclusivo riferimento a due sole celebrazioni di compleanno riportate nella Bibbia, in realtà sono tre le ricorrenze del genere in essa menzionate. Una è il compleanno di Faraone, nel corso del quale fu decapitato un prigioniero (Gen. 40:20). La seconda è quella del compleanno di Erode, quando fu decapitato Giovanni Battista (Matt. 14:6). La terza è quella della nascita di Cristo, celebrata dagli angeli con canti e lodi nel cielo sovrastante le campagne di Betlemme:

Ma l’Angelo disse loro: "Non temete: ecco, vi porto una lieta novella, che sarà di grande gioia per tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di David il Salvatore, che è Cristo Signore" ... Poi subito si unì all’Angelo una moltitudine della milizia celeste, che lodava Iddio, e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà". — Luca 2:10, 11, 13, 14, Nardoni. Il motivo per la cui la Torre di Guardia non ha mai menzionato questa terza e più importante celebrazione di compleanno è del tutto ovvio: non potrebbe più dire che nella Bibbia quando si parla di celebrare la nascita di qualcuno lo si fa sempre in termini negativi. In questa celebrazione abbiamo invece tutti gli elementi tipici delle celebrazioni genetliache: canti, visite di ospiti, regali, allegria.

La Società aggiunge inoltre che poiché la Bibbia non ci impone di celebrare determinate feste, noi non dovremmo farlo in alcun modo. Anche questa è un’asserzione che mostra delle gravi lacune per lo meno sotto due aspetti. Prima di tutto, né Gesù né gli apostoli fanno menzione alcuna delle feste nel senso in cui le intendiamo noi, per il semplice fatto che esse a quel tempo semplicemente non esistevano, per lo meno nella forma in cui oggi sono celebrate. Tutte le feste giudaiche erano feste religiose nazionali che ai cristiani era consentito osservare anche dopo la venuta di Cristo e l’abolizione della Legge! (Col. 2:16. 17) Secondo l’ottica della Torre di Guardia l’apostolo Paolo dovrebbe essere considerato un apostata perché disse che l’osservare o meno certi giorni speciali era un fatto puramente individuale (Rom. 14:5, 6), e lo era perfino il continuare in certe pratiche della Legge sebbene esse fossero ormai desuete! (Atti 13:14, 15; 21:20-26)

La Torre di Guardia pratica essa stessa molte cose che la Bibbia non comanda di fare, come segnare il tempo trascorso nell’opera di distribuzione di riviste e di libri e negli studi biblici, il considerare importanti particolari giorni e segnarli nel loro calendario "teocratico", andare in giro a diffondere il verbo del geovismo, cantare i cantici del Regno, indire assemblee di Circoscrizione e di Distretto, rispondere a decine e decine di domande prima di battezzarsi, e così via. Nessuna di queste cose è menzionata nella Bibbia, tuttavia esse sono ormai divenute per loro una tradizione irrinunciabile.

Obiezione n. 3: Le feste idoleggiano qualcuno o qualcosa che non è Dio, e la Bibbia dice di "fuggire l’idolatria", e di "non essere parte del mondo".

Una lettura attenta ed equilibrata del Nuovo Testamento mostra che adorare Cristo è corretto. Non solo lo adorano gli angeli (Ebr. 1:6), ma fanno lo stesso tutte le creature in cielo e in terra che lo adorano insieme al Padre (Riv. 5:13, 14). Inoltre è lo stesso vangelo di Giovanni che ci dice di adorarlo (5:23). E non vi è dubbio che adorare Cristo è appropriato in qualunque circostanza, compresi il Natale e la Pasqua.

Per quanto riguarda in genere la celebrazione dei compleanni, se vogliamo essere onesti, e non fare come i testimoni di Geova che assentono anche quando non sono convinti, dobbiamo francamente riconoscere che insistere sul fatto che nelle feste di compleanno si adora il festeggiato è un fatto di una stupidità incommensurabile. Dov’è che dal punto di vista biblico o cristiano è sbagliato fare certe cose per qualcuno in determinate circostanze? Fare una torta, invitare degli amici, preparare un pranzo più elaborato e ricordare che quello è un giorno collegato con la nascita di una persona: come possono queste cose essere definite atti di adorazione? É realmente credibile che il Corpo Direttivo ed i testimoni di Geova in generale non sappiano che differenza vi è fra il festeggiare una persona e farne oggetto di adorazione? Eppure essi stessi festeggiano delle ricorrenze. Per esempio quella del loro anniversario di matrimonio che, volendo essere molto pignoli, non è che la celebrazione della nascita del loro matrimonio. Come si fa a dire che in quel giorno marito e moglie non sono adorati —secondo il metro geovista— quando per essi si fanno esattamente le stesse cose che si fanno in occasione dei compleanni!

Il modo in cui gli altri considerano una determinata festa o un simbolo è un fatto puramente soggettivo. Credo che siano veramente poche le persone che oggi si scandalizzano assistendo alle celebrazioni natalizie: forse soltanto i testimoni di Geova! D’altra parte, se facciamo mente locale, ricorderemo certamente che nel Nuovo Testamento quelli sui quali Cristo pronunciò parole di condanna non erano quelli che avevano un equilibrato e maturo senso della libertà cristiana, ma quelli che erano rigidi e fanatici osservanti della "legge". Il noto consiglio dell’apostolo Paolo di Romani 14:21 è diretto proprio a quelle sette legalistiche già esistenti nel cristianesimo primitivo, e che proprio per questo erano disapprovate da Dio (Gal. 5:1-4).

Il vero problema dei testimoni di Geova, purtroppo, è che essi sono rimasti legati ad un concetto della religione e della religiosità squisitamente vetero giudaico. Non sono riusciti ad evolversi con il cristianesimo e sono ancora immersi profondamente in una forma di culto religioso vecchia di secoli, se non di millenni. Per intenderci, essi sono ancora strettamente vincolati alla legge di Mosé, non in quanto all’osservanza dei suoi precetti, ma in quanto allo spirito e alla pratica di quella legge che il cristianesimo, per l’appunto, superò, facendo fare un salto di qualità alla religione cristiana.

La legge di Mosè (in effetti, il concetto di "legge" in generale) costituiva solo un gradino nella direzione di un intendimento spirituale della natura di Dio e di come egli si rapporti all’uomo nella sua condizione decaduta. Lo stesso principio va applicato nel campo dell’idolatria e del modo in cui si considerano gli oggetti di cui fa uso l’adorazione non cristiana. L’idolatria non è un problema necessariamente connesso con la materialità, ma è un problema del cuore, in quanto non vi è nulla di intrinsecamente buono o cattivo in un determinato oggetto, la cui materia è fatta comunque di atomi tutti uguali. Non è quindi buono —o cattivo— un rosario, un quadro della madonna, un crocifisso, eccetera. Ciò che può rendere idolatrici alcuni oggetti è l’uso che se ne fa (Deut. 11:16; Giobbe 31:26-28). É, questo, un fatto che era chiaramente evidente anche nel Vecchio Testamento, ma gli Israeliti erano generalmente incapaci di comprenderlo. Ecco perché fu loro proibito di farsi immagini di cose celesti o terrene, di avere rapporti sociali con i popoli circostanti, di tagliarsi i capelli in un certo modo, di mangiare con i Gentili e così via. Si può dire che i profeti che avevano cura del popolo, si rendevano conto dell’estrema fragilità della loro adorazione che era, in effetti una monolatria più che un monoteismo, e pertanto ponevano dei rigidi steccati affinché quel popolo dalla dura cervice non si facesse corrompere dagli usi dei popoli circonvicini. In effetti, se vogliamo spogliare di ogni sacralità tutto quanto, dobbiamo riconoscere che ciò che era più importante era mantenere intatta l’identità nazionale della nazione ebraica, e questo scopo si poté ottenere solo con lo sviluppo di una tradizione religiosa che considerava la fusione con gli altri un peccato agli occhi di Dio. In questo risiede la grandezza d’Israele, o meglio, dei suoi grandi Profeti.

Il fatto che ai cristiani siano concesse tante cose che erano prima vietate ai loro "cugini" ebrei è rivelatore: non esiste più un popolo nazionale e, pertanto, non esiste più il pericolo della contaminazione razziale. Il cristianesimo si è librato al di sopra dei meschini nazionalismi ed è adesso avviato a divenire realmente una comunità transnazionale, una religione "cattolica" nel vero senso, cioè universale. Ecco quindi che le leggi di Dio, o comunque vogliamo chiamarle, le leggi della morale e dell’etica cristiana che in fondo, in nuce si trovavano nei principi della Legge, sono adesso iscritte nei loro cuori, nella loro coscienza (Ger. 31:33; 2° Cor. 3:3; Ebr. 10:16). I cristiani si rendono conto che la vera idolatria è un problema del cuore, o come diremmo meglio in termini moderni, un problema psicologico, non un fatto concreto. Ecco quindi che l’astenersi dal toccare certi oggetti non è la soluzione del problema. Piuttosto il problema si risolve con la rimozione di qualcos’altro, cioè di atteggiamenti e di convincimenti interiori. Questo emerge molto chiaramente dalla lettura delle Scritture Greche Cristiane, nelle quali si parla di idolatria connessa con l’amore per la ricchezza, per il potere, per la notorietà, ecc., tutte condizioni del cuore e non aventi per oggetto la genuflessione davanti ad una statua o cose del genere.

L’apostolo Paolo è molto chiaro al riguardo, quando asserisce che l’idolo non è nulla (1° Cor. 8:4). Egli spiega che siamo noi stessi a creare gli idoli, nel momento stesso in cui crediamo che essi abbiano potere su di noi. É ciò che noi crediamo che fa di una cosa un idolo o meno. Paolo precorre notevolmente i tempi quando abolisce tutti i tabù collegati con le vecchie regole e, principalmente, con l’ottusità umana. Si può mangiare di tutto, niente è peccato se il cuore è puro. Le sue parole sono una pesante condanna anche per l’attuale atteggiamento della Torre di Guardia. Invece di concentrarsi sul potere di Cristo che ha sconfitto la morte, principalmente la morte psicologica e la paura abietta d’essa, essi ancora combattono con la forma della croce, con le tavolette Ouija, con lo spiritismo, con i medici e le trasfusioni, con gli ex testimoni di Geova, e con tutto ciò che ha a che fare con l’occultismo, in un modo così puerile e così "preistorico" che fa dubitare della loro sanità mentale. Invece di dedicarsi pienamente alle cose veramente importanti sprecano enormi quantità del loro tempo alle minuzie inutili e senza senso, copiando pedissequamente certi capi religiosi dell’antichità che stavano attentissimi a non contaminarsi con oggetti che essi supponevano avere intrinseche qualità "maligne" (Marco 7:1-23).

Molto esplicitamente Gesù disse che ciò che mangiamo non ha su di noi nessun effetto spirituale. Paolo, ancor più apertamente dichiarò che si può mangiare anche la carne di un animale offerto ad un idolo in un tempio pagano senza per questo incorrere nella disapprovazione divina o subirne conseguenze negative. Invece, spiegò egli, alle persone deboli, a quelle che sono in una condizione di infanzia o di immaturità spirituale e la cui fede è debole, fa tutto male e la loro coscienza è facilmente turbata (1° Cor. 8:7). Se egli l’avesse pensata come i Farisei o come gli attuali testimoni di Geova, non si sarebbe mai avvicinato ad un tempio o ad un idolo, e tantomeno per mangiare qualcosa che era stata appena offerta in una cerimonia idolatrica! Altro che mangiare una torta di compleanno! Se si pensa per un momento che per Paolo non era peccato mangiare l’oggetto di un culto dichiaratamente pagano, si può subito sapere come egli avrebbe reagito all’offerta di una fetta di torta in occasione dell’anniversario della nascita di un suo amico (1° Cor. 8:9-13). Seguendo alla lettera le istruzioni di Paolo, se l’intera comunità corinzia fosse stata composta di uomini e donne forti nella fede, essi avrebbero tranquillamente potuto recarsi un ristorante specializzato nel preparare cibi a base di carne offerta agli idoli e mangiarne tutti insieme senza problemi di sorta! Proprio un gesto del genere avrebbe rappresentato la vittoria piena del cristianesimo sul diavolo e sul suo mondo, cioè sull’oscurantismo, sull’ignoranza, sul settarismo e su tutti gli altri retaggi negativi di cui i testimoni di Geova oggi sono i rappresentanti fra i più illustri (Luca 10:18-20; Atti 26:18).

Piuttosto di isolarsi da tutti gli altri come facevano i Farisei i cristiani dovevano mischiarsi con tutti gli altri nella vita quotidiana. Come Gesù essi trascorrevano il loro tempo assieme a persone considerate impure perfino dai pagani. Per parecchio tempo essi continuarono a frequentare le sinagoghe insieme ai loro fratelli giudei, e questo sin quasi alla fine del primo secolo, senza per questo sentirsi contaminati o impuri in alcun modo per il fatto di frequentare i locali di un edificio in cui si praticava una religione che non era più la loro. É chiaro che il loro non essere più "parte del mondo" non era tanto una questione di dove stavano o di che cosa facevano, ma una condizione di cuore. Non davano più importanza all’apparenza delle cose, bensì alla loro sostanza.

É una vera iattura che i testimoni di Geova siano un popolo ancora schiavo, e che il loro Corpo Direttivo tenga così strette le catene della loro cattività. Come i Farisei essi sono vincolati mani e piedi a regole ferree riguardanti certe feste, certi oggetti e certe persone. Essi purtroppo non riescono ancora a comprendere i princìpi basilari delle lettere di Paolo, nelle quali egli dice:

Voi siete morti con Cristo e siete stati liberati dagli spiriti che dominano il mondo. Allora, perché vivete come se la vostra vita dipendesse ancora da certe regole imposte da questo mondo? Perché vi lasciate dire: "Questo non si può mangiare; queste cose non si possono toccare"? In realtà sono tutte cose che scompaiono dopo essere state usate. Quelle sono regole e idee puramente umane. Possono sembrare questioni serie e sapienti perché trattano di religione personale, di umiltà o di severità verso il corpo. In realtà non servono a niente. Anzi, servono solo a nutrire la nostra superbia. (Colossesi 2:20-23, LDC-ABU). Al termine di questa nostra considerazione riteniamo quindi di poter dire che la scelta di celebrare o meno una determinata festa non è un problema che possa interessare Dio. Ciò che a Lui importa è la nostra condizione di cuore, se noi amiamo o meno i nostri simili. Fare di questioni del genere oggetto di aspre dispute e farsi intrappolare da esse in realtà è una forma di regresso spirituale, e, come dice Paolo, di superbia. Crescere agli occhi di Cristo non è rappresentato dallo spreco di montagne di carta discettando sulla forma dello strumento di tortura sul quale morì, o se il confetto del battesimo è il ricordo di un testicolo, o se il riso ai matrimoni ricordi i riti della fertilità. Piuttosto significa crescere liberi da ogni forma di impurità di cuore, cioè di acrimonia nei confronti degli altri per motivi del genere, e per ogni sorta di motivo. Se si ha una forte fede, se, cioè, si è ben consapevoli di ciò che è di vero valore agli occhi di Dio, niente di ciò che è considerato "idolatrico" dagli altri potrà contaminarci, nessuna festa "pagana" potrà corromperci, nessuna celebrazione potrà alienarci l’amore di Dio.
Sergio Pollina