TUTTI GLI INGRESSI DI ROMA
di
Luigi Cherubini
Lungo le strade maestre, alla confluenza con altre vie, ci sono alcune osterie
di posta il cui nome è ancora noto: le Frattocchie sull'Appia, il
"Finocchio" sulla Casilina, il "Forno" sulla Tiburtina
(l'odierna Settecamini), il "Forno Nuovo" (o Santa Colomba) sulla
Salaria…Prima delle autostrade, dei caselli, del raccordo, erano queste le
"porte" per entrare in città.
Lì si scaricavano i sacchi della posta, ma c'erano anche altri servizi per i
passeggeri, come lo spaccio, l'osteria, la locanda, il cambio dei cavalli.
Esistevano da tempo immemorabile, negli stessi posti e con analoghe funzioni,
almeno da quando i romani istituirono regolari servizi di posta. Così Castel di
Guido, prima stazione di posta sull'Aurelia, era la romana "Lorium".
Di tutti gli ingressi in città il più famoso, specie per i viaggiatori
provenienti da Nord, era sicuramente la Posta della Storta, al sedicesimo
chilometro della Cassia. Dicono che si chiama così perché la strada maestra
"si storce" in due rami: uno continua per Isola Farnese, verso
Viterbo, l'altro si volge verso Bracciano. Nel 1537 Ignazio da Loyola vi ebbe
una visione miracolosa. Lì Bruno Buozzi e alcuni suoi compagni, una mattina del
giugno 1944, furono fucilati dai tedeschi, forse per delazione. La Storta
ricorderà pure con quel suo nome sgraziato qualche fattaccio del passato,
insieme ad altre osterie poste all'ingresso della città dal nome altrettanto
significativo, Malborghetto sulla Flaminia, Malafede sull'Ostiense, Malpasso
sulla Pontina, Malagrotta sull'Aurelia, "invitava i viaggiatori più
baldanzosi a non prendere troppo alla leggera l'avventura romana…"
Ultimamente alcuni casali sembrano convertirsi all'antiquariato: così l'Osteria
Nuova al bivio della Braccianese con la via di Galeria, l'Osteriola, al bivio di
Riano sulla Flaminia, "le Tavernucole" al km 19 della Tiburtina, come
anche Casal del Fosso, al bivio di Formello sulla Cassia, espone mobili d'epoca.
E le altre? La "Merluzza", al bivio della Cassia con Cesano, dopo un
accurato "restyling" si è data a sofisticati ricevimenti, al "catering",
mentre la povera "Pavona" al bivio di Campagnano è abbandonata da
tutti come se avesse la peste, con la patetica insegna del pavone ricordo dei
tempi andati. Invece la Cecchina sulla Nettunense è rimasta alle tradizionali
attività di spaccio di vini, ristorazione e generi alimentari, come "Tor
di Mezza Via" sull'Appia.
Le vecchie osterie della Campagna si danno da fare: per non restare
tristemente abbandonate e inutilizzate, anche se hanno una storia, com'è
successo alla "Bottaccia" di Castel di Guido e al Casale dei Francesi
di Ciampino...per non morire.
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