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                                    Per la dignità della Repubblica e per la Costituzione


Il 23 novembre 2002 l’Associazione Mazziniana Italiana ha organizzato a Roma, presso la sala della Protomoteca in Campidoglio un incontro sul tema Per la dignità della Repubblica e per la Costituzione. Memoria storica e impegno civile. Alla manifestazione hanno preso parte il prof. Maurizio Viroli e l’avv. Renzo Brunetti per l’Associazione Mazziniana Italiana, il prof. Michele Ainis e il prof. Nicola Tranfaglia. Pubblichiamo in questa sede una riflessione introduttiva sulla manifestazione, svolta dall’avv. Brunetti e il testo delle relazioni di Michele Ainis e Nicola Tranfaglia. Parte essenziale dei contenuti della relazione svolta dal prof. Maurizio Viroli è stata sintetizzata nella relazione congressuale, stilata dallo stesso prof. Viroli, che pubblichiamo in un’altra sezione della rivista.

Defensio 'Rei Publicae'
 
 

Nell'autunno scorso l'A.M.I. ha indetto una manifestazione "in difesa della Repubblica" nella sala della Protomoteca in Campidoglio  a Roma.

Nel corso di essa, con diversi "accenti", abbiamo registrato preoccupazione per lo "stato" della Repubblica, riferita al rispetto delle stesse norme istituzionali.

I Mazziniani non sono "manichei" che si dedichino a discernere il "bene" ed il "male" per trarne delle "categorie" da assimilare alle singole parti politiche, ben consci che, tra quelle che accettino i principi della democrazia rappresentativa, della libertà e fratellanza degli individui e dei Popoli, non debbano farsi aprioristiche classifiche. E poiché non siamo conservatori sciocchi, non possiamo attestarci sulla carta fondamentale, considerandola intangibile nel tempo.

Dobbiamo, però, riaffermare "idee", che ci derivano da Mazzini, per il corretto sviluppo della dialettica democratica e tanto più dobbiamo farlo in vista del congresso triennale (previsto nel corrente anno), nel quale i soci individueranno l'azione che l'Associazione si appresterà a svolgere.

Di fronte alle divagazioni federaliste, dobbiamo - innanzi tutto - riaffermare l'intangibile Unità d'Italia, per sottolineare che tutte le riforme sono accettabili, se, alla base di esse non vengano sottintese intenzioni (non tanto secessionistiche, quanto) disgregatrici della stessa forma repubblicana, che, invece, "non può essere oggetto di revisione costituzionale", in base all'art. 139 della medesima Costituzione.

Se (ed in quanto vi sia) accordo su tale principio, le materie di competenza esclusiva dei governi locali debbono trovare la loro collocazione in quadri predeterminati in sede nazionale, con norme -che possono essere di rango sub - costituzionale-, espressione di "principi" comuni e non derogabili.

In proposito giova osservare che, per tal ragione, le (eventuali) riforme costituzionali possono soltanto adottarsi in una visione organica, non in una serie di frammentari provvedimenti, ciascuno dei quali determinerebbe solo equivoci interpretativi e soprattutto "fughe"  di alcune, rispetto ad altre, porzioni del territorio nazionale.

Inoltre, ferme le regole formali proprie per le modifiche, pensiamo che se taluno ritenga di apportarne alcune anche alla parte prima della Costituzione, riguardante i rapporti civili, etico sociali, economici e politici, abbia il dovere di verificare – prima - nella società cui le innovazioni dovrebbero applicarsi, lo "stato" di quei rapporti, al fine di individuare nuove "regole" adeguate alla condizione della società stessa.

Inoltre, crediamo che i principi fondamentali della Costituzione (anche se essa, nel suo insieme, rappresenta il "patto" intervenuto tra gli italiani) non possano essere oggetto di revisione se non ad opera di uomini a ciò espressamente eletti dal Popolo, e cioè da parte di nuovi costituenti.

Quei "principi" rappresentano l'Italia del Risorgimento e della Resistenza, che ha scosso da sé (è il caso di usare l'espressione retorica) le "catene della dipendenza dagli stranieri e delle dittature"; di essi siamo convinti sostenitori. Se taluno intendesse intervenire anche su tali "principi", dovrebbe a ciò essere espressamente chiamato.

Mazzini ha insegnato che la politica deve essere, innanzi tutto, morale ed il rispetto di questa implica comportamenti che trascendono le singole disposizioni, poiché riguardano l'Uomo ed il Cittadino in quanto tale.

Il "patrimonio" di valori acquisito con la Costituente certamente non deve considerarsi immutabile, ma coloro che -in ipotesi- avessero tale volontà, dovrebbero rivolgersi al Popolo, il quale, almeno per tale funzione, dovrebbe conservare la propria sovranità.

 

                                                                     Renzo Brunetti