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I campi nomadi: integrazione/emarginazione

La regolarizzazione dei Campi Nomadi nata come soluzione al problema dell’ afflusso di nomadi nel nostro paese si rileva adesso come un problema insoluto sia sociale che progettuale. Solo a Roma è possibile constatare come i Rom, Sinti e le altre popolazioni nomadi non solo non siano integrate come si sarebbe voluto ma vivano ancora oggi come stanziali in campi nomadi fatiscenti, che tanto mi ricordano, come idea, le riserve indiane….un nucleo di edifici prefabbricati  fuori dal centro e dai privilegiati “quartieri signorili” essi gravano sulle condizioni già a volte difficili delle periferie romane.
La crisi è chiara: l’elemento che avrebbe dovuto integrare queste popolazioni è in realtà diventato simbolo di emarginazione. Non si fa più differenza tra nomadi stanziali, che dovrebbero essere a questo punto inclusi nel più ampio contesto dell’ immigrazione e i “veri nomadi” che di norma non usano i campi ma si fermano in spiazzi per ripartire dopo pochi giorni. Il problema riguarda l’Italia quanto le altre nazioni tanto che il Consiglio europeo ha emesso delle direttive per regolarizzare i transiti e le funzioni dei campi nomadi.
Si propone dopo una fase di ricerca approfondita, di cercare come progettisti una soluzione al problema credendo che attraverso la progettazione urbana ed architettonica sia possibile il miglioramento delle condizioni di vita:

1_mappatura attraverso un sito internet dei campi nomadi a Roma con riferimenti di esempi in altri paesi, il sito dovrà essere un sito in perenne “costruzione” aperto alle associazioni e agli stessi nomadi .

2_ri-progettazione dei “campi” attraverso un processo partecipato con i nomadi stessi.

 

 

 

approfondimenti in seguito a placeless *

gli stessi nomadi proprio come gli homeless possono essere considerati come dei punti, in effetti lo spazio che loro abitano non è uno spazio da loro traformato , ma un luogo dove essi devono adattarsi. Il tempo misurabile nel percorrere il territorio è a loro negato, costringendoli ad una sedentarietà a cui comodamente si sono ormai abituati. Il processo della transizione-trasformazione-transizione, ove la trasformazione indicherebbe l'intervallo per la loro dimensione nomade (inversamente a quella del senzatetto), non può più avvenire a causa di condizioni sociali, legislative e organizzative delle aree a loro destinate. Bisognerebbe cercare di ripristinare un ' intervallo e di conseguenza anche il fattore transizione affinché essi possano ritrovare la loro dimensione.

approfondimento in seguito allo sudio del progetto dei NOX
i nomadi Rom.. sono popolazioni dalla cultura orale, allora sarebbe divertente usare quello che è un elemento di distacco dalla nostra cultura scritta in modo da essere un fattore di unione. Si potrebbe pensare a dei ripetitori di suono che come nel progetto dei nox riproducano dei suoni del campo nomade trasmettendoli su una stazione ardio; o ancora meglio riprodurre brani della loro letteratura, loro pensieri, riprodurre i suoni della loro cultura trasformando il acmpo nomadi in un' installazione sonora....