Giovanni Maria Angioy fu un avvocato di Bono, che si era distinto nella resistenza contro l'assalto francese e che incitò i sardi alla rivolta contro i piemontesi. I Piemontesi furono costretti, dopo una riuscita sommossa popolare, a lasciare provvisoriamente l'isola. A quella rivolta avevano partecipato tutti: borghesia, nobiltà e popolo e fu in quell'occasione che si ritrovarono uniti per rivendicare l'autonomia del regno. Fu la prima volta, da quando aveva curvato la schiena ai conquistatori, che tutta la Sardegna era in fermento. Erano gli influssi inavvertiti della Rivoluzione Francese, che si propagavano nelle campagne e nella città. Giovanni Maria Angioy ne era cosciente. Al fine di sedare questi disordini, il vicerè e i rappresentanti degli stamenti furono d'accordo nel chiamare il cavaliere Don Giovanni Maria Angioy, magistrato della reale udienza. A lui venivano date, dal vicerè, le patenti di Alternos: aveva, cioè, un potere vicereale delegato al capo di Sassari e Logudoro. Con questo nomina, egli era secondo soltanto al vicerè. Ma quelli erano tempi in cui apparivano giuste le enormi tasse che gravavano sul popolo e giusto appariva il regime terribilmente inumano che non esitava a calpestare, in maniera violenta, i diritti del popolo e della persona umana. In questo contesto Giovanni Maria Angioy appare come il potente che rinuncia ai suoi favori per una grande causa: egli vuole aiutare i deboli e gli oppressi. Essendo nato a Bono nel 1751, ora egli era nella piena maturità. La sua casa di Cagliari era frequentata da tanti Bonesi. Il 13 Febbraio 1796, con poca scorta, partì da Cagliari inoltrandosi nella Sardegna. Durante il viaggio venne accolto con manifestazioni di simpatia e fatto sostare per rendersi conto dello stato e dei bisogni delle popolazioni. In questo viaggio egli apparve come il Redentore e accese molte speranze. Nessuno infatti, meglio di lui, conosceva le condizioni dell'isola. Dappertutto veniva incontro alla popolazione discutendo i rapporti tra i vassalli e i feudatari e, soprattutto, apriva i cuori ad un futuro migliore. Ogni villa, man mano che egli procedeva verso settentrione, aveva voluto fargli omaggio di una scorta e, quando giunse alle porte di Sassari, il suo seguito era imponente. Anche nella città l'accoglienza fu trionfale: accorse tanta folla, fu intonato il Te Deum e intanto le campane suonavano a festa. Ridato ordine e tranquillità al Capo di Sopra, l'Alternos dovette provvedere anche al pane facendo arrivare il grano da Cagliari. I contadini tornarono alla pace dei campi aspettando il riscatto dei tributi. Giovanni Maria Angioy, intanto, sollecitava dal vicerè il riscatto dei villaggi infeudati ma il vicerè è titubante a concederlo. Continuò a mandare messi e lettere al vicerè al fine di ottenere l'abolizione del feudalesimo e di restituire pace e tranquillità al Capo di Sopra e di renderlo indipendente da quello di Cagliari. Intanto i suoi compagni di idee e di partito l'avevano già abbandonato e la sollevazione popolare, che aveva creduto di poter suscitare a Cagliari, era svanita nel nulla. Dopo Sassari, infine, si avviò a Porto Torres. Giovanni Maria Angioy moriva a Parigi, povero e solo, il 22 Marzo del 1808 assistito e sostenuto dalla vedova Dupont e venne sepolto, probabilmente, in una fossa comune. |
Testo elaborato dai bambini delle quinte A e B di via Cagliari