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LETTERA APERTA
Al Ministro Pecoraro Scanio
e
P/C
e
a tutti i membri del comitato Nazionale di proposta per l'agricoltura
biologica
Alcune
Considerazioni scientifiche sulle norme che regolano gli allevamenti
biologici e relativi incentivi
Giuseppe
Altieri
Agernova, Accademia Internazionale di Agroecologia
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Perugia,
27/02/2001
In
tema di carni pazze e alla diossina o al cromo, antibiotici e coloranti.... il
tutto condito di accumuli di pesticidi, invio alcune considerazioni sulle norme
che regolano gli allevamenti biologici. per la imminente riunione
del comitato,
...Prima
della direttiva europea sulla zootecnia biologica e del recepimento Italiano con
Decreto del ministro Pecoraro (Agosto 2000), la carne
biologica sottostava a regole molto restrittive delle associazioni biologiche o
delle Regioni, risultando sicura e lo è ancora, negli allevamenti
biologici storici .
Con
Direttiva e Decreto del Ministro,agosto 2000, si è assistito a un
tentativo di peggioramento qualitativo del settore, autorizzando una parte di
alimentazione non biologica per il bestiame certificato "bio" e
addirittura, nella direttiva UE come nel decreto ministeriale, inserendo
farine e altri prodotti "di pesce" come "alimenti"
(che nessuno ha mai utilizzato nel biologico, almeno sino alla data del decreto
ministeriale in questione).In realtà, essendoci oggi il divieto totale
e recente delle farine animali, auspicato da tempo dal Ministro dell'Agricoltura
italiano, non ci dovrebbero essere più rischi, e la carne biologica
pertanto risulta esente da farine animali e quindi sicura,
almeno in quel senso.
Ma il
problema non risiede solo nelle farine animali .
Attualmente
infatti il decreto ministeriale e le proposte di
rielaborazione risultano troppo permissivo (come denunciato con
lettera al Ministro da una delle componenti del Comitato, Dr.ssa Maria De
Dominicis ) e non conforme ai principi scientifici di
base della Produzione biologica
Tra le anomalie
del decreto e le proposte di ulteriori deroghe, vorrei segnalarvi
intanto:
1 .
la necessità escludere la possibilità di impiego delle Vitamine sintetiche,
come è attualmene previsto nel decreto in vigore, che
possono consentire di eliminare il pascolo o la somministrazione di
alimenti freschi, fatto improponibile in una zootecnia che voglia definirsi
biologica,
2.
possibilità
di allevamenti senza terra con l'escamotage di un 35 % di
alimentazione obbligatoria dal "comprensorio" invece che aziendale, fatto
assolutamente deprecabile in quanto contrastante con i principi
dell'agricoltura biologica.
3.
10-20 % di alimentazione (sulla sostanza secca, cioè quasi
tutta la componente di concentrati, prevalentemente soia e mais,
che hanno un valore nutritivo elevato rispetto al resto della razione
rappresentata da fieni, paglie, crusca, ecc.) con prodotti non
biologici...tra cui latte in polvere, con relativi rischi...anche
se in ogni caso non geneticamente modificati.
pongo a
questo punto un quesito al ministro e comitato: come si può
controllare tutte le partite di soia e mais convenzionali che
entrano nell'alimentazione biologica (contenenenti residui di pesticidi e
diserbanti, che si accumulano nelle carni, ndr...), visto che solo
quelle biologiche sono certificati "OGM-FREE con
tolleranza zero" (anche in USA)?
I
controlli sono di fatto impossibili, con rischi di contaminazione da
OGM nel biologico, poichè i prodotti convenzionali hanno una tolleranza per gli
ogm, senza necessità di etichettatura e non c'è separazione a monte degli
ogm. Inoltre, per gli alimenti zootecnci, non sussiste obbligo
dell'analisi qualitativa pcr, l'unica in grado di evidenziare tracce minime di
ogm.
Se
qualche allevatore necessita di alimenti biologici per il bestiame, può
acquistarli sul mercato, la cui offerta di conseguenza crescerà,
sbarrando la strada al rischio di componenti transgeniche; oppure è
possibile l'accordo con i vicini e riconvertire i terreni
acquistando foraggi biologici "in conversione" che possono
tranquillamente sostituire il 20% di alimenti convenzionali. E' questo
un esempio di sviluppo del "Bioregionalismo",
su cui paesi come la Germania hanno puntato, che si contrappone al monopolio
alimentare convenzionale globalizzato che rischia di contaminare la filiera biologica.
Se si
vogliono inserire delle deroghe transitorie per favorire la
riconversione, queste vanno evidenziate nei confronti dei consumatori
ad esempio con l'etichetta di "Prodotto in conversione",
come avviene per la frutta e i prodotti vegetali, ed escludendo prodotti
convenzionali di cui siano coltivate varietà Geneticamente Modificate e con
una limitata % riferita al "Valore nutritivo" degli alimenti e non
alla sostanza secca degli stessi.
Occorre
difendere l'integrità di base di un prodotto Biologico ...prima
che sia troppo tardi, ovvero prima che mass media e consumatori vengano confusi
da norme ambigue( i primi segnali si sono già avuti dai mass media in tal
senso).
Cio
sarà a danno degli allevatori biologici migliori e seri che
dimensionano l'allevamento alla terra disponibile, i quali subiranno la
concorrenza sleale dei produttori "bio-integrati".
Intanto in
Europa e in italia nascono enti che certificano il 100% bio, che il consumatore spesso
pretendere, con ulteriore aggravio di costi per i produttori agricoli e
zootecnici.
4. gli
allevamenti bio sono assolutamente esenti dal rischio Bse?
Teoricamente, potrebbero esserci capi infetti se provenienti da
allevamenti appena certificati al biologico e precedentemente contaminati o
allevati con farine di carne, è necessario pertanto "Costituire
mandrie apposite per il biologico, partendo da allevamenti biologici o allo
stato brado" e vietare l'acquisto di capi da allevamenti intensivi;
è necessario inoltre verificare se i prioni si trasmettono
da madre in figlio, attraverso la placenta o il latte, con
ricerche celeri.
Gli
allevamenti biologici storici dovrebbero essere assolutamente indenni, ma la quesione
è molto seria e ne va del futuro di tutta la zootecnia italiana ed europea ( In
Germana un caso di bse proveniva da un allevamento bio)
Bisogna
fare le cose con estrema cautela affinchè tutta la zootecnia ritorni al
biologico,
fonte tra l'altro di letame fertile per i campi, unica possibilità di
riconquista della fiducia dei consumatori (che non vogliono carni
allevate in lager senza terra), sfruttando i migliaia di miliardi
stanziati dalla UE ed evitando contributi a pioggia agli agricoltori che
non riconvertono gli allevamenti: agendo sui fondi dei Piani di Sviluppo
Rurale e sulla possibilità di modulazione della Pac e relativi premi in senso
Agroambientale.
Reputo
necessaria la deroga per salvare l'osso della fiorentina biologica,
se non si vuol distruggere definitivamente la qualità dei piccoli, legati alla
terra.
5.
Per i trattamenti veterinari allopatici è necessaria una lista di prodotti
ammessi, com'è per le produzioni vegetali, e non solo un'azione sui tempi di
carenza delle somministrazioni.
6.Proposta
di modifica del sistema di certificazione
Se gli
Enti di certificazione biologica non riescono a garantire i controlli,per
scarsità di fondi, propongo il sistema Danese, dove la
certificazione la paga lo stato. Invece di gravare su 50.000 produttori bio, con
aumento dei costi del biologico, pagherebbero 50.000.000 di consumatori. Con
5.000 £ annue per italiano avremmo 250 Miliardi, 5 volte quello che oggi
gli enti di controllo ricavano dalle aziende, dando lavoro a molti
ispettori e garantendo 5 controlli all'anno invece di 1, com'è oggi.
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