BIBLION-TECA: LE FICHES DI CONTENUTO E BIBLIOGRAFICHE

“biblíon”                                                                                                                                                              giugno-dicembre  2001

Una breve riflessione sulla musica

di

          Eleonora Pecorella

 

Mousikòs” era denominato in Grecia l’uomo colto, e “mousiké” era l’attività umana protetta dalle muse: tale significato di vasto ambito era dovuto al fatto che la musica non era ancora individuata nel senso specifico di arte dei suoni, ma legata ad altre arti (la poesia e la danza in particolare), viveva in stretta connessione con i riti religiosi: il peana era cantato in onore di Apollo, il ditirambo in onore di Dionisio (le due anime, secondo Nietzsche, dell’arte greca).

Alla musica venivano attribuiti specifici poteri magici: per es., l’orfismo riteneva che la musica frenetica avesse la capacità di liberare l’anima dai legami del corpo. Analoga concezione troviamo nei pitagorici che riconoscevano alla musica un potere di agire sull’anima; e cio, perché:

<<…

1) la musica è espressione dell’anima, del suo carattere, del suo umore e del suo ethos;

2) è un espressione naturale, unica nel suo genere;

3) la musica è buona o cattiva, a seconda del carattere che esprime;

4) grazie al rapporto che lega l’anima alla musica, è possibile agire sull’anima stessa attraverso la

     musica, sia migliorandola che corrompendola;

5) il fine della musica pertanto non è certo solo quello di procurare piacere, ma di servire la virtù;

 6) attraverso la buona musica si raggiunge la purificazione e la liberazione dell’anima dai legami della carne;

7) perciò la musica è qualcosa di eccezionale, di unico, a differenza delle altre arti

…>>.

Accanto a questa interpretazione ne ritroviamo -in Grecia- un’altra basata sull’ordine matematico, che permise una spiegazione del rapporto tra i vari suoni secondo le leggi del numero. Spiegata l’armonia in termini di proporzione, la musica ebbe la possibilità di costituirsi come una delle quattro arti del numero (assieme all’aritmetica, alla geometria e all’astronomia).

Su questa doppia interpretazione, si venne gradualmente precisando la funzione educativa della musica, che trovò una chiara formulazione con il pitagorico Damone che considerò la musica un “segno di vita spirituale ordinata” ed uno strumento per “realizzare l’armonia dell’anima “. Egli sostenne che

<<…

il canto e la pratica di uno strumento musicale insegnano ai giovani non soltanto il coraggio e la moderazione, ma anche la giustizia

… >>.

Si tratta di una concezione che non solo influì direttamente su Platone, ma che durò nei secoli, assai oltre i confini della Grecia, pur se gradualmente si vennero distinguendo e precisando la funzione gnoseologica della musica -atta a rilevare le leggi dell’universo- e quella etica, di purificazione dell’anima.

La funzione estetica venne a caratterizzarsi soltanto dall’età umanistica in poi, e fu, in ogni caso, successiva all’invenzione della notazione musicale attribuita a Guido d’Arezzo (sec. XI).

E’ nel passaggio dalla monodia antica alla polifonia medioevale e rinascimentale, infatti, che si apre la strada all’estetica moderna dell’espressione creatrice. E tuttavia non può essere negato che già nell’interpretazione etica della musica, che permette di distinguere gli effetti positivi da quelli negativi, troviamo una distinzione dei diversi modi della musica: austero il modo dorico, appassionato quello frigio, mellifluo quello ionico, ed, oltre a questi, altri modi intermedi; mentre, a sua volta, Aristotele distingue: il modo etico, quello pratico (che agisce sulla volontà) e quello entusiastico (che conduce all’estasi), cui corrispondono le caratteristiche “tecniche” della musica, che possono dirsi, in senso lato, anticipatrici di moderne interpretazioni.

 Eleonora Pecorella

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