"Berlusconi è come la Thatcher". Cofferati insiste:
sciopero generale con Cisl e Uil
di Felicia
Masocco
RIMINI Non ci sono
spazi per mediare con il governo, «sui diritti non si media», la Cgil non cede.
Ma discutere con Cisl e Uil si può e si deve per Sergio Cofferati che
concludendo il quattordicesimo congresso lancia un forte appello all'unità. E
alla coerenza. Allo sciopero generale «non ci sono alternative», questo torna a
dire alle altre due confederazioni «se ci sono - ha detto rivolto a Cisl e Uil -
ditecelo, ma io francamente non le ho colte». Propone un incontro, da fare a
breve, «perché non considero esaustiva, anche se importante, la discussione che
si è svolta qui». La Cgil è pronta ad andare fino in fondo, «non può che
esercitare autonomia di giudizio e di azione».
Una standing ovation
all'inizio, un intervento interrotto da molti altri applausi, quindi l'addio del
segretario davanti a una platea silenziosa e commossa: «A voi che siete l'acqua
tersa di questo fiume auguro buon viaggio», dice citando Mario Luzi. L'addio
vero sarà in giugno, fino ad allora tante cose urgono. La prima: convincere Cisl
e Uil; conoscere meglio le idee che Savino Pezzotta e Luigi Angeletti hanno solo
abbozzato al congresso che si chiude con incognite e rischi fortissimi per la
tenuta unitaria. Ma vale la pena di insistere, «l'unità ci rende più forti» dice
Cofferati. Ma non chiedeteci «l'ibernazione». La Cgil riproporrà un programma di
iniziative, compreso lo sciopero, poi valuterà. Sia chiaro però che «non ci
condanneremo mai all'i mmobilismo. Saremo rigorosi e intransigenti».
Non c'è
spazio per compromessi pasticciati, «accantonare una discussione, significa
accettare di farla», spiega riferendosi alle ultime proposte del governo
sull'articolo 18. E non se ne parla nemmeno di prendere in considerazione quelle
ipotesi «che il ponentino romano ha portato fino a Corso d'Italia...»: sussurri
che dicono di limitare i licenziamenti facili al Mezzogiorno. All'indirizzo di
Pezzotta e Angeletti arrivano domande che sanno di retorica o, al contrario,
possono far male, ma che vanno fatte per sgomberare il campo da ogni ambiguità:
«Siete ancora d'accordo per lo stralcio dell'articolo 18, dell'arbitrato? Se
avete cambiato idea ditelo. È legittimo, ma deve essere chiaro. Noi non abbiamo
cambiato idea, i lavoratori stiano sereni. Questa deriva va fermata». Se invece
Cisl e Uil sono ancora sulle posizioni che hanno portato agli scioperi
articolati allora è necessario far sapere come intendono raggiungere gli
obiettivi «con un governo che procede e vuole arrivare a Barcellona con le
deleghe approvate».
Un governo che non è meno distruttivo di quello della
Thatcher, che alla tradizione europea contrappone un «neoatlantismo provinciale,
scimmiottando in economia un modello che da capitalismo compassionevole si
trasforma in filantropia». Il governo e il suo libro bianco sul mercato del
lavoro, «limaccioso», per Cofferati, «l'unico libro bianco che riconosco è
quello di Jacques Delors». Un governo che «non se ne sono visti altri prima»,
appena insediato si pone l'obiettivo di dividere i suoi interlocutori «puntando
a isolarne uno», tentativi «volgari, offensivi innanzitutto per Cisl e Uil». È
un attacco a tutto campo: al mix di «neoliberismo e populismo» di Berlusconi, al
collateralismo con Confindustria, la Cgil risponde con un altro modello, la
sfida della solidarietà e dei diritti. La messa in discussione delle funzioni
laiche dello Stato va fermata. A cominciare dalla scuola. Riformismo, eredità
che la Cgil rivendica, bisogna farla finita con lo stereotipo per cui la
confederazione sarebbe conservatrice; «Di riformismo - dice - ce n'é uno solo:
quello che si pratica». E come già avvenne al congresso ds a Pesaro, il «cinese»
non accetta le accuse rivolte in questi anni e in questi giorni alla Cgil. «Noi
- spiega - abbiamo fatto tante proposte. Questo governo dice che non ci sono
quando non le condivide, ma è un problema che per un riflesso condizionato la
stessa cosa venga detta anche da sinistra». «Saremmo mai entrati in Europa senza
una politica dei redditi e di contrattazione capace di abbattere l'inflazione e
ridurre il debito pubblico? Ci sarebbe ora un nuovo assetto previdenziale se noi
non avessimo fatto la riforma?».
Cofferati lascia una Cgil più unita. Alla
metafora del viaggio affida il saluto al suo «popolo». Con le parole di Mario
Luzi: «Dove ci sorprende il giorno?/Che tiene notte tempo/noi acque/del fiume
appena limaccioso/abbiamo attraversato e ora dove/andiamo/dove illusoriamente
siamo?». «Le acque - dice - siamo noi, con oltre un secolo di storia, che
abbiamo contribuito in maniera importante a scrivere quella storia. Il giorno ci
sorprende in un paese che deve affrontare le sfide dell'Europa, della giustizia
e della tutela dei diritti. Dove andiamo? Verso un futuro migliore anche per chi
è diverso da noi. A voi che siete l'acqua tersa di questo fiume , buon
viaggio!».
("l'Unità" 9 febbraio 2002)