FARE SCUOLA E ...

“biblíon”                                                                                                                                                             giugno- dicembre  2001

 

  La politica dell'accoglienza

di

Francesca Marchese-Giuseppe Pellegrino-Angelica Vienna

 

Premessa.

Il progetto "Formare alla legalità cerca di studiare, risolvere episodi di intolleranza, etnicismi ... poiché questi, oggi, sono temi che entrano a far parte della quotidianità, in quanto la società in cui viviamo, oltre ad essere sempre più complessa, è caratterizzata da una massiccia pluralità di razze ed etnie che interagiscono quotidianamente. Attenzione! Il progetto "Formare alla legalità" non è rivolto solo a coloro i quali mostrano intolleranza nei confronti di quei soggetti che appartengono a “etnie diverse” , ma deve essere rivolto a “ tutti”, poiché la diversità ci fa scontrare e incontrare continuamente con soggetti per così dire “ diversi” da noi, non solo per cultura , colore della pelle, lingua o religione, ma anche per quel che riguarda anomalie fisiche, psichiche, sessuali (omosessualità), . . .

Nel corso degli anni si è parlato molto di questo problema e se ne continua a parlare tuttora; nonostante l’impegno mostrato da parte delle istituzioni statali, che hanno cercato di porre fine a questo disagio, non si è ancora giunti ad una soluzione definitiva. Tale sensibilizzazione deve essere rivolta ad ogni singolo individuo poiché, come si suol dire, “L’unione fa la forza” ; solo in questo modo potremo distruggere definitivamente quegli stereotipi e pregiudizi che caratterizzano ognuno di noi, per vivere finalmente in una “ Vera società democratica” ! !

 Il nostro lavoro non vuole essere quindi né una provocazione, né tantomeno un racconto commovente, bensì, nel nostro piccolo intento, vogliamo sensibilizzarci e sensibilizzare tutti, “ Potenti compresi” !

 

 Accoglienza nella società .

La nostra è una società complessa e in continua trasformazione, all’interno della quale persistono le “diversità” , a causa delle quali nascono spesso atteggiamenti di emarginazione.

L’emarginazione, infatti, intesa come esclusione (totale o parziale) da ogni possibilità di partecipazione e d’intervento nella vita sociale, è una situazione che tocca drammaticamente i soggetti più svariati: handicappati, alcolizzati, persone di colore, anziani. . .

Molti di questi individui hanno in comune un elemento: la presunta “ diversità” agli occhi della maggior parte della gente; diversità dovuta a fattori naturali o a comportamenti ritenuti asociali. Nei confronti di chi è diverso, si assume un atteggiamento, quasi sempre non dichiarato, di intolleranza, che si manifesta poi nei gesti nei comportamenti di semplice INDIFFERENZA .Questo problema riguarda tanti, perché tanti sono i fattori naturali o sociali che limitano le possibilità di partecipazione alla vita economica e sociale, ma bisogna anche dire che l’attuale società, esaltando l’efficienza e tenendo in scarsa considerazione chi non è produttivo, riduce ancora di più quelle possibilità, mentre rende più netta la separazione tra il diverso e il resto della collettività.

Per far fronte a tale situazione si deve dare origine ad una politica di intervento, attuata attraverso l’ACCOGLIENZA.

Essa si realizza instaurando relazioni inter-etniche, organizzando occasioni d’incontro e contatto, mostrando attenzione per quanto gli altri hanno da raccontare e per quanto noi abbiamo da raccontare a loro.

L’ “intercultura” deve essere intesa come incontro tra le differenze, i valori, le abitudini che contraddistinguono non solo famiglie straniere, ma anche una famiglia italiana dall’altra, un bambino da una bambina, un bambino da un adulto. . .

‘Accogliere’ vuol dire rimuovere tutta quella serie di ostacoli che impediscono l’inserimento del soggetto all’interno della società; rimuovere le diseguaglianze sociali per eliminare le situazioni di inferiorità. Tutto ciò può essere fatto tanto a livello personale, sensibilizzando i soggetti a livello sociale, quanto a livello istituzionale, cioè attraverso la collaborazione delle massime autorità politiche, economiche e sociali. Dal punto di vista giuridico il Principio dell’Accoglienza si concretizza nell’articolo 3 della Costituzione Italiana:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza  dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.”

Sempre in termini di normativa e di diritto si riconosce ai cittadini extracomunitari e alle loro famiglie il diritto all’inserimento e all’uso

dei servizi educativi scolastici, sociali e sanitari comuni e ordinari.

L ‘ accoglienza deve essere rivolta soprattutto agli

stranieri, il cui numero aumenta anno dopo anno; nella nostra società plurietnica è importante che tutti i membri, a qualunque cultura essi appartengano, abbiano la possibilità di utilizzare strumenti adeguati al proprio patrimonio linguistico-culturale. Sono nati così Centri di Documentazione e Biblioteche Multiculturali all’interno delle quali ciascuno può attingere a materiali letterari, artistici. . .  scritti in lingua

originale o realizzati come testi bilingui.

L’accoglienza può inoltre essere favorita:

-         organizzando, all’interno di un paese, una festa in occasione di una ricorrenza” altra” , invitando i genitori stranieri, protagonisti dell’iniziativa a spiegare, a tutti ( autoctoni e non ) , i motivi e i significati dei riti, dei cibi. . . .

-         valorizzando il “ sapere” e il “ saper fare” dell’altro, organizzando momenti di scambio.

-         Organizzare con l’aiuto dell’ente locale o del volontariato, corsi di alfabetizzazione, in particolar modo nei confronti di coloro che si trovano in una situazione di svantaggio culturale.

-         Organizzare delle “ serate in cucina” dedicate di volta in volta alla gastronomia dei paesi rappresentati.

-         . . . .

tale progetto per essere portato avanti necessita di soggetti che si collochino in uno spazio neutro , in uno spazio reciproco dove l’altro non viene ignorato o criticato per quello che è , ma viene valorizzato poiché e

considerato come lo specchio della nostra anima, quello specchio grazie al quale, riflettendo la nostra immagine, possiamo migliorare la nostra persona. L’accoglienza, per essere realizzata all’interno della nostra società, ha bisogno di soggetti che, distaccandosi dal proprio Ego, riconoscono l’IO dell’altro, la sua identità, la sua persona; a tale proposito è fondamentale la comunicazione che permette al soggetto di essere emittente e ricevente contemporaneamente.

Con l’accoglienza si realizza la “Democrazia”.

 

L’accoglienza a scuola.

Fra le tante istituzioni educative la scuola rappresenta quella di maggiore importanza poiché si occupa della “formazione “dell’uomo. La società moderna è una società all’interno della quale esistono diverse culture, etnie . . . . ,e per tale motivo si deve impegnare ad accogliere queste culture diverse dalla nostra. Infatti la scuola ha il dovere di comprendere e affrontare adeguatamente le dinamiche sociali e di farsi “luogo di mediazione interculturale”, luogo cioè dove i problemi etici e culturali del nostro tempo sono riconosciuti, approfonditi secondo le diverse prospettive disciplinari e compresi nei loro risvolti etici e formativi. Spetta ad essa lavorare con altre agenzie educative, per rispondere ai nuovi bisogni di convivenza e per realizzare la collaborazione tra culture diverse. L’accoglienza è il momento più importante del progetto di educazione interculturale, perché decide degli sviluppi relazionali e didattici successivi .L’accoglienza non riguarda soltanto i nuovi allievi di origine straniera, ma anche tutti quelli che provengono da altre parti del Paese, da altre scuole, da altre esperienze. Infatti nella scuola il bambino ‘diverso’ deve riconoscere il proprio ambiente di vita, e non solo, anche noi ragazzi “normali” dobbiamo trovare in essa la possibilità di esprimere le nostre idee, di parlare, di fare delle proposte, di sviluppare certi temi insieme agli insegnanti. La scuola in generale deve dare la possibilità di continuare le attività che interessano e che si svolgono al di fuori di essa, cioè attuare quello stato di accoglienza  che permetta all’individuo di sentirsi ben accetto. Un clima accogliente dipende dalla capacità di decentramento del soggetto responsabile dell’istituzione rispetto alle proprie norme culturali. Essere accoglienti significa cercare di informarsi sui riferimenti culturali, sociali del mondo di provenienza dell’allievo per riuscire a capire meglio gli eventuali motivi del suo iniziale disorientamento, ma significa anche ricordarsi che ogni allievo ha una sua storia, che è unica e non può essere confusa con quella di tanti altri, confusa nell’immagine stereotipata che in genere si ha per il diverso, per il rifugiato, il migrante, il membro di un’altra comunità culturale. Le pratiche dell’accoglienza a scuola vanno diversificate a seconda delle storie personali, delle conoscenze dell’allievo. Essere accoglienti significa anche saper accettare il silenzio dell’interlocutore e rispettare il vissuto e le reazioni emotive che egli prova. Se l’ambiente che egli troverà fra le mura della scuola o, meglio dire, dell’aula lo inviterà ad aprirsi, andare a scuola diverrà una cosa piacevole e divertente. Per questo motivo è importante che gli insegnanti e i genitori si conoscano, perché così madri e padri potranno dire quali sono i problemi del loro bambino, quali i suoi gusti e i suoi interessi. Trovare quindi nella scuola un ambiente di vita in cui muoversi e vivere a proprio agio, perché la maniera di preparare giudiziosamente il bambino alla vita adulta è quella di permettergli di vivere nella pienezza della gioia, dell’attività e della spontaneità la vita infantile.

 

Accoglienza nel campo lavorativo

Per quanto il lavoro nobiliti l’uomo, è proprio in ambito lavorativo che le persone riscontrano i maggiori disagi.  Il lavoro, inteso come status symbol, è oggi, nel bel mezzo della società postindustriale, uno dei fattori determinanti per quel che riguarda i rapporti interpersonali . Passiamo circa ¾ della nostra vita “ a lavoro”, ed è proprio qui che possiamo riscontrare le tendenze dominanti della nostra cultura. Illegalità, razzismi, utilitarismo e, perché no, etnicismi sono molto visibili in quel microcosmo che è l’ambito lavorativo. Qui persone “diverse”, seppure appartenenti a una stessa società e sebbene portino con sé “ sovrastrutture” differenti, sono portati a vivere insieme, a collaborare, e talvolta a misurare il proprio grado di tolleranza. Un ruolo importante giocano i pregiudizi e la paura per il “diverso”, da sempre caratterizzanti la sfera umana. In ambito lavorativo (come in altri ambiti), troviamo persone con i nostri stessi bisogni, con le nostre stesse esigenze. Ragazzi, ragazze, uomini e donne, con un gran desiderio di amare e di sentirsi amati, con voglia di comunicare, di essere valorizzati (nel rispetto della loro dignità ) e alla ricerca del senso della vita. Come tutti noi. Quante volte li abbiamo osservati percorrendo un tratto di strada con loro e abbiamo intuito che non potevamo più “solo” giudicare. Dobbiamo imparare ad ascoltare, conoscere in profondità il problema di ciascuno, comprendere, parlare con schiettezza, senza giudicare.

Purtroppo questo resta un cammino di pochi; anche se oggi molti parliamo di solidarietà non tutti sono disposti a credere fino in fondo a tutto questo. Abbiamo paura di assumerci delle responsabilità, fuggiamo anche dall’impegno sociale e civile. Preferiamo ritirarci nel nostro mondo, facendo finta di non vedere cosa succede attorno a noi.

C’è ancora tanta gente che ha bisogno di tanta solidarietà: mi riferisco soprattutto a coloro che apparentemente non fanno gravi problemi, i cosiddetti “ricchi”. Ed è proprio fra le persone che “hanno tutto” che, secondo me, i volontari devono piantare l’albero della solidarietà; per far capire loro cosa significa veramente “accogliere l’altro”, incontrare chi è diverso da noi, per scendere in campo e lavorare concretamente.

Attenzione! Soprattutto noi giovani non dobbiamo rassegnarci ad essere solo pedine mosse dagli altri, ma dobbiamo imparare a confrontarci con questa realtà. La solidarietà, il rispetto deve essere un abito da indossare ogni giorno, deve guidare le nostre azioni nell’ambito familiare, lavorativo, scolastico, sociale etc. . .

Solidarietà significa giustizia, significa assumersi le proprie responsabilità e compiere il proprio dovere fino in fondo.

Se siamo cittadini e membri di una comunità, dobbiamo essere “ volontari”, pronti ad accogliere una persona in difficoltà o “ diverse” da noi. È mai possibile che molte persone si sveglino la mattina è abbiano come scopo solo quello di andare a scuola etc. ., per emarginare, per giudicare coloro che vengono considerati inferiori !

L’ALTRO va accettato come specchio che ci aiuta a riflettere sulla nostra immagine e sul  nostro essere, ci aiuta a migliorarci : quindi non è un ostacolo un pericolo per la nostra crescita ma è per noi necessario. Anche in secoli passati la paura per il “ diverso” ha chiuso la società in un isolamento claustrofobico, quasi a soffocarla nel suo utilitarismo e nel suo pregiudizio. Una società complessa è tale per la sua composizione varia; altrimenti avremo individui omologati secondo uno stereotipo di “ uomo perfetto”. A volte una persona non accetta il diverso per paura, per insicurezza, o anche solo perché non accetta che il mondo abbia “ imperfezioni”. Ma chi l’ha detto che “ bello” voglia dire assenza di difetti? Come dice qualcuno. . . .” il mondo è bello perché è vario”.

(Studenti che hanno collaborato al progetto: Marchese Francesca, Pellegrino G.ppe, Vienna Angelica.  

Premessa: Marchese Francesca, Pellegrino Giuseppe, Vienna Angelica.

Accoglienza nella società: Vienna Angelica.

Accoglienza a scuola: Pellegrino Giuseppe

Accoglienza nel mondo del lavoro: Marchese Francesca.)

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