LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                                   giugno-dicembre  2001

 

Mazara del Vallo: città metà italiana e metà tunisina

 di

Antonella Daniela Cancemi

Proprio dopo aver seguito la lezione di pedagogia del 30 Novembre 2000 tenuta dal prof. Ignazio Licciardi, ho sentito il bisogno di dialogare con voi su un problema che sento interessi in particolar  modo la mia città, Mazara del Vallo, e dunque, tutti noi cittadini mazaresi.

Parlando del bisogno che ogni cultura ha – dovrebbe avere – di confrontarsi con le altre culture,  per perfezionarsi, è emerso, tra tanti, il problema delle moschee per i musulmani che vivono in Italia. Ebbene, Mazara è quella che ormai può giustamente essere definita città metà italiana e metà tunisina. È ormai certo che nel Giugno 827 i Musulmani invasero la Sicilia approdando proprio a Mazara. Il loro dominio, protrattosi per oltre due secoli, apportò alla città grande rinomanza agricola e nel commercio marittimo, provocando uno sviluppo urbano senza precedenti.

La nostra città divenne uno dei principali centri della Sicilia islamica, soprattutto per la sua posizione strategica che incrementò le attività di scambio. Senza dubbio, dunque la presenza islamica nella nostra isola fu di notevole importanza. Della denominazione musulmana la città antica conserva il grande complesso monumentale. Sebbene la città sia stata costruita e ricostruita su se stessa nel tempo a seconda delle dominazioni subìte, il tessuto connettivo rimane sempre di derivazione islamica.

Per tutto questo tempo, Mazara ha vissuto divisa tra due realtà, tra due popoli messi a confronto in una città che spesso si è dimostrata “Troppo piccola” per accoglierli tutti insieme, con le loro esigenze e abitudini. Le due comunità convivono nel nome della reciproca indifferenza. E’ il paese delle culture divise, delle coscienze a metà, Mazara del Vallo, la città più araba d’Italia, la più vicina all’Africa. All’anagrafe figurano circa 2.300 tunisini, ma in realtà sono molti di più. I tunisini, Mazara, li ha accettati sin dagli anni settanta; senza  di loro molti pescherecci sarebbero rimasti in porto, i campi abbandonati. Sullo sfondo del maggior porto di pesca della Sicilia, su 350 imbarcazioni lavorano almeno mille tunisini. Ma è una tolleranza vicina all’indifferenza: “il Mazarese e il Tunisino si imbarcano sullo stesso peschereccio, comprano nelle  medesime botteghe, ma si incontrano e non si vedono, si sfiorano e non si toccano”, così ha scritto il sociologo Karim Hannachi, a Mazara dall’81, in un saggio sull’immigrazione tunisina nella città siciliana. Basterebbe la rottura di un tabù, dopo tanti anni di immigrazione araba in Sicilia, a cambiare le cose. Nei primi anni settanta i tunisini, di solito uomini e senza famiglia presero casa nei vicoli della cosiddetta “ casbah”, il cuore antico di Mazara, in quelle case spesso degradate. Oggi le famiglie tunisine sono sparse in tutta la città. Ma certi muri resistono. E spesso incomprensioni, errori e diffidenze. E intanto il fenomeno dell’immigrazione continua. Forse nessuno lo sa. Questa gente ormai fa parte della nostra vita. Forse è già l’altra faccia nascosta della nostra identità. Sono loro i nuovi poveri, quelli che spesso trovano il lavoro, ma perdono tutto il resto: a cominciare dalla gioia di vivere. Un paradosso di contraddizioni e disagi che lascia sul campo una generazione di neo-emarginati. Si parla della costruzione di una moschea a Mazara, per non togliere loro il diritto di professare la propria religione. L’idea comunque spacca in due la città. Alcuni ne vedono un messaggio di pace e tolleranza; molti cittadini sono favorevoli perché pensano, che questo aspetto multiculturale, incrementerebbe anche il turismo; ma la Curia è contraria, accompagnata anche da parte dell’opinione pubblica sconvolta dal sequestro dei natanti da parte delle autorità tunisine. Resta, infatti, da risolvere uno dei problemi più pressanti: il difficile rapporto Mazara-Tunisia nell’ambito marittimo. Sono anni che si cerca invano una soluzione e tutte le volte che si ripetono casi del genere sembra cadere ogni speranza che si possa un giorno convivere in pace.

Credo che adesso sia il momento di rendersi conto che siamo un’unica realtà, nel rispetto dei diritti e delle esigenze degli uni e degli altri. Prima o poi tutti i muri cadono. Un giorno queste due civiltà smetteranno di sfiorarsi e si incontreranno veramente. Nessuno può dire quando ciò avverrà, ma noi giovani speriamo presto perché siamo ormai convinti che Mazara ha bisogno di entrambe le “facce”, perché questa è la sua storia, questo il suo presente e sicuramente anche il suo futuro.

Antonella Daniela Cancemi

BACK