L'Italia dei comici. Una situazione tragica
Ormai fanno notizia solo le denunce che arrivano da artisti o personaggi da avanspettacolo. Forse perché...

di Umberto Eco

 Ci sono dei momenti in cui un paese sta in sospeso attendendo un evento che potrebbe cambiare il corso della sua storia. Immagino che così si sentissero i romani dopo l'uccisione di Cesare e prima del discorso di Antonio, o più modestamente gli italiani dopo che la radio nel 1943 aveva sobriamente annunciato che il Cavalier Benito Mussolini era stato sollevato dal suo incarico e il governo era stato assegnato al maresciallo Badoglio. In base all'esperienza personale, e alle almeno due pagine complete che domenica scorsa ciascun grande quotidiano ha dedicato all'evento, così è accaduto per l'attesa apparizione di Benigni a Sanremo.

Ferrara non è uno sciocco e se ha promesso quello che poi non ha fatto (lancio di uova ed ortaggi al "comico di regime" nemico del nuovo regime) doveva avere qualche piano in testa. Certo solo un indotto di comunicazioni di massa (quale Ferrara certo non è) o un infiltrato del partito comunista nelle file del Polo (quale Ferrara non può essere, visto che il partito comunista esiste ormai solo nella fervida mente del presidente del consiglio) poteva ordire una trama che, comunque fosse andata, avrebbe danneggiato il partito di governo. Per calcolare gli effetti dirompenti della faccenda, bisognava considerare che Benigni è un personaggio di culto internazionale. A qualcuno può non piacere, ma sta di fatto che quello che fa interessa la stampa di tutti i paesi. In effetti, una volta lanciata la minaccia, le possibilità erano tre:

Prima possibilità. Benigni appare a Sanremo, Ferrara e altri rappresentanti delle brigate Tebaldi interrompono il suo spettacolo e lanciano uova. Inutile dire che la stampa internazionale avrebbe gridato al nuovo fascismo (smentendo D'Alema) e alla conculcazione della libertà di espressione. Berlusconi avrebbe fatto una figura peggiore di quella che ha fatto con Schroeder, se mai fosse possibile essere trattati in modo ancora più sarcastico.

Seconda possibilità. Benigni va in scena, parla di "topa" ed altri ammennicoli perineali che hanno caratterizzato questo Festival, e non parla di politica. Peggio che peggio. La stampa internazionale sarebbe insorta contro questo chiaro esempio di terrorismo psicologico, che è una forma di censura. In Italia nessuno è più libero di esprimere le proprie opinioni perché ci sono le squadracce.

Terza possibilità. Benigni appare, parla del bello e del cattivo tempo, e poi prega Baudo di non provocarlo, perché certe cose non si possono dire, non è mica più come un tempo, siamo tornati ai giorni che si ascoltava di nascosto radio Londra, per piacere non fatemi parlare che ho famiglia, eccetera. Clamorosa denuncia dell'esistenza di un regime, raccolta da tutta la stampa internazionale.

Benigni è stato più saggio. Io credo abbia fatto quello che avrebbe fatto anche se non c'era la provocazione di Ferrara. Sapeva che non appariva come privato cittadino a una trasmissione di Biagi ma come attore a una trasmissione che coinvolge milioni di italiani, di tutte le opinioni, non ha evitato le sue polemiche consuete (ma senza cambiare troppo un copione ormai noto), ha fatto un appello all'amore, ha bloccato la platea con una recitazione dantesca (Benigni è un prodigioso lettore di Dante - e, come molti forse non si accorgono, è persona di raffinatissima cultura), e voglio ben vedere a questo punto chi si mette a fischiare la vergine madre figlia del tuo figlio. Il colpo dantesco (a Sanremo!) non se lo aspettava nessuno. Bisognava essere un genio per pensarci. Standing ovation, delirio, Benigni vince, come da copione. Non ti devi mai mettere contro chi è più bravo di te.

Credo si consideri vincitore anche Ferrara. Se non agitavo le acque con la mia provocazione, pensa probabilmente, Benigni avrebbe fatto peggio. Ma cosa di peggio, visto che è bastato alludesse a conflitti di interessi e falsi in bilancio perché la platea si scompisciasse dalle risa? Quello che ha detto Benigni lo sanno tutti, e lo considerano (bontà loro) argomento comico (o più tragicamente, grottesco) anche se lui non ne avesse parlato.

Ma, finita la storia, rimangono alcune malinconiche riflessioni. Da un po' di tempo tutto quello che accade in Italia, e che crea subbuglio e inquietudine, è dovuto ai comici. Alle molte vignette, d'accordo, ma soprattutto agli "scoop" di Striscia la notizia e delle Iene. Vi ricordate il tempo in cui i mali d'Italia erano denunciati dell'"Espresso" (Capitale corrotta, nazione infetta), dall'opposizione, dalla magistratura? Finito. Che cosa accada in Parlamento non interessa più nessuno (Berlusconi dice che non vale la pena di andarci per ripetere cose che sanno tutti), i partiti vanno a rimorchio dei girotondi, il massimo shock dell'anno non è stato dato da un politico ma da un artista (Moretti). È sano un paese dove solo i comici danno il via alle polemiche, al dibattito, senza ovviamente poter suggerire le soluzioni?

Ma, a ripensarci bene, questo non è dovuto al fatto che i comici stanno andando al Parlamento, bensì che il governo è caduto in mano ai comici, o che molti, che in altri tempi sarebbero stati figure da avanspettacolo, sono andati al governo.

(da "L'Espresso", 21.03.2002)

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