La manifestazione del 23 marzo
Un milione per Sergio
Dai diessini ai no global. Dai cattolici ai disoccupati. Dagli immigrati agli studenti.A Roma sfileranno insieme le tante anime della sinistra. Un’impresa che potrebbe accelerare l’ascesa di Cofferati. A nuovo leader anti Cavaliere

di Marco Damilano

 Da quando ha detto che batteremo il governo con un sorriso, Sergio non ha più smesso di ridere..., scherza uno stretto collaboratore del leader della Cgil. «Speriamo che non gli sia venuta una paresi».

Macché: a meno di tre mesi dalla scadenza del mandato come segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati vive una seconda giovinezza. Percorre la penisola su e giù, da Avellino a Brescia. Alla Aprilia di Treviso i lavoratori ragazzini lo accolgono con le trombe da stadio. Al congresso del Ppi non apre bocca e lo acclamano. Nicola Mancino nella confusione lo chiama «onorevole Cofferati». E Francesco Rutelli rivendica: «L’hanno applaudito quando l’ho citato nel mio intervento. Gli ho alzato una bella palla...».

Ma entusiasmi e invidie sono comprensibili. Di questi tempi il Cinese è l’unico oppositore che fa tremare Silvio Berlusconi. Sull’articolo 18 ha picchiato duro contro il presidente di Confindustria Antonio D’Amato costringendolo a un pesante ultimatum al governo. Ha spaccato il Polo. E ora il premier lo teme. Qualche giorno fa il sondaggista preferito del Cavaliere, Luigi Crespi di Datamedia, gli ha spiegato il motivo di tanto appeal: «Attenzione, presidente: gli altri la attaccano per quello che lei rappresenta, il conflitto di interessi, i guai giudiziari; Cofferati per quello che lei fa. È lui l’avversario più pericoloso». Sabato 23 marzo il Cinese lancerà la sfida finale. Un duello mortale, il sindacato contro il governo di centro-destra, di fronte a oltre un milione di persone. La più grande manifestazione del dopoguerra. Un raduno paragonabile solo a quello dei papa-boys a Tor Vergata dell’agosto 2000. «Con una bella differenza, però», dice Achille Passoni, 51 anni, direttore generale della Cgil. «I ragazzi arrivarono a scaglioni. Mentre i nostri sbarcheranno tutti insieme, all’alba. Comunque, non escludo di chiamare qualche monsignore per un consiglio».

È lui il motore della gigantesca macchina organizzativa. Al quarto piano di corso Italia parla con la questura, il comune, i compagni della Liguria che offriranno 40 mila rose e 80 mila garofani rossi ai manifestanti. Fedeli all’ordine di Cofferati: «Venite con un tamburo in meno e con un fiore in più. Voglio una mattinata gioiosa». Tocca a Passoni metterla in piedi. Lui si aggira tranquillo tra cifre da brivido. Sei cortei che partono da altrettante zone periferiche della capitale per convergere nella zona del comizio. Più di 8 mila pullman già prenotati a pochi giorni dall’evento. «Li abbiamo rastrellati ovunque. In Italia abbiamo raschiato il fondo del barile, così ci siamo rivolti all’estero: Germania, Francia, Austria, Svizzera». Oltre 50 treni speciali, voli charter e tre navi dalle isole. «C’è un’enorme domanda inevasa. O riusciamo a soddisfarla oppure sicuramente la gente si organizzerà e verrà a Roma da sola». I costi trapelano con il contagocce: ma si sa che solo per affittare un pullman ci vogliono in media 1500 euro (tre milioni di lire). «Dopo questa spesa la Cgil non potrà organizzare più nulla per anni», dice qualcuno. «Non è vero. E poi ne vale la pena», replica Passoni.

Un entusiasmo contagioso. In periferia si moltiplicano gli sforzi. Volantinaggi davanti agli stadi e nei mercati. Autofinanziamenti. Collettivi nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università. Nuove figure simbolo: Antonella Barbi, l’operaia licenziata per essersi rifiutata di confezionare i fegatini di pollo avariati, Nicoleta Kasacu, giovane vedova di un lavoratore rumeno bruciato vivo dal suo padrone di Gallarate perché chiedeva il rispetto dei suoi diritti. E Silvio Berlusconi, neoiscritto alla Cgil di Como, tuta blu in un’azienda metalmeccanica, omonimo del premier-operaio. Grande mobilitazione dello star system con Sabrina Ferilli, Sabina Guzzanti, Jovanotti, gli Avion Travel, Dario Fo. Si schierano gli intellettuali, con un appello firmato da Alberto Asor Rosa, Paolo Sylos Labini, Antonio Tabucchi, Paul Ginsborg, Luciano Gallino e Umberto Eco. E Nanni Moretti? Annuncia: «Sì, il 23 ci sarò anch’io. Mi pare che Cofferati stia facendo molto più di un sorriso contro questo governo».

Nel nome del leader della Cgil, insomma, si ritrovano in piazza tutti i protagonisti della stagione politica. Per la prima volta insieme, dopo aver marciato sempre divisi. Studenti e immigrati. No global e girotondisti. Vittorio Agnoletto e Antonio Di Pietro. Paolo Flores d’Arcais e Fausto Bertinotti. Piero Fassino e Pietro Bernocchi dei Cobas, tra i più ostili all’idea di venire sotto le bandiere dell’odiata Cgil. Alla fine, però, ha ceduto pure lui. In vista del 23 marzo, infatti, la manifestazione di Roma si sta trasformando nel mega-appuntamento di tutte le opposizioni. Un laboratorio politico a cielo aperto. Con ambiguità, contraddizioni e sospetti. L’Ulivo cerca di lasciare a casa le divisioni, ma non è facile. Il leader Rutelli, impegnato a Parma, non ci sarà. Medita di intervenire in collegamento video. I verdi hanno colto l’occasione per annunciare di voler correre da soli alle amministrative e la raccolta di firme per sette referendum su rogatorie, falso in bilancio e sui temi ambientali. Dalla Quercia arrivano segnali di mobilitazione, ma anche i distinguo di Massimo D’Alema. Il 19 marzo la fondazione Italianieuropei del presidente ds metterà a confronto le anime della sinistra riformista in un convegno al teatro Eliseo. Cofferati? Non è invitato. Quel giorno risulta impegnato a Firenze e Massa Carrara.

Ancora più frastagliato il fronte sociale. A Bologna, la settimana scorsa, il movimento del Social Forum ha discusso per ore se partecipare o no alla manifestazione di Cofferati. Con la Cgil i rapporti non sono stati idilliaci. Per mesi ha pesato lo strappo di Genova, quando Cofferati organizzò un incontro con Cisl e Uil alla vigilia del G8 condannando ogni violenza. Poi, dopo i fatti di Genova, nella sede nazionale della Fiom a Roma Vittorio Agnoletto e Luca Casarini lanciarono la campagna d’autunno del movimento no global: scuola, immigrazione e difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Le stesse battaglie di Cofferati. Così, quando 100 mila persone hanno manifestato a metà gennaio contro la legge Fini-Bossi sull’immigrazione il Cinese era lì, silenzioso come sempre, ma applaudito come un vero leader. Riconoscimento arrivato poi da “Carta”, settimanale dei Social Forum.
«L’idea è entrare nel corteo con le nostre bandiere e la nostra identità, ma in quel mare di simboli sarà difficile distinguersi», dice il fiorentino Tommaso Fattori, che collega il Social Forum al movimento dei professori di Paul Ginsborg e Francesco “Pancho” Pardi. Due soggetti che si guardano a distanza, non si amano troppo ma provano a parlarsi. L’università di Firenze, qualche sera fa, ha ospitato un faccia a faccia tra Ginsborg e Agnoletto. Ma la vigilia è agitata dalla proposta di Pardi di riunire i movimenti che hanno dato vita all’incontro del Palavobis per mettere in piedi un coordinamento nazionale. Un’idea che non piace al popolo dei girotondi, geloso della sua autonomia.

Sullo sfondo resta Berlusconi, il nemico da battere. Nel governo prevale la linea dura, voluta dal trio Giulio Tremonti, Maurizio Sacconi (sottosegretario al Welfare) e Stefano Parisi, direttore di Confindustria. E Cofferati ripensa a quanto gli confidò il Cavaliere durante uno dei primi incontri: «Nel ’94 sono caduto perché avevo contro insieme sindacati e Confindustria. Questa volta non posso fare lo stesso errore». Dovendo scegliere, ha scelto D’Amato. Ma il Cinese non si fa impressionare. Dopo i fiori e i tamburi del 23 marzo avrà dalla sua anche Cisl e Uil, pronti per lo sciopero generale. E un popolo di militanti e elettori del centro-sinistra che non vedono l’ora di incoronarlo leader. Qualcuno già pensa al suo futuro. Si dice che Antonio Bassolino sia intenzionato a proporgli un seggio di senatore a Parma che la prodiana Albertina Soliani lascerebbe in caso di sua elezione a sindaco. Ma il Cinese, a scadenza mandato, giura di voler tornare a fare l’operaio alla Pirelli. «Vi ho mai raccontato balle?», sorride.

(da "L'Espresso", 14.03.2002)

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