Giorgio Bocca
Addio, Costituzione
Le offese alla Carta del '48, la voglia di riformarla ad usi propri sono una costante del centro destra, forse l'unico denominatore comune, il solo che rimetta assieme le sue contraddizioni

di Giorgio Bocca

 Si dice bipartisan e vuol dire la legge del più forte, la rassegnazione del più debole. Si dice dialogo, e vuol dire farsi mettere nel sacco dal più forte e magari astuto. Piovono gli inviti di intellettuali peggioristi come Ernesto Galli della Loggia e Angelo Panebianco a essere realisti. E vuol dire virare a destra, mettersi sulla rotta del regime che nasce, seguire la Thatcher, entrare nella "granitica alleanza" con l'America di Bush. E dall'alto del colle Quirinale scendono le esortazioni all'unione nazionale, molto apprezzate dal più forte e magari astuto.

Studiare questa nostra destra? Dialogare con questa destra? Uno dei fondatori del Mulino ha così risposto all'invito dei peggioristi: «Trovo poco realistico che i nostri mulinisti di centrodestra si facciano carico del livello miserevole di ispirazione democratica della Casa delle libertà». E anche si potrebbe aggiungere della turpe alleanza fra il secessionismo leghista e il nazionalismo neofascista.

Ciò che sembra sfuggire ai nostri bipartisan e dialoganti è che, "hic et nunc", non si tratta di fare dei vaghi discorsi sulla concordia nazionale e degli amichevoli scambi di opinione sulla globalizzazione, ma di difendere la Repubblica democratica nata dai partiti democratici espressi dalla Resistenza, proprio la "repubblica puttana" come la chiamavano i neofascisti oggi al potere. Si tratta di difendere la sua Costituzione.

Ebbene chi non ha delle fette di salame sugli occhi e gli orecchi tappati dovrebbe pure essersi reso conto che le offese alla Costituzione, la voglia di riformarla ad usi propri sono una costante del centro destra, forse l'unico denominatore comune, il solo che rimetta assieme le sue contraddizioni.

Nella Costituzione sta scritto che i poteri dello Stato sono autonomi, che l'esecutivo non può interferire sul giudiziario. Ma sono mesi, anni che il centro destra diffama la magistratura, ora descrivendola come una fazione di toghe rosse ora come un gruppo di persecutori: arrivando a sostenere che ladroni notori, corruttori emeriti, scialacquatori del pubblico denaro erano vittime del livore comunista e da farne i giudici dei giudici, degli esempi preclari da ricompensare con posti in Parlamento o nel governo. E prosegue il tentativo tenace e ossessivo di dividere la magistratura fra la maggioranza sana, intesa come quella che assolve i nuovi potenti, e la minoranza infame e demoniaca, che insiste a perseguire i colpevoli di reati comuni.

Nella Costituzione sta scritto che la scuola deve essere pubblica e laica, ma da mesi il centro destra, alleato con l'integralismo cattolico, la combatte e la indebolisce e delega un suo ministro, la Moratti, a rifare una scuola di classe.

Nella Costituzione sta scritto che la stampa è libera, per dire l'informazione in generale, ma un ministro del centrodestra, il brigadiere Gasparri, mette la museruola anche alla satira più innocua, minaccia libri bianchi sulle malefatte della Rai, coltiva lo spirito di delazione. Il controllo democratico fra poteri autonomi è sostituito dallo "spoil system", dalla caccia alle cadreghe, dalle minacce.

Nella Costituzione sta scritto che l'apologia del fascismo è un reato ma per il centrodestra fa parte di una comprensibile e magari apprezzabile nostalgia.

La Costituzione dice no a ogni guerra che non sia legittima difesa, ma la voglia di usare le guerre a fini politici, di proporsi come campioni delle "granitiche alleanze" ci obbliga a interventi da nessuno richiesti e magari penosi nella nostra povertà e inefficienza.

Il centrodestra ci restituisce anche le "opere del regime" vale a dire le grandi opere pubbliche a fini propagandistici e speculativi. Il capo del governo ha manifestato la sua delusione, il suo disappunto al ministro Lunardi perché «non gli procura delle "belle inaugurazioni"». Porti pazienza fra poco potrà inaugurare la riapertura del traforo del Bianco sempre a doppia corsia, sempre con una carreggiata di sette metri, sempre senza galleria di fuga indipendente, sempre con seimila Tir al giorno. Su per giù come nel marzo del '99 quando ci morirono trentotto persone.

L'Espresso 17.01.2002

BACK