LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                            giugno- dicembre  2001

 

Che il buon senso prevalga

di

                                                         SABRINA  PERRONE                                                           

Circa un mese fa, a soli poco più di cinquant’anni dall’epilogo della Seconda Guerra Mondiale, il mondo ha assistito impotente ad una tragedia che indubbiamente diverrà indesiderata protagonista dei futuri libri di storia. Risale, infatti, all’11 settembre 2001 l’attacco terroristico diretto alle Torri Gemelle di Manhattan e al Pentagono di Washington, un attacco tanto perfetto e “spettacolare”, quanto efferato, il cui ideatore e progettatore è il miliardario saudita Usama Bin Laden, il quale ha utilizzato per lo scopo proprio aerei civili americani pilotati da kamikaze, che si sono schiantati sui due suddetti obiettivi. Ritengo pressoché inutile descrivere le comprensibili conseguenze di un atto così disumano, di cui i media ci hanno comunque fornito ogni raccapricciante dettaglio, il cui orrore parla già da sé. Ad esprimere sentimenti di sgomento e indignazione, tra gli altri, anche la giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, italiana residente a Manhattan, che con un articolo scritto al “Corriere della sera”, rompe un silenzio di un decennio. Si tratta di un articolo dai toni forti e dirompenti, che non ha mancato di suscitare svariate polemiche. Definendo quanto avvenuto un’apocalisse, la Fallaci dice di essere <<arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale>>, una rabbia che prende subito di mira l’Italia, accusata prima di aver gioito dell’accaduto, considerato per alcuni “un riscatto politico anticapitalista”, poi di aver permesso e di continuare a permettere l’ingresso di stranieri, che non solo mettono in una situazione di precario equilibrio la ben definita identità culturale dell’Italia, ma che addirittura conducono <<una clandestinità che disturba, perché non è mite è dolorosa. E’ arrogante e protetta dal cinismo dei politici che chiudono un occhio e magari tutti e due>> nei confronti di potenziali inneggiatori a Bin Laden. Ad ogni modo, se tanta è stata la durezza e la severità manifestata dalla Fallaci nei confronti dell’Italia in maniera impetuosa e irruenta, non è stata da meno la veemenza e l’intensità della scrittrice stessa nel tessere le lodi dell’America:”l’America è un paese speciale”, dice, un paese che porta alto il nome della propria bandiera, un paese unito e compatto a tal punto da rispondere nel migliore dei modi alle disgrazie e al nemico. Particolari segni d'ammirazione, la Fallaci, li rivolge a Bush, al sindaco di New York Giuliani e a quegli operai che scavando fra le macerie delle due torri, pur consapevoli di trovare non più di qualche resto umano, dicevano:<<possiamo permetterci di essere esausti, ma non di essere sconfitti>>; ma soprattutto decanta le lodi di quei passeggeri che sono caduti sul bosco della Pennsylvania per evitare di fare schiantare l’aereo sulla Casa Bianca. La certezza più grande di O. Fallaci è che Bin Laden (i seguaci di Bin Laden sono decine di migliaia non solo in Afghanistan, ma ormai ovunque), se non fermato in tempo, convertirà noi occidentali, con le buone o con le cattive, all’Islam. A tal proposito, vorrei riportare un passo del suo articolo, la cui parafrasi non potrebbe renderne la corretta idea:<<E’ in atto una crociata alla rovescia…una guerra di religione. Una guerra che essi chiamano Jihad la Guerra Santa. Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio, forse, ma certamente mira alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All’annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare e non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci…Non capite o non volete capire che se non ci si oppone…se non si combatte, la Jihad vincerà?>>Nasce naturale un confronto fra le due culture e la stessa scrittrice sostiene di provare addirittura fastidio ne dover parlare di due culture, che, sempre a suo avviso, non è possibile porre sullo stesso piano, <<come se fossero due realtà parallele>>. Sono state affermazioni di questo tipo a  costarle l’appellativo di razzista anche negli anni precedenti. La prima cultura, quella occidentale, ricca sì, ma soprattutto con un gran passato culturale, grandi nomi e scienza all’avanguardia. E la seconda? Solo Maometto, il suo Corano e qualche moschea. Accusa addirittura le donne dell’Afghanistan di essere “scimunite” per il fatto di subire imposizioni tanto rigide (che tutti ben conosciamo!), dando quasi l’impressione –ma non è così – di non avere la minima idea del tipo di  regime cui devono sottostare. Ritengo opportuno, a questo punto, esporre il disappunto espresso da Dacia Maraini e da altri nei confronti di O. Fallaci, scorgendo in questo confronto ottimi spunti di riflessione. La Maraini rimprovera la Fallaci di incitare ad una guerra di religione, proprio quando lo stesso Bush, che lei ammira tanto, e il Papa stanno cercando di distinguere fra cultura islamica e terrorismo. A questo proposito, Chiara Valentini dice:<<Oriana hai evocato il razzismo latente degli italiani, ignorando ogni distinzione tra Islam e fanatismo, tra vittime e carnefici…Mentre il mondo sta dando la caccia ai terroristi, hai suggerito agli italiani la caccia agli immigrati>>. Ma torniamo alla Maraini, la quale tende, inoltre, a sottolineare che non sono stati gli islamici in generale a commettere la strage, ma persone con nome e cognome, e che non è giustificabile il fatto di <<criminalizzare tante persone che lavorano, pregano e portano avanti con dignità una già difficile vita di esilio>>. Non si può certo negare che tra queste persone siano arrivate a noi anche dei delinquenti, ma sarebbe iniquo non fare un’attenta distinzione fra giusti e ingiusti. La civiltà di oggi è un misto di culture diverse e paradossalmente le torri di Manhattan ce lo hanno dimostrato: nei grattaceli tra le altre migliaia di persone, sono morti, infatti, più di quattrocento musulmani! Inoltre NewYork, il luogo in cui la Fallaci ha scelto di vivere, è la città più multietnica del mondo, e certamente questo non significa “vulnerabilità”, e come ha scritto la Maraini <<sapere accogliere il “diverso” è una conquista, una forza, non una debolezza>>. Ma la cosa che ha dato più fastidio dell’articolo di O. Fallaci credo sia stata la famosa “comparazione fra civiltà”, comparazione che anche al nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è costata non poche polemiche. Il premio Nobel Umberto Eco si è largamente interessato dell’argomento in questione sottolineando che la sua maggiore preoccupazione riguarda soprattutto l’effetto sui giovani. Eco fa riferimento all’antropologia culturale, la quale tra le altre cose, ha come obiettivo quello di dimostrare che nonostante possano esistere logiche diverse da quelle occidentali, queste non vanno disprezzate, ne represse, senza tralasciare che proprio l’Occidente, soprattutto in passato, non si è comportato proprio esemplarmente con gli “altri”.<<Sono gli aspetti migliori della nostra cultura quelli che dobbiamo discutere coi giovani, e di ogni colore>> dice, <<se non vogliamo che crollino nuove torri…>>Sempre Eco porta un esempio, a mio avviso, molto esplicativo della questione, ricordandoci che gli arabi di Spagna erano molto ferrati in matematica, geografia, astronomia e medicina e tutto questo mentre il mondo cristiano era più indietro. Ma cosa significa ciò? Anche quando a Vinci nasceva Leonardo, a New York c’erano solo indiani, eppure oggi NewYork è il centro del mondo. Tutto questo non fa che rinforzare quanto sostiene la Maraini, che dice:<<ogni confronto fra culture è insensato…in quanto la civiltà è in movimento…non è inferiore un congolese perché va scalzo a pescare i pesci con la lancia e muore di AIDS a trent’anni.Qualcuno ci potrebbe raccontare che è una terra ricchissima, la sua, piena di diamanti e rame, è stata devastata, sequestrata e rapinata da chi aveva soldi e fucili, lasciando quell’uomo all’età della pietra. Ogni essere umano fa parte di un sistema di conoscenze e di opinioni più o meno sfortunate, più o meno vincente, ma sempre degno di vivere dignitosamente. Nel suo articolo O. Fallaci, come detto precedentemente, ha accusato più volte l’Italia di essere volutamente incapace di arrestare i tanti Bin Laden presenti nel nostro Paese, definendo in maniera poco felice e parecchio inquisitrice poliziotti, carabinieri, servizi segreti e funzionari di vario genere. La reazione di D. Maraini a queste affermazioni è stata subito quella di sottolineare che era proprio il Paese che lei ha tanto decantato, l’America a non accorgersi per primo di quanto stava accadendo, proprio perché <<il terrorismo è vile, vive di finzioni, si mimetizza, finge, inganna, si insinua, approfitta della buona fede e della libertà…>>, di conseguenza perché avrebbe dovuto accorgersene il nostro Paese? Tante altre affermazioni sono state contestate a Oriana Fallaci. Dopo la lettura del suo articolo mi è tornata subito alla memoria una frase da lei stessa scritta qualche anno fa:<<Su ogni esperienza lascio un brandello d’anima>>. Infatti, dietro ogni sua affermazione più o meno severa e intransigente, c’è il racconto di varie esperienze molto personali piuttosto negative, relative proprio a quella civiltà, che civiltà per lei non è. Indubbiamente non condivido questa sua arbitraria dichiarazione di non valore dell’altro, è l’unico giudizio che mi sento di dare; sulle altre cose, che forse necessariamente sarebbe quantomeno “politically correct” controbattere, non lo farò. La lettura, devo dire abbastanza coinvolgente di questi articoli e quindi di diverse opinioni, mi ha portato a rafforzare certe mie idee e convinzioni, ma ha anche contribuito a metterne altre in seria discussione. Proprio per questo ho ancora bisogno di “metabolizzare” il materiale raccolto nella maniera a me più congeniale al fine di avere un quadro più chiaro della situazione per provare a dare, sempre nei limiti del rispetto delle idee altrui, un giudizio di una certa coerenza, stando sempre bene attenta a non cadere nella “trappola” di un pensiero unico e totalizzante. Ognuno ha parlato in base alle proprie esperienze e non esperienze, in base a dei modi di fare che possono essere più o meno diplomatici rispetto agli altri, e sostenendo delle verità più o meno mirate e pungenti, ma pur sempre verità. A mio avviso, molto allarmismo nell’articolo della Fallaci, troppo poco in quello della Maraini, e se pur condividendo per molti aspetti quest’ultimo non posso fare a meno di pensare agli enormi rischi che questa guerra potrebbe comportare, augurandomi che il buon senso possa prevalere e che Dio possa indicarcene la via.  

SABRINA  PERRONE

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