I LINGUAGGI  

 

RELIGIONE 

DELLA 

 

                                                          

 

PROGETTO: I LINGUAGGI DELLA RELIGIONE

 DI

OLIVERI GIOVANNA-PRIOLA ANNA- RAMONDO TERESA

 

1.     PREMESSA

1.1    PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

“La religione intesa nella sua dimensione culturale e non dottrinaria, è tra gli altri, uno dei linguaggi educativi essenziali alla crescita individuale e di gruppo di tutte le menti critiche”(da Biblion, I.Licciardi).

Questo progetto si è sviluppato intorno alle tematiche che emergono dalla citazione sopra riportata, la quale ha destato in noi particolare interesse. Proprio in virtù del fatto che oggi la nostra società assume sempre più caratteristiche di complessità e multiculturalità, nasce l’esigenza di organizzare un tipo d’insegnamento religioso che non sia né settoriale né catechistico, che consenta di avvicinarsi alla conoscenza del gran patrimonio delle religioni storiche più importanti, senza le quali non si riescono a capire le varie culture con cui oggi veniamo a contatto. Con questa premessa il nostro lavoro, sarà quello di “scendere in campo”, in altre parole di indagare nelle istituzioni educative, il ruolo che viene ad assumere la religione all’interno dei processi formativi delle giovani menti.

Infine cercheremo di proporre soluzioni teoriche e didattiche con lo scopo di apportare un modesto contributo personale in vista di un formazione che abbia come solida base il concetto di legalità.

 

1.2    CENNI STORICI: dal PREDOMINIO DELLA CHIESA SULL’ISTITUZIONE SCOLASTICA ALLA SCUOLA LAICA.

Il Risorgimento e, in particolare, la “Breccia di Porta Pia” segnano la decadenza del potere temporale da parte della Chiesa: ciò è di rilevante importanza perché determina il venir meno del predominio della chiesa sull’istituzione scolastica. Tra gli altri motivi che hanno alimentato tali stravolgimenti ricordiamo, sicuramente, l’affermarsi del Positivismo, il quale aveva negato ogni valore alla metafisica e quindi al trascendente.

Nella prima metà del 900 la chiesa è protagonista di lente ma cospicue trasformazioni: la Chiesa si apre al sociale, accogliendo le voci della società stessa, rimanendo pur sempre legata da una parte alla tradizione cattolica. Solo dopo il Concilio Vaticano II, l’educazione non è più vista come un “diritto” della chiesa; si fa opera di collaborazione e il suo obiettivo fondamentale è visto nella formazione della persona umana sia in vista della sua formazione ultima sia per il bene delle varie società di cui l’uomo è membro. Nasce la scuola laica ed il mondo cattolico si anima di un pluralismo d’azioni educative che sono a più stretto contatto con la società civile e che svolgono in essa un ruolo di raccordo con i principi dell’etica e della politica cristiana.

 

1.3    LA RELIGIONE NELL’EVOLUZIONE DEI PROGRAMMI MINISTERIALI.

Nei programmi del 1923 è ignorata la personalità del fanciullo, ne consegue che anche le discipline di studio non hanno alcuna rispondenza agli interessi concreti dello scolaro. Nell’elaborazione di questi programmi, Gentile è stato sostenuto dalla chiesa perché aveva promosso l’insegnamento religioso come momento del “farsi” dello spirito universale.

I programmi del 1945 sono dominati da un forte sentimento di fraternità umana, tendono a dare una chiara visione dei problemi etici, che trovano sviluppo in ciascuna materia di studio, specialmente nella religione, nell’educazione morale e civile.

Nei programmi del 1955 la scuola educa le capacità fondamentali dell’uomo: essa ha come fondamento e coronamento l’insegnamento della dottrina cristiana, in tal modo assumevano una caratteristica confessionale, nel senso che s’ispiravano non solo ad una rigorosa ed unica concezione filosofica, ma anche ad una precisa confessione religiosa, quella cattolica.

Nei vigenti programmi stilati nel 1985 la scuola riconosce il valore della realtà religiosa, come un dato storicamente, culturalmente e moralmente incarnato nella realtà sociale in cui il fanciullo vive. La scuola si basa su principi religiosi quali:

·        Rispetto e garanzia della libertà di coscienza dei cittadini;

E’ bene ricordare che il nuovo Concordato del 1984 ha inteso ricomprendere e mantenere nelle scuole d’ogni ordine e grado l’insegnamento della religione. Si prevede quindi che, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, sia garantito a ciascuno il diritto o meno di avvalersi dell’insegnamento della religione. Nel Concordato dell’84” si stabilisce quindi, a differenza di quanto era stabilito nel Concordato del 1929-secondo cui l’insegnamento della religione era un opportunità offerta dalla chiesa, rimanendo però estranea all’istituzione scolastica ed alle relative attività formative- che l’insegnamento della religione concorre al perseguimento degli obiettivi formativi della scuola pubblica. Secondo il Concordato del 1929, l’insegnamento della religione era obbligatorio; con il Concordato dell’84” invece lo Stato si obbliga ad impartirlo, ma gli studenti possono scegliere di non avvalersene. L’insegnante però fa parte a pieno titolo del collegio dei docenti. Gli studenti che decidono di non avvalersi di tale insegnamento, durante quell’ora di lezione si limitano, per abitudine ormai generalmente invalsa, ad allontanarsi dall’aula.

Resta da disciplinare l’insegnamento delle religioni, reso quanto mai attuale in una società multiculturale e multietnica. Le premesse sono già state poste in accordi sottoscritti fra lo Stato italiano e altre confessioni religiose, si tratterà ora di tradurre tali intese nei curricula scolastici!

 

 

2.     LA NOSTRA ESPERIENZA!

 

Quando dopo  tante, tante, tante ipotesi finalmente abbiamo trovato l’ispirazione, abbiamo pensato bene di fare delle ricerche sul nostro campo d’indagine. Il nostro intento era quello di trovare dati statistici che ci consentissero d’individuare la percentuale degli alunni che nella scuola dell’obbligo e nella scuola media superiore non si avvalgono dell’insegnamento della religione a scuola.

Allora abbiamo ben pensato di far uso della posta elettronica, che sicuramente poteva farci risparmiare tempo nell’avere queste informazioni. Purtroppo non è stato così: l’E-mail spedita all’ISTAT contenente la nostra richiesta ha avuto un esito negativo, perché nei loro archivi non c’erano elementi che potessero aiutarci. Non convinte di ciò, diffidenti di quelle poche parole scritte, imperterrite abbiamo pensato di recarci di persona all’archivio dati dell’ISTAT. Ma il risultato è stato, haimè! un ennesimo fallimento! Un po’ scoraggiate ma ancor più motivate, abbiamo deciso di fare un’indagine direttamente sul campo, andando ad intervistare un insegnante della scuola elementare del nostro paese (Misilmeri).

Giunti nella scuola elementare “S. Traina” (martedì 8/5/01) abbiamo trovato tutti i bambini, seduti di fronte ad una statua della Madonna, che, per la festività della “Madonna del mese di Maggio”(festa molto sentita nel nostro paese), stavano recitando il Rosario. Colta l’occasione al volo abbiamo rivolto i nostri interrogativi ad una maestra, la quale ci ha spiegato che su 600 bambini, frequentanti quella scuola solo l’1% non si avvaleva dell’insegnamento della religione e che in quel momento tali bambini si trovavano in un’aula a giocare da soli (da soli??! Ci siamo chieste meravigliate).

Tra le motivazione elencate dalla maestra- per cui i genitori di questa minoranza avevano scelto di non far seguire ai loro figli la lezione di religione- la più frequente si riferiva alla paura che la maggioranza cattolica della classe potesse influire sul processo d’acculturazione dei loro bambini, trascurando in tal modo il contributo culturale che un giusto insegnamento religioso può offrire. La cosa che più ci ha meravigliato è stato, tuttavia, sapere che c’era una modesta percentuale di bambini evangelici che invece seguivano l’ora di religione (pur non recitando le preghiere) perché i loro genitori volevano dare la possibilità ai figli di fare una scelta più consapevole.

Conclusa la nostra ricerca ci siamo dirette alla Curia di Palermo, presso l’ufficio che si occupa di raccogliere i dati percentuali di coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento della religione a                                                                  scuola. Riportiamo i dati rilevati, relativi alla città di Palermo e provincia:

 

POPOLAZIONE SCOLASTICA E INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA

 

VALORI TOT.

MATERNA

ELEMENTARE

MEDIA INF.

MEDIA SUP.

TOTALE

Tot. Alunni scuola statale

1421

2068

19445

24070

47004

Avvalentisi IRC

1400

2021

18946

22607

44974

Non avvalentisi

21

47

499

1463

2030

% Avvalentisi

98.5%

97.7%

97.4%

93.9%

95.7%

%non avvalentisi

1.5%

2.3%

2.6%

6.1%

4.3%

 

 

DATI DISAGGREGATI

 

SCUOLA SUP.

LICEI

MAGISTRALI

IST.TECN.

IST.PROF.

ALTRO

Totale alunni

7032

359

6255

4171

6253

Avvalentisi IRC

6565

343

5762

3960

5977

Non avvalentisi

467

16

493

211

276

%Avvalentisi

93.4%

95.5%

92.1%

94.9%

95.6%

%Non avvalentisi

6.6%

4.5%

7.9%

5.1%

4.4%

 

 

 

ATTIVITA’ ALTERNATIVE

TOTALE

MEDIE

SCUOLE SUP.

LICEI

MAGISTR.

IST,TEC.

PROF.

ALTRE

Ditattiche e formative

18.7%

28.8%

14.8%

12.1%

0.0%

13.4%

19.8%

17.2%

Studio ind. assistito

13.5%

29.0%

7.4%

3.7%

0.0%

2.6%

0.0%

26.2%

Studio non assistito

32.8%

29.9%

33.9%

33.1%

68.8%

31.0%

42.6%

31.5%

Uscita dalla scuola

35.0%

12.2%

43.8%

51.1%

31.3%

52.9%

37.6%

25.1%

 

3.OBIETTIVI GENERALI                                                                                                               

 

A. Proporre la religione ai soggetti come un linguaggio culturale e non dottrinario: attuare un’insegnamento delle religioni come sviluppo di una problematica ideale che prescinda da questo o da quell’altro credo ed, invece, senta l’esigenza critica e razionale di completezza, abbracciando tutte le manifestazioni dell’uomo. Dunque la religione deve essere considerata al pari degli altri linguaggi educativi, che influenzano l’uomo sia nella costituzione delle sue strutture mentali, sia nei suoi comportamenti di vita, non dal punto di vista catechistico, ma culturale.                                                                                                                                                               

B.Coscentizzare i soggetti educandi della propria e altrui complessità: porre le condizioni affinché il soggetto sia in grado di pensare criticamente e di vivere positivamente il continuo cambiamento, perché individuo in fieri capace di osservare, guardare e riconoscere il sé dall’altro da sé.                                                                  

C. Formare identità flessibili e dinamiche nell’ottica della differenza: la categoria cui l’azione educativa deve far continuamente riferimento è quella della differenza, intesa come ricchezza e risorsa e non come mancanza od ostacolo.Diseducativo in tal senso è interrompere il dialogo fra soggetti educandi (questo avviene, quando gli studenti che non si avvalgono dell’ora di religione, lasciano la classe, non partecipando così allo svolgimento delle attività didattiche con il gruppo dei pari) i quali vivono la diversità come negatività, come un pericolo, poiché eccessivamente stigmatizzata.Invece il processo di crescita-trasformativo deve essere così efficace da confondere, ma non eliminare i confini della diversità, facilitando così la comunicazione.                                                             

D. Educare i soggetti al disfieri: puntare su un’educazione che permetta al soggetto di saper ascoltare, rendendolo pronto ad accogliere la trascendenza dell’altro e a valorizzare la proprio limitatezza, in virtù di questo emerge la necessità dell’educatore di stimolare nell’educando il bisogno di vivere la trasformazione continua di se stessa, attraverso la continua ricaduta nella crisi. Crisi che deve essere vissuta dallo stesso educatore, il quale attraverso il momento valutativo realizza un’autoanalisi del proprio processo d’insegnamento, momento importante che gli permette di modificare o no le proprie strategie educative e modo didattiche. In tale prospettiva l’errore viene ad assumere un nuovo significato: esso risulta essere un elemento formativo, perché momento del farsi del soggetto educando. Allora l’educatore non può, né ignorarlo, né evidenziarlo eccessivamente, il suo deve essere un silenzioso ritorno a ritroso nella ricerca e comprensione delle cause che lo hanno prodotto.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           4.FINALITA’.                                                                                                                                         

Partendo da quel che è il nostro punto di riferimento in questo progetto, cioè la valenza pedagogica della religione perché linguaggio educativo, la nostra proposta (a livello teorico) è che si realizzi un dialogo interreligioso. Affinché ciò si realizzi è necessario un maggiore lavoro, per far maturare nuovi atteggiamenti d’apertura e di nuova disponibilità, nei confronti delle diversità religiose.

C’è bisogno di invertire la rotta, di intraprendere cammini che educhino al noi, alla fratellanza vera.

In questo cammino, un ruolo incisivo è svolto dall’educazione alla convivenza democratica, che non può consistere nell’accettazione indifferente e passiva di valori e regole di condotta, ma presuppone consapevolezza e responsabilità.

Agire democraticamente, significa, infatti “PROGETTARE”, se intendiamo per democrazia un concetto culturale e non un concetto legato a posizioni ideologiche.

Democrazia è sinonimo dunque d’educazione, è possibilità di ascoltare e di farsi ascoltare nella piena libertà, che non è licenza, ma scelta consapevole che porti alla trasformazione culturale e politica della società.

 

5.LE NOSTRE ATTIVITA’ DIDATTICHE (attività propositive nella scuola elementare).

  Lo scopo delle attività che andremo a proporre è finalizzato a rendere consapevoli i soggetti educandi del valore formativo della religione, intesa non solo come momento di culto o di folklore, ma come sintesi di valori, che portino alla nascita di una sensibilità verso i grandi temi della fraternità e della responsabilità verso l’altro.

Compito di una scuola che utilizza progettualità e ricerca è di favorire lo sviluppo armonico e integrale della personalità d’ogni soggetto in formazione, perciò le sue proposte didattiche non possono trascurare l’interdisciplinareità.

 

IN CONCRETO………

A)MOMENTI DI SCAMBIO INTER-RELIGIOSO: organizzare vari momenti di rappresentazione teatrale, considerati momenti privilegiati di riflessione e di scambio fra culture, di valorizzazione della specificità di ciascuna religione.

Ad ogni bambino è affidato il compito di svolgere delle ricerche su una delle cinque religioni più diffuse ( islamismo, ebraismo, cristianesimo, induismo, buddismo).

Ciascun bambino dovrà portare in scena i caratteri tipici d’ogni religione: riti, usi e costumi, tradizioni religiose ….; in tal modo il soggetto ispirato da reciprocità e rispetto si accosterà con atteggiamento d’ascolto nei confronti delle altre realtà religiose, senza rinunciare alla propria, ma con l’esigenza di attingere ad un messaggio universalmente condivisibile, quello della fraternità e dell’accettazione reciproca.

Per realizzare tale attività, occorre l’ausilio di diverse discipline(geografia, storia, arte, musica)per il contributo che offrono nell’individuazione degli elementi che caratterizzano ogni religione.

 

B)TECNICHE LUDICHE: premesso che il gioco proprio per il carattere di coinvolgimento emotivo e di leggerezza, ha un’importante valenza sia a livello cognitivo sia a livello sociale, perché favorisce l’interscambio e il rispetto fra soggetti. Per cui occorrerà:

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