La riforma della scuola targata Moratti è quasi
pronta. I sei commissari della Commissione nominata il
17 luglio per proporre alcune correzioni di rotta alla
riforma Berlinguer-De Mauro, stanno mettendo a punto gli
ultimi ritocchi dopo mesi di sopralluoghi, indagini,
riunioni. La proposta sarà presentata il 19-20 dicembre
a Roma, dove si svolgeranno gli Stati generali della
scuola, un’invenzione mediatica del ministro per dare
enfasi alla svolta. Molti hanno lanciato l’allarme,
temendo una grande svolta restauratrice. Ma le
informazioni raccolte da “L’Espresso” vanno in
un’altra direzione.
OTTO PIÙ QUATTRO. Dopo una scuola materna di tre anni,
i ragazzi affronteranno un ciclo primario di otto anni,
diviso in quattro bienni uguali per tutti, alla fine dei
quali è previsto un esame di Stato (quello attuale di
quinta elementare è abolito). La scelta tra scuole
professionali e licei avverrà a 14 anni, esattamente
come oggi. Le scuole superiori saranno ridotte a quattro
anni, e gli studenti, quindi, potranno iscriversi
all’università un anno prima rispetto a oggi. Gli
indirizzi delle superiori dovrebbero restare in gran
parte simili a quelli attuali, e saranno studiati dei
meccanismi per consentire agli studenti di passare dal
filone professionale a quello liceale, e viceversa.
L’idea di creare un liceo classico di cinque anni
(notizia rilanciata da numerosi giornali) per rinforzare
il suo ruolo chiave nella formazione della classe
dirigente, non è mai stata in realtà presa in
considerazione. Il classico durerà quattro anni,
esattamente come gli altri.
Su un punto i sei commissari insistono: i due canali di
formazione (licei e istituti professionali) non dovranno
essere rigidamente distinti, come invece prevede il
modello tedesco. Al contrario, le superiori dovranno
essere un “sistema integrato” (come aveva proposto
Berlinguer) con la possibità di passare da un canale
all’altro durante il percorso formativo.
LE PRESSIONI DI AN. Ma siccome la commissione non può
fornire un progetto chiuso di riforma, ma un ventaglio
di opzioni, qui sorge il problema più delicato. Il
modello “8+4” (otto anni di scuola di base e quattro
di superiori) rischia di scatenare la dura opposizione
di Alleanza nazionale, che si è già più volte
schierata per un liceo di cinque anni. Allora i sei
commissari hanno deciso di lasciare aperta l’opzione
alternativa del modello “6+6” (sei anni per la
primaria e sei per le superiori). L’importante,
dicono, è che la scelta della scuola da fare avvenga
non prima dei 14 anni e che quindi i primi due anni
delle superiori siano “orientativi” e uguali per
tutti (esattamente come nella riforma concepita da
Berlinguer). C’è chi fa notare però che il “6+6”
ha una controindicazione di base: le superiori
incomincerebbero a 12 anni e, pur prevedendo un biennio
uguale per tutti, sarebbe difficile impedire una scelta
precoce tra tipi di scuole diverse. Questo, quindi, si
configura come il punto più delicato di tutto il
progetto.
in classe fino alla maggiore età. La commissione della
Moratti è invece unanime nel voler portare, fin da
subito, l’obbligo scolastico a 18 anni. Con
un’eccezione: i ragazzi che proprio non ne avranno più
voglia potranno smettere a 17, utilizzando un abbuono
concesso per aver frequantato i tre anni di materne. Ma
andiamo avanti.
ESAME DI AMMISSIONE. Alla fine delle superiori (a 18
anni) tutti gli studenti (sia quelli usciti dai licei
sia quelli diplomati alle professionali) potranno
scegliere tra l’università e gli Istituti di
formazione tecnica superiore (Ifts). Ma l’accesso non
sarà del tutto libero: per entrare sarà necessario
superare un esame di ammissione. Niente numero chiuso,
solo un test per verificare se i giovani hanno
sufficienti conoscenze di base per affrontare il corso
di studi scelto. Difficilmente un diplomato uscito dalle
professionali supererà l’esame di ammissione a
Lettere antiche. Chi sarà respinto potrà seguire un
corso di recupero che durerà da due mesi a un anno. A
tenerlo saranno i docenti in soprannumero dei licei,
rimasti senza cattedra per la riduzione di un anno delle
superiori.
Per elaborare questa proposta i sei commissari (Giuseppe
Bertagna, Norberto Bottani, Giorgio Chiosso, Michele
Colasanto, Ferdinando Montuschi e Silvano Tagliagambe)
hanno svolto quattro diverse consultazioni. La prima è
stata una lunga serie di audizioni dei più importanti
esperti di scuola. La seconda è stata un’indagine
commissionata all’Istat su un campione significativo
di 8 mila insegnanti italiani con domande
dettagliatissime sulle eventuali ipotesi di riforma. La
terza è stata la visita degli stessi commissari a 36
scuole italiane in tre aree del paese: Piemonte,
Lazio-Abruzzo e Sicilia occidentale. La quarta: una
lettera con dieci domande inviata a 150 destinatari
privilegiati.
Alla fine di questo faticoso percorso è emersa la
proposta descritta in queste pagine. A ben guardare, si
tratta di un progetto complessivo che, se non verrà
ritoccato a sorpresa nelle prossime settimane, somiglia
assai più alle strategie dell’Ulivo che a quelle del
Polo.
(L'Espresso, 23.11.2001)
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