LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                              giugno-dicembre  2001

 

BASTAVA COLPIRE I FANATICI E NON GLI INNOCENTI

di

M. Rita Buccafusca 

Mi succede molto spesso, quando ho un’immagine in mente, che dopo un po’ di tempo questa si affievolisca, che tenda a diventare sempre meno chiara, sfocata.

Eppure, le sequenze d’immagini di quel martedì 11 settembre io le ricordo bene, e questo non perché da quel momento ci hanno proposto tante volte quei filmati, ma perché quelle immagini così crude, così terribili, hanno lasciato un’orma così solcata nel cuore di tutti noi che sarà veramente difficile poter dimenticare.

Ricordo chiaramente che quel martedì di un mese fa io non ero a casa, ero in ufficio, eppure quella notizia mi è giunta diretta e partecipata.

Dalla strada si sentivano baluginare delle voci, dapprima incomprensibili, poi a poco a poco sempre più chiare: “ UNA DELLE TORRI GEMELLE E’ STATA ABBATTUTA” dicevano.

Questa notizia lasciò me ed i miei colleghi senza parole. Non capivamo come, non capivamo quando, né tanto meno perché.

Poco più tardi, essendo giunta a casa, il primo impulso è stato quello di accendere la televisione.Sono rimasta sbalordita, non riuscivo a credere ai miei occhi.

Purtroppo, e questa è una cosa risaputa, noi giovani, ed io in particolare, non amiamo troppo seguire le notizie del telegiornale, e questo ha contribuito maggiormente al fatto che io non capissi il motivo di quel terribile gesto.

Mi sembrava assurdo che qualcuno avesse potuto fare un affronto simile, non solo all’America, ma a tutto il mondo.

Eppure l’hanno fatto!

Mi stupisce a dire il vero, che la Fallaci, dopo un lungo “letargo” di dieci anni esordisca con uno scritto in cui il popolo italiano viene ad essere, per comune reazione, per comune manifestazione di gioia (come lei stessa dice), un tutt’uno con i popoli islamici.

La sua è un’ubbia infondata.

Nessun italiano ha provato gioia nel vedere quei palazzi crollare. Magari, non tutti ne saranno stati totalmente coinvolti (ognuno ha una propria emotività), ma di sicuro nessuno di noi ha gioito né tanto meno si è mostrato indifferente.

Come avremmo potuto?

Se potessi parlare con la Fallaci, allora le consiglierei di cambiare informatori, perché, a quel che vedo, le arrivano delle notizie del tutto infondate.

Le direi, vuol sapere realmente cosa è successo qui da noi cara Oriana?glielo dico narrandole in due parole ciò che io ho vissuto in prima persona a Palermo, ma penso di poter dire, con molta sicurezza, che hanno vissuto tale situazione molti italiani e probabilmente più di quanto lei pensi.

Ho udito dapprima un coro di voci che ha ricoperto come una spessa cortina la nostra città. Tutte ripetevano, come se fosse una nenia, la stessa querula frase: “In America... una strage... mio Dio è terribile”.

D’improvviso ognuno di noi si è rintanato dentro le proprie ossa, ed è rimasto li, ad ascoltare il dolore di tutto il mondo, con gli occhi compunti ed il cuore piccolo piccolo, come soppresso da una possente mano di ferro. Così, cara Oriana, la città è affondata nel silenzio più profondo.

Quel silenzio, le posso assicurare, ha avuto più senso delle mille e più parole che avremmo potuto dedicare all’America in segno di lutto e dolore partecipato.

 

Nonostante il gran danno arrecato all’America in ogni modo, non penso che per questo si debba muovere una guerra all’intero popolo islamico.

Sarebbe assurdo colpire la molteplicità per arrivare ai pochi.

Sarebbe assurdo, come dice la Maraini, “non distinguere i giusti dagli ingiusti”.

Benché io creda in ogni caso che quest’azione terroristica sia stata veramente assurda, atroce e spietata, non riesco tuttavia a colpevolizzare del tutto i giovani kamikaze morti anch’essi l’undici settembre.

Questo, non perché, sia chiaro, io giustifichi il loro agire, ma perché sono convinta che se ad un bambino insegniamo, fin da piccolo a legger e scrivere, questo da grande saprà leggere e scrivere.

Se dovessimo, come gli antichi Spartani, istruirlo nell’arte della guerra (sempre che di arte si possa parlare), questo da grande sarebbe sicuramente un valoroso combattente, così come diventano dei kamikaze quegli uomini che fin da piccoli sono stati abituati ad essere sempre pronti a tutto, anche a morire, in nome di quelli che credono essere degli ideali.

E’ per questo motivo che sono convinta che per risolvere questo problema, probabilmente, bisognerebbe andare alle radici di quella che è la loro tradizione.

Ma cambiare la cultura, le tradizioni, quelle che noi chiamiamo radici di un popolo è tuttavia possibile? E ancora mi chiedo, sarebbe realmente giusto? E giusto per chi, per noi, per loro?

Non so...

In ogni caso comunque non mi sembra che l’America, (che la Fallaci dipinge e descrive come l’unica vittima) abbia fatto un gioco diverso da quello portato avanti da quei pazzi che hanno preparato l’attacco terroristico.

Già, infatti, con la copertura di voler distruggere le basi militari dell’Afghanistan, lo sappiamo bene, sono stati uccisi moltissimi civili.

Allora mi chiedo, questo cos’era, un errore o una celata (solo apparentemente) vendetta?

Un errore non credo proprio visto la grande esperienza americana in ambito militare.

Devo dire che questa serie di “incidenti” mi ha particolarmente infastidito, perché l’America da paese che io vedevo come supremo, come inattaccabile, fortissimo e all’avanguardia, ha dimostrato senza mezzi termini di condurre lo stesso gioco di Usama Bin Laden e dei suoi complici.

Seguendo la formula "occhio per occhio e dente per dente" l’America ha dimostrato di abbassarsi agli stessi livelli di quella cultura che qualcuno ha definito primitiva.

Sinceramente, non mi aspettavo questa reazione, non mi aspettavo che il presidente Bush prendesse questa decisione e che gli americani, spinti solo da spirito di vendetta, potessero approvarla.

Punire i colpevoli era giusto, ma era corretto punire solo loro.

Colpire i fanatici e non gli innocenti, questo è quello che avrebbero dovuto fare.

M. Rita Buccafusca

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