NOTE E DOCUMENTI

“biblíon”                                                                                                                                                              giugno-dicembre  2001

il Progetto Pilota “Istituzioni e territorio” promosso dalla Provincia Regionale di Trapani, ideato dall’Associazione “Livio Monaco”  

di 

Luisa Genna

Insieme ad una crescita economica e sociale, il nostro paese negli ultimi anni ha conosciuto anche terribili realtà di emarginazione. Ci sono forme di emarginazione che potremmo definire moderne, come la difficoltà sociale e culturale a capire l’omosessualità, o l’ignoranza che porta all’isolamento dei sieropositivi; ma accanto a queste forme, ne esiste una a mio avviso più grave, se così si può dire, perché colpisce persone indifese: quella verso i portatori di handicap.

L’handicap in medicina ed in psicologia è considerato come ritardo nello sviluppo o nell’uso di una determinata funzione fisica o psichica che colpisce un individuo e che lo condiziona.

A livello internazionale, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella dichiarazione dei diritti degli handicappati del 9 dicembre 1975, sancisce: <<il termine “handicappato” designa ogni persona incapace di garantirsi per proprio conto, in tutto o in parte, le necessità di una vita individuale e/o sociale normale, in ragione di una deficienza, congenita o no, delle sue capacità fisiche o mentali>>.

La reazione della società opulenta e consumistica, di fronte a chi, presenta problemi di questo tipo, è sempre più frequentemente di chiusura. Per fortuna, non esistono solo persone indifferenti, c’è un rovescio della medaglia anche nell’atteggiamento dei cittadini di fronte all’emarginazione. C’è anche una fetta di popolazione che si batte, si mobilita, si adopera a lavorare duramente per dare conforto, aiuti concreti, solidarietà a chi ne ha bisogno.

E’ proprio in quest’ottica che ha preso le mosse il Progetto Pilota “Istituzioni e territorio” promosso dalla Provincia Regionale di Trapani, ideato dall’Associazione “Livio Monaco” (da sempre sensibile e vicina a tali problematiche) sita in Mazara del Vallo (TP) e attuato in 6 Comuni della suddetta Provincia (Alcamo, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Marsala, Trapani,  Pantelleria).

Il Progetto si è rivolto a minori disabili e/o disagiati; ha voluto sensibilizzare e coinvolgere le Istituzioni ad una presenza fattiva sul territorio dando esempio di funzionalità; e ha anche messo in evidenza che le famiglie non devono essere più considerate “oggetti” di previdenze, ma soggetti di iniziative.

Quanto detto, con i dovuti paragoni, è applicabile alle famiglie che hanno in casa figli disabili. Infatti mentre tendono fortunatamente ad aumentare gli interventi preposti dalle Istituzioni per la “cura”, fin dove possibile, del disabile in strutture adatte, spesso manca un’opera di accompagnamento e di sostegno alla famiglia quando ha termine il momento di “cura” e il disabile torna a casa. Questi interventi, proprio perché pubblici, devono sottostare a regole ed orari che non sempre coprono tutti i bisogni delle famiglie; di conseguenza esse si trovano spesso costrette a “risolversi il problema” da sole.

Quindi la L. 285/97, trampolino di lancio di tale Progetto, da’ anche l’opportunità di “coordinare” l’azione delle Istituzioni in un unico obiettivo; pertanto il minore residente nella Provincia, “deve sentirsi parificato” e non discriminato o svantaggiato.

Le attività del Progetto erano articolate in 4 giorni settimanali per 4 ore pomeridiane, si espletavano nei locali di alcune Scuole Medie Statali ubicate nei Comuni suddetti e sono proseguite per circa un anno.

L’equipe operativa per ogni Modulo era formata da varie figure professionali quali un sociologo, uno psicologo, un pedagogista, uno psicomotricista, un insegnante isef, due animatori, due assistenti igenico-sanitari e due autisti con mezzo proprio.

Il sociologo, responsabile del Modulo ed anche suo coordinatore,  raggruppava tutte le schede personali dei soggetti disabili, nonché la loro diagnosi funzionale fornita dall’A.S.L. competente e, concordando con gli altri Professionisti Settoriali, determinava la tipologia e le modalità d’intervento. Da questa analisi iniziale, dal colloquio con le famiglie dei potenziali fruitori del Progetto e in particolar modo dalle osservazione dirette effettuate sul minore disabile, nasceva un progetto personalizzato su di esso che periodicamente in itinere veniva verificato, valutato e dove necessario modificato o rielaborato.

Le attività previste, oltre a quelle di carattere professionale sanitario, sono state le seguenti: a) lezioni di recupero didattico (attività didattica di base, potenziamento delle capacità logico-cognitive); b) psicomotricità (regolarizzazione della scrittura, attività grafico-motoria); c) animazione di gruppo, per una migliore socializzazione ed interazione tra gli utenti e tra gli utenti e gli operatori; d) attività ludica mirata (simulazione, puzzle, manipolazione di materiali quali: didò, das, plastilina ecc.., creazione di lavoretti caratteristici in occasione delle festività tradizionali ecc…); e) attività laboratoriali (computer, carta, stoffa, legno, cucina ecc….); f) esercizi ginnici (ginnastica correttiva, attività sportive antagonistiche).

Inoltre un congruo contributo per il conseguimento degli obiettivi prefissati è stato dato dall’intervento, previsto da progetto, delle ONLUS presenti sul territorio (ippoterapia, idroterapia, musicoterapica, recitazione, laboratorio fotocineottica). Infatti grazie alla loro competenza e professionalità sono riuscite, in tutto o in parte, a far emergere nei minori disabili delle potenzialità latenti.

Sono state altresì effettuate alcune escursioni in parchi e riserve naturali presenti sul territorio; i fruitori del Progetto, insieme alle loro famiglie,  hanno sperimentato in tal modo momenti di socializzazione a contatto con la natura circostante. Hanno anche usufruito, in tali circostanze, della guida e delle spiegazioni di alcuni membri del W.W.F. che li hanno seguiti attuando pure momenti di animazione, contribuendo in tal modo alla loro crescita sia  relazionale che cognitiva.

Diversi sono stati a mio parere i benefici ed i vantaggi che il minore fruitore delle attività progettate ha potuto trarre; oltre a quelli in precedenza detti ha potuto occupare proficuamente il tempo libero post-scolastico che è diventato in tal modo un mezzo per socializzarlo, ma anche per riabilitarlo ed invogliarlo verso altri valori che vanno dallo stesso minore scoperti o riscoperti. La frequenza, lo sport, l’antagonismo, l’affetto e l’organizzazione hanno rappresentato per lui un nuovo modo di intendere la vita.

Hanno inoltre beneficiato delle attività legate al Progetto le famiglie coinvolte nel fenomeno sociale dell’handicap e del disagio, che hanno vissuto sia momenti di coinvolgimento in alcune fasi di intrattenimento assieme ai loro figli, sia di momenti di serenità familiare con la consapevolezza, forse provata per la prima volta, che i loro ragazzi erano seguiti e orientati da personale altamente competente.

Ed è proprio per questo che soprattutto i nuclei familiari hanno espresso notevole delusione e disapprovazione quando il Progetto, e per decorrenza dei termini stabiliti e per esaurimento dei finanziamenti, si è concluso.

Alla luce di quanto sopra esposto è auspicabile una ripresa quanto più celere possibile del suddetto Progetto al fine di vincere fin dall’età giovanile, quel tipo di sfiducia nella Istituzione, che oggi è molto radicato nella nostra gente e che la fa vedere un “nemico” che ostacola le proprie iniziative.

Dott.ssa Genna Luisa

(Sociologo- Modulo Marsala)

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