Cara Oriana, hai tradito te stessa.
Lettera alla Fallaci che col suo pamphlet sul “Corriere della Sera” ha evocato il razzismo latente degli italiani, ignorando ogni distinzione tra Islam e fanatismo, tra vittime e carnefici

Lettera di ChiaraValentini                                                  

 Cara Oriana, forse perché da ragazza mi appassionavano quelle tue sfide ai grandi del mondo che erano poi la sostanza delle tue famose interviste, o anche perché avevo avvertito il coraggio doloroso che avevi dimostrato esponendoti in modo tanto lacerante nella tua “Lettera a un bambino mai nato”, la lettura del tuo pamphlet sul “Corriere della Sera” mi ha lasciato stupefatta. Così stupefatta che mi è servito qualche giorno per riprendermi. Stupefatta anche dalle reazioni tutto sommato rapide e superficiali che gli opinionisti che contano ti hanno riservato sui giornali, considerandoti forse una specie di mostro sacro un po’ invecchiato che è bene lasciar sfogare, una specie di anziano D’Annunzio in gonnella ormai rinchiuso nel suo Vittoriale,a cui non si nega qualche licenza letteraria.

Io credo invece che tu vada presa terribilmente sul serio. Non solo perché, nonostante i tuoi 10 anni di silenzio, sei ancora nella testa di moltissimi uno dei più grandi giornalisti dei nostri tempi. Ma perché hai messo le mani, con il fiuto e con l’irruenza che ti contraddistinguono, in un fondo limaccioso dell’identità italiana, in un insieme di cattivi sentimenti che ci accompagnano dalla nascita della nostra nazione. Parlo dell’insofferenza per ogni genere e tipo di “diversi”: dai meridionali che ancora fino all’altroieri il Nord laborioso bollava come “terroni” fino a quegli immigrati che con molto ritardo rispetto ad altri paesi europei sono diventati le ombre silenziose della nostra convivenza distratta e consumista.

Di fronte a una tragedia enorme come gli attentati suicidi e a un pericolo reale e incombente come l’estremismo islamico, hai messo in moto un meccanismo pericoloso, proprio rivolgendoti al nostro fondo più irrazionale. Hai voluto ignorare ogni ragionevole distinzione che certo conosci perfino meglio di molti di noi fra organizzazioni integraliste e paesi arabi moderati alle prese con i giganteschi problemi della mondializzazione, fra fede e fanatismo. Mentre il mondo sta dando la caccia ai terroristi, hai suggerito agli italiani la caccia agli immigrati. È contro di loro, contro questo esercito utile ma certo anche fastidioso di venditori di borsette falso-Prada, di manovali edili, di domestiche a ore che hai scatenato il tuo talento di polemista. “Loro”, hai sostenuto, non hanno niente a che vedere con gli emigranti italiani che dall’inizio del Novecento avevano fatto le loro valigie per l’America o per altri paesi europei dove,secondo te, erano richiesti e addirittura desiderati (anche se poi, come sappiamo perfino dai libri di scuola, la realtà è stata molto meno idilliaca). “Loro” sono i protagonisti di un’invasione clandestina, che disturba perché non è “mite e dolorosa” e perché è fatta di esseri umani che qualche volta hanno perfino osato farsi vedere per le strade a rivendicare qualche diritto (ma possibile che tu abbia potuto dimenticare che proprio la democrazia americana ci ha insegnato il valore civile di questi comportamenti?).

Ma dove proprio mi sei sembrata un’altra da te stessa è quando parli di questi immigrati che tanto poveri non devono poi essere,se arrivano in gommone pagandosi 10 milioni di viaggio. Se tu non fossi la grande giornalista che sei si potrebbe sospettare che confondi la tragedia di innumerevoli donne, uomini e bambini che muoiono affogati al termine dei famigerati viaggi della speranza con gli svaghi dei croceristi a prezzo fisso.

perché la mondializzazione li spinga nel nostro Occidente sempre più opulento non è problema che sembra interessarti. Quei miserabili che mettono in gioco la vita sui boat people del 2000 sono comunque colpevoli. Allo stesso modo sono colpevoli, anzi “scimunite” le donne dei paesi islamici che accettano di non andare a scuola e di ingabbiarsi nel burka o nel chador. Sono forse le affermazioni che più mi hanno fatto tristezza. L’Oriana dei miei ricordi sarebbe andata a fare queste contestazioni ai capi del Gia algerino o al mullah Omar. Le avrebbe cantata in faccia ai carnefici, non se la sarebbe presa con le vittime.

Ma l’Oriana di oggi ha altri pensieri per la testa. Guarda la cupola del Brunelleschi e i piccioni di piazza San Marco, sogna un’Italia barricata nel suo cattolicesimo e nella sua italianità. E non importa se la popolazione invecchia e nessuno vuol più spazzare le strade o assistere anziani e bambini, rinchiudiamoci fra noi,visto che “la nostra identità culturale non sopporta ondate migratorie”: mentre tu, dopo tanta lezione, te ne resti nei multietnici Stati Uniti.

“Mi odieranno per aver scritto la verità”, prevedi nel tuo scritto, “mi accuseranno di essere razzista”. A me sembra che tu abbia fatto qualcosa di peggio. Mescolando citazioni culturali e ricordi professionali, imprecazioni e invettive, hai portato alla luce la nostra parte peggiore, hai evocato il razzismo latente degli italiani. E, facendolo, hai tradito prima di tutto te stessa.

“Finalmente abbiamo un nuovo Montanelli”, si è entusiasmato qualche lettore. Si sono dimenticati la moderazione e l’umanità del grande Indro, perfino dopo che era stato ferito dalle Brigate Rosse. Hanno rimosso la serena dignità con cui aveva concluso la sua vita. Ti auguro, cara Oriana, di riuscire a trovare, nel futuro, lo stesso equilibrio e la stessa forza. 04.10.2001

da "L'Espresso"

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