LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                               giugno-dicembre  2001

 

“Punti di vista su un martedì mattina”

Impressioni e commenti sull’intervento di Oriana Fallaci in merito agli eventi dell’11 settembre nella Grande Mela

di 

Laura Mannello

 

L’undici Settembre dell’anno 2001 tutto il mondo ha assistito impotente ad un evento inaspettato, un evento devastante, sotto ogni punto di vista. Molti sono rimasti allibiti, come se improvvisamente un cortocircuito avesse fatto esplodere la loro quieta casa, frantumato la loro abitudinaria e illusoria vita tranquilla. Altri, come me, si aspettavano che prima o poi il mondo luccicante, d’oro e cristallo, che avevamo costruito avrebbe mostrato anche la sua fragilità. Così la pensa anche Oriana Fallaci, che dopo dieci anni di silenzio ha deciso di scrivere la sua testimonianza sui fatti accaduti proprio nel quartiere in cui vive. Oriana Fallaci esprime tutto il suo disprezzo e la sua rabbia per un “popolo” così incurante dei valori umani, intollerante ed ottuso. Secondo il suo parere è una guerra di religione, poiché proprio in nome di questo Dio crudele, i figli di Allah “puniscono” il mondo occidentale, ed in special modo l’America, per il suo “scabroso” ed inconcepibile stile di vita. Nonostante io ammiri il suo coraggio, dimostrato dicendo sempre apertamente ciò che pensa, mi trovo in disappunto col suo pensiero. Così come Chiara Valentini e Dacia Maraini, nonostante l’ammirazione nutrita nei suoi confronti, non trovo corretto generalizzare il comportamento di alcuni (anche se tanti) a tutti i musulmani. Soprattutto perché non credo sia veramente la religione il motivo che spinge, gli autentici mandanti di questi atti terroristici, ad incitare il popolo islamico contro l’occidente, programmando le atroci operazioni di “guerra santa”. Quella contro il terrorismo è realmente una guerra, ma in quanto tale non ha nulla di santo, da nessuna delle due parti. Il Corano promette il paradiso ai kamikaze, dicono, ma non penso sia così. Credo che l’errore di fondo sia confondere chi muore mentre combatte per difendere la patria, con chi muore in “nome” della patria (o Dio). Come i crociati che uccidevano e devastavano in nome di Cristo. C’è una differenza sostanziale che però non può essere colta dalla popolazione, perché lasciata nella disperazione e nell’ignoranza da chi invece ha gli strumenti per poterla comprendere e tuttavia diffonde queste “incomprensioni religiose” perché fa comodo ai suoi scopi. Osama Bin Laden ed i suoi collaboratori più stretti sono ricchi e potenti, hanno armamenti e conoscenze, ma soprattutto un’istruzione attinta proprio da quel mondo occidentale che vogliono distruggere. C’è da chiedersi perché un uomo che decide di studiare e poter così imparare dal Passato a non commettere certi errori (almeno così io vedo chi si accosta alla cultura) decida poi di distruggere quelle civiltà solo perché professanti altre religioni. Ecco che forse la risposta sta proprio nell’eliminare la falsa “giustificazione” religiosa, sostituendola con la classica, vecchia, egoistica motivazione di potere.

Oriana Fallaci ripensa “all’invasione” dei profughi islamici nella sua terra, l’Italia, a suo parere fatta con l’arroganza e la prepotenza di chi vuole conquistare il potere di restare e comportarsi come a casa sua, ma con meno rispetto proprio perché non lo è. Credo che lo stato d’animo di Oriana Fallaci, parlando di chi si è mostrato intollerante e ostile verso il suo modo di pensare, abbia alterato la sua obiettività. Impedire a terroristi e delinquenti di entrare in Italia, non significa chiudere la porta ad un popolo disperato che sfugge ad una morte certa, per guerra o fame. Proprio il nostro scetticismo ci ha portato all’ostilità verso chi viene a chiederci aiuto e l’effetto è altra ostilità. Un circolo vizioso da cui si esce con il coraggio di “rischiare” la nostra illusione di distacco da ciò che non conosciamo e temiamo (ciò non significa che dobbiamo accogliere tutti nel nostro Paese, diverrebbe invivibile). Se ripensassimo alla nostra storia, senza andare troppo lontano, potremmo richiamare alla mente la seconda guerra mondiale, citata dalla stessa Fallaci nell’articolo, ed all’ospitalità dell’America nei confronti dei profughi europei. Cosa avrebbero fatto se le frontiere fossero state chiuse?

L’America fu vincitrice della guerra anche dal punto di vista “umanitario”, ma proprio quando fu tutto finito commise, a mio parere, un atto prevaricatore nei confronti della libertà di quel mondo islamico che oggi la minaccia, cioè la decisione di concentrare gli ebrei superstiti in un territorio già occupato da questo popolo, che reagì come un leone ferito dal cacciatore che vuole solo la sua pelle per sport. L’America dovrebbe prendere coscienza che proprio la sua politica di decidere-sempre-su-tutto-e-tutti l’ha messa in questa posizione scomoda. Oriana Fallaci parla del patriottismo americano, della sua grande forza e solidarietà con le vittime. Anch’io ammiro il modo in cui hanno affrontato la situazione, ma come Dacia Maraini credo che il dolore non abbia una bandiera, anzi penso che il patriottismo, anche se nato da un ideale positivo, sia nocivo. Il patriota difende la sua terra a costo della vita, ma la difende da chi? Da cosa? Il vero nemico dell’uomo è l’uomo stesso! Se c’è qualcosa da difendere, c’è qualcuno che vuole portartela via. Trovo che gli americani, pur essendo molto tolleranti verso le diverse culture, covino nell’animo vecchi rancori, non verso un popolo o una religione, ma verso chi non li accetta. L’America nacque dagli “scarti” europei emigrati in questa terra ignota, che poi depredarono e violentarono le civiltà esistenti, a mio avviso progredite ed equilibrate, caratteristica sconosciuta ai “civilizzatori” europei. Il solo modo per riscattarsi da questa fama di terra senza memoria e senza onore è essere più forte degli altri, per schiacciare chi si mette contro. La fortuna dell’America fu l’essere patria di menti illuminate come George Washington ed Abramo Lincon, i padri fondatori del riconoscimento delle libertà dell’uomo, citati decorosamente anche nell’articolo di Oriana Fallaci. Tuttavia, la loro filosofia “Tutti gli uomini sono uguali” diventa un’arma a doppio taglio, se male interpretata. Gli uomini non sono uguali, sono simili. Hanno pregi e difetti, sentimenti e pensieri, ma essere tutti in grado di pensare non significa pensare tutti allo stesso modo. Ignorare le diversità è pericoloso quanto evidenziarle. L’America è famosa per la sua tolleranza, ma tollerare non è comprendere l’altro, non è rendersi conto che non c’è un modo giusto o sbagliato di vedere le cose, ma che è solo diverso. Ciò che rimprovero agli americani è di sentirsi superiori, di voler decidere per tutti ciò che è giusto e ciò che non lo è; non lo trovo corretto nei confronti degli altri popoli. Non è poi così diverso dal voler imporre il proprio stile di vita, ha solo una scusante più razionale e “comprensibile”. Ciò che farei io nei panni di Bush è lanciare una bomba che investa tutti i Paesi islamici, ma che, invece di uccidere, abbia l’effetto di addormentare profondamente per qualche giorno. Al risveglio si ritroverebbero tutti legati e imbavagliati. A quel punto gli mostrerei i lati positivi di quelle civiltà che vogliono distruggere. Cercherei di spiegargli, nella loro lingua, che non esiste nessun motivo valido perché una delle due parti soccomba in una guerra sanguinosa e devastante. Troverei un compromesso fra la nostra cultura e la loro, non come alternativa alle nostre vite, ma come ponte in cui incontrarsi, senza rinunciare alle proprie identità. Forse li convincerei a togliere i paraocchi che gli impediscono di guardare aldilà del naso, facendogli comprendere l’importanza d’imparare reciprocamente dall’altro, per far crescere le nostre civiltà, senza prevaricazione su una delle parti. E poi li lascerei liberi di decidere. Sono ancora convinta che la loro ostinazione nasca dalla mancanza di conoscenza di un modo alternativo di pensare, causata dall’ignoranza in cui regna la popolazione media islamica. Pensare che gli arabi vantano una storia di lunga data, fatta da scienza e ingegno, ma i capi islamici preferiscono tradire le loro radici culturali piuttosto che rendere istruito il popolo. Possono così indirizzarli a loro piacimento come tante pecore, se invece pensassero con la propria testa diventerebbero pericolosi. Gli promettono il paradiso, ma forse nessuno sa realmente cosa è scritto in quel libro sacro che mettono avanti come uno scudo per qualsiasi critica o contraddizione. E’ facile mostrare ciò che si vuole, se nessuno sa che le cose stanno diversamente. Se tutti gli islamici possedessero gli strumenti intellettuali per comprendere il significato delle loro azioni ed i motivi che i reggenti del potere gli propongono per andare a morire, provocando stragi di massa, sarebbero loro stessi, a mio avviso, a debellare il male del terrorismo. Oltretutto, noterebbero anche il dislivello economico che c’è tra il loro paese povero ed i fondi miliardari che i loro capi si tengono stretti in un conto di una banca svizzera, alla “faccia loro”! La ribellione coinvolgerebbe di sicuro anche le donne che, contrariamente a quanto sostiene Oriana Fallaci, non sono ancora coscienti che questo non è il solo destino delle donne; non saprebbero in quale altro modo vivere, anche se potessero scegliere, cosa che non è, come sottolinea Chiara Maraini.

L’articolo di Oriana Fallaci è però un ottimo spunto per aprire un dibattito sulla questione, partendo proprio dalle sue considerazioni, ma come educatore non potrei sostenere l’indisposizione verso questo popolo, nè contro qualsiasi altro. I fanatici esistono in ogni cultura o religione, ma non per questo bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Non considero razzista Oriana Fallaci, ma la diffidenza, magari giustificata, che prova verso gli islamici, li fa apparire ai suoi occhi come una “razza”, non come delle persone differenti che hanno in comune la religione. Il Passato dovrebbe, ormai, aver insegnato questa lezione, ma forse dobbiamo ancora assimilarla. L’educatore ha un compito fondamentale, una “missione”: insegnare ai cittadini del futuro ad essere “Esseri Umani Liberi Pensatori”, non più pupazzi in mano a miliardari egoisti squilibrati. L’educatore deve insegnare la storia dell’essere umano e mostrare la via per cambiare il mondo. Deve insegnare le diversità dei popoli come “varietà del mondo”,  senza creare pregiudizi o paure infondate; culture differenti che collimano nell’essere umano. L’errore degli islamici di Bin Laden è di voler costringere tutti ad essere come loro. L’errore del popolo americano è di pensare che la libertà e la tolleranza significhino ignorare le differenze, come se tutti gli uomini siano “uguali”. L’errore è, fondamentalmente, simile; non accettare che il concetto di popolo deve superare le barriere fisiche e culturali, per diventare un unico grande popolo: gli” Esseri Umani”! Che, vivendo a tanti chilometri di distanza, ha usi e costumi diversi in ogni parte del mondo, ma che in fondo ha un unico valore comune: essere felice. E non quella felicità futile, fatta di piaceri ed egoismi, ma quella forza vitale che ti porta a migliorarti e a migliorare il mondo, senza prevaricare l’altro per raggiungere questo scopo. L’Umanità è come un bambino che si accinge ad entrare nell’adolescenza. Ancora molto immatura, trascinata dalle passioni (a volte fuochi di paglia) e confusa dai dubbi che assalgono quando s’intraprende la strada della crescita. Aver capito l’importanza della tolleranza (almeno in alcuni paesi) è già un passo avanti, ma il passo successivo è liberarsi dal pensiero comune di tollerare gli altri, quasi fosse un segno di pietà verso chi non è alla nostra altezza. E’ qui che entra in gioco l’educatore coscienzioso, che prendendo per mano l’Umanità, come un padre amorevole sostiene il bimbo che muove i primi passi, insegnerà all’uomo del domani a formulare un proprio personale pensiero, facendo attenzione che sia costruttivo. L’unico modo per diventare cittadini del mondo è applicare questo metodo formativo in ogni parte del Globo (come ci fa notare Umberto Eco), così che non vi sia un monologo unilaterale, ma un dialogo interattivo fra tutte le culture della Terra, in modo uniforme. Non importerà più la lingua o la religione, se non come radici storiche. Essere soltanto Uomini. Senza “prede” o “predatori”!  

Laura Mannello

  BACK