LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                               giugno-dicembre  2001

 

Conoscere il mondo arabo

di 

Francesco Fenech

 

Alla luce di quanto letto, sull’articolo di Oriana Fallaci, pubblicato sul “Corriere della sera”, pochi giorni dopo gli attentati di New York e Washington, posso trarre dalle sue parole, numerosi elementi di discussione e poter comunicare il mio punto di vista.

Di una cosa sono certo: dall’undici Settembre è cambiato qualcosa, non dico tutto, ma qualcosa; in quanto passeggiando per la mia città, non vedo nella gente questo cambiamento “netto”, di cui si parla. Questa mia affermazione è però è frutto di una visione solo apparente e superficiale del mondo. Devo quindi evidenziare che bisogna “guardare” nel cuore e nella mente delle persone, di ognuno di noi e poi dire se veramente è stato segnato un cambiamento d’epoca (e forse si). Anche per quanto riguarda le condizioni di vita, le abitudini, le consuetudini; per esempio prendere un aereo non è più come prima..

La prima cosa che noto subito dopo la lettura dell’articolo, è sicuramente un forte sentimento di rabbia, (e sfido chiunque a non averlo provato almeno per un secondo, alla visione di gente innocente che muore, di gente che disperata e rassegnata dice le ultime parole care e piene d’amore ai familiari) comprensibile, ma che piano piano sfocia in orgoglio, forse eccessivo; rivalsa, forse inutile e fuori luogo. Dico “forse” perché evidentemente, la scrittrice Oriana Fallaci ha qualcosa dentro che fa scattare in lei ciò. Bisogna quindi indagare cosa ha vissuto, cosa ha visto, cosa le è capitato, per poter risalire alle radici delle sue affermazioni dure, (anche se non le giustifico). Scorrendo i punti “caldi” di commento, mi soffermerei subito sugli orrendi festeggiamenti di alcuni arabi e palestinesi, alla notizia degli attentati negli Stati Uniti. Confesso, che alla visione di tanta felicità di queste persone, ho provato un senso di “vuoto”, di vacuità, di solitudine, incredibile, perché non avevo mai visto una cosa del genere, durante la mia giovane vita. Uomini che urlano e gioiscono impazziti alla visione di uomini che muoiono in quel modo. !Non ho provato subito rabbia, perché vorrei proprio “scavare” nei loro cervelli, per scoprire il perché di questa gioia: ci sarà un perché! E i perché ci sono, ci devono essere, affinché possiamo capire. Forse perché sono americani? Non possiamo fermarci su questi ostacolucci, ma indagare oltre, alla ricerca di quel sentimento di bene innato, (secondo me) che l’uomo ha, e farlo riemergere. So che è facile a dirsi, ma non a farsi, ma proviamo. Oriana Fallaci, critica il fatto che gli Stati Uniti e l’occidente in genere, permettono liberamente agli arabi di accedere al sapere scientifico, universitario, tecnologico, informatico, multimediale, di fargli frequentare corsi di specializzazione ecc., che spesso stanno alla base della pianificazione di un attentato terroristico. Sì, è vero che il terrorista è colui che spesso è laureato, colto, sa usare la “tecnologia”, che vive negli USA o in Europa da anni, e che è quindi tra noi. Su ciò siamo d’accordo in linea teorica; ma che fare? Chiudere la porta a tutti gli arabi del mondo? Chiuderci nel “riccio” dell’egoismo misto a paura e affilare gli aghi? No, non è questa la strada da percorrere, perché ci comporteremmo da tipico regime totalitario e intransigente, cioè contrariamente agli stessi principi su cui si fonda l’occidente stesso: democrazia e libertà; ossia individualità, originalità, pluralità, diversità, possibilità di fare, dire ecc. Non possiamo cadere in questa trappola, né tanto meno rinunciare ai nostri principi, frutto delle nostre conquiste e dei nostri progressi. Non dimentichiamo che l’altro, che le diversità, sono ricchezze, valori da non confondere e mischiare con un volto, con un nome e cognome e generalizzarlo a tutti gli arabi, in questo caso. Il terrorista non è l’islam, ma è una persona con un nome e cognome, che bisogna fermare e porlo davanti ad un tribunale. Come fa Oriana Fallaci a porsi contro milioni e milioni di arabi? Così indistintamente? Applicando queste terribili generalizzazioni? Le parole della scrittrice mi fanno venire in mente la figura di un occidentale, che cammina per strada e si “guarda” continuamente a 360° “armato” e con gli occhi spalancati, per fare attenzione al musulmano, che comunque è cattivo. Beh, è un po’ eccessivo, ma comprendo in parte ciò, perché un pizzico, quello giusto, quello psicologico, io definisco, di paura c’è. Non si può negare; ma seguendo le istruzioni della Fallaci sarebbe impossibile vivere. Ci vorrebbe un po’ di equilibrio, anche se so che è difficile trovarlo. Una cosa è vera: ogni piccolo gesto, rumore, azione o comportamento, che si allontana anche leggermente dai canoni normali, ci spaventa, ci incute timore, non è più percepito come prima, tutto è ingigantito, guardato male e spesso travisato. Dopo l’undici settembre però, penso sia normale. Lo so, la tensione è alta, i rischi quadruplicati, ma cerchiamo nel limite del possibile di rispondere a queste paure e rimandarle al mittente, mandarle a coloro che in emanazione e diffusione da paure e terrore, sono esperti. Gli USA, in questi giorni, stanno rispondendo in maniera straordinaria, ai tragici eventi dell’undici settembre, con manifestazioni di patriottismo, veramente ammirevoli e spontanei. Condivido con la Fallaci la critica all’Italia, riguardante l’unità e lo spirito di unione del nostro paese. In questi momenti non dovrebbe esserci maggioranza e opposizione, ma lo stato, il parlamento, uno! La nazione e il popolo unito, che pur nelle sue individualità deve rispondere all’unisono, dietro una bandiera, mettendo da parte egoismi, rivalità, sciocchezze, che ci ridicolizzano e ridimensionano sul piano internazionale. Contro un nemico del genere, contro il nemico invisibile c’è da stare uniti, perché solo così potremo sconfiggerlo. Ricordo che l’obiettivo di questi attentati è anche quello di creare disordini politico-amministrativi, non mostriamoci divisi, non chiudiamoci nelle nostre barricate. Da qui non si scappa: bisogna unirsi. Non ci si può svegliare un giorno e sferrare un così duro attacco alla civiltà, pur ammettendo errori che gli Stati Uniti e l’Europa hanno commesso nel corso della storia. Non si può in questo modo! Bisogna reagire, alzare la voce , ma non come indica la Fallaci in maniera totale, indiscriminata, incitando tutti a guardarsi in “cagnesco”. Reagiamo con intelligenza , colpiamoli in maniera mirata, sotto l’aspetto economico da un lato, ma anche militare dall’altro. Però sempre con molta attenzione, stando attenti ai veri colpevoli, non a tutto l’islam. La scrittrice afferma: <<le moschee italiane traboccano di mascalzoni e complici di Bin Laden>>. Sì, ve ne sarà qualcuno, ma ripeto per l’ultima volta che non possiamo affrontare e gestire il problema in questi termini. Non nascondo la mia perplessità per le parole di cordoglio espresse da alcuni leader dei paesi arabi, verso gli USA, in quanto, dubito sulla loro sincerità. È un cordoglio reale, sincero, solidale, condiviso? O sotto se la sghignazzano e pensano: ”agli americani gli sta bene?” Forse non potremo saperlo realmente, ma pensiamo con fiducia verso gli altri. In particolare mi trovo in difficoltà nel dare il mio giudizio su Arafat. C’è chi avvisa a gran voce, che è il primo terrorista; c’è chi invece chi lo “inquadra” come persona equilibrata, che dialoga. Chi credere? Chi è realmente? È un personaggio molto misterioso comunque; su questo non c’è dubbio. Soffermandomi alla descrizione di quel tragico giorno a New York, di Oriana Fallaci, penso spesso e tra me dico:<<è forse il prezzo che l’occidente deve pagare? È forse tutto “scritto” da qualche parte che dovevamo, che dobbiamo, che dovremo patire negli anni a venire l’onda di questi fanatici appartenenti al mondo islamico?>>. Queste domande mi tormentano e mi rigirano nella mente. Non so se meritiamo tutto ciò. Sarà il corso della storia? Alcune persone avevano profetizzato che ci sarebbero state delle “crociate” al contrario; ossia il fatto che l’islam riverserà la sua rabbia e la sua potenza verso l’occidente. Sarà vero? Però mi chiedo:<<perché questo sentimento di rivalsa dell’islam o almeno di alcuni fanatici musulmani?>>. Bisognerebbe scoprire questo aspetto interessante. Andando oltre vorrei spendere alcune parole sul presunto confronto tra le due culture. Oriana Fallaci a mio modo esalta in maniera esagerata la cultura greco-romana, esalta i grandi pensatori, scienziati, inventori, eroi, musicisti dell’occidente e dell’Italia, ponendoli su un piano di assoluta superiorità, rispetto alla cultura orientale. Non dimentichiamo che anche la cultura orientale è millenaria e fondamentale; ha anche i suoi eroi, musicisti ecc. Non possiamo cancellare ciò e alzare muri. Anche la loro cultura ha dato un fondamentale contributo alla storia dell’umanità. Insomma tutti abbiamo bisogno di tutti e tutto! Abbiamo il dovere assoluto di tentare una, io credo; possibile INTEGRAZIONE, nell’ottica, non della semplice e superficiale tolleranza, ma in un’ottica più grande, più matura, direi di “COMPRESENZA NECESSARIA” (come sostiene il prof. Aurelio Rigoli, (codificatore della giovanissima scienza etnostorica). Compresenza che è superamento della semplice tolleranza, come atteggiamento attivo, di incontro, di programmazione, interculturalità. Solo così io la vedo autentica e possibile. Però confesso che in questo progetto “vedo” molti nodi, che stanno alla base: il primo è il fatto che condivido con Oriana Fallaci, che noi non abbiamo la presunzione di andare in Pakistan o in Arabia Saudita e issare tende, o fare comizi cristiani, cantando “Salve Regina” a squarciagola. Mentre loro sì; e guai se noi andiamo nei loro paesi non ci atteniamo alle loro ferree regole, altrimenti si offendono. Ma attenzione: concediamo loro spazi per potere esercitare le loro funzioni, perché ciò è giusto. Il rispetto verso loro, deve anche essere ricambiato da loro verso noi. Che senso avrebbe il rispetto unidirezionale? Come si può cominciare un dialogo (che io avverto necessario) se loro non mostrano rispetto per tutti? Queste sono premesse importanti, per preparare le fondamenta di un dialogo. Comunque io esorto tutti al contrario della Fallaci, all’apertura, alla fratellanza. E ci chiudessimo anche noi, sarebbe la fine o anzi l’inizio di qualcosa, di un meccanismo più grande di noi che ci travolgerà, e chissà dove andremo a finire. Incontriamoci! Costruiamo ponti! Sì! Continuamente, perché chi incontra l’altro, cresce, migliora, e l’orizzonte cambierà, i nostri obiettivi cambieranno! Faremo più strada insieme. Nel omento in cui però, notassi che la mia cultura, la mia arte, la mia musica, i miei costumi e modo di vita e in generale l’occidente, fosse seriamente minacciato, giuro che non saprei come reagire. Non saprei cosa sarebbe giusto fare o come comportarsi. Certo non potrei lasciare la mia cultura in balia di pazzi e fanatici, che urlano ALLAH-AKBAR (è orrendo l’accostamento dei due termini pronunciati a gran voce durante l’uccisione di presunti “infedeli”) e che sono sicuri che dopo gli attentati avranno un posto di riguardo in Paradiso al fianco di ALLAH. Ma allora sorge spontaneo:<<chi è Allàh, un Dio? Così? No, non potrei credere che Allàh voglia morte. Penso che Allàh sia amore, fratellanza. Quindi, da dove vene questo “vento” della JIHAD che (secondo alcuni) travolgerà tutto? Sono sicuro che l’obiettivo della JIHAD è quello di eliminare la civiltà, convertire gli infedeli o ucciderli senza pietà, finché si raggiunga ad una piena attuazione dell’ISLAM, che possa regnare sovrano nel mondo. Questi progetti mi provocano un senso di inquietudine, perché mi chiedo:<<l’islam mi odia?>>.Giorno dopo giorno si fa forte in me, l’idea che quegli aerei scagliati contro le torri gemelle e il pentagono e l’occidente in generale, siano stati scagliati anche contro Israele, contro i tentativi di pace, di negoziazione tra ebrei e arabi, contro ogni iniziativa di convivenza pacifica tra le due confessioni, ma anche contro i paesi arabi moderati e più aperti. Che la chiave di tutto sia Israele, la Palestina, la Terra Santa? Che la chiave del più grande problema che affligge l’umanità, sia chiusa nella terra in cui visse Gesù? Dove oggi vi si trovano le tre più grandi religioni monoteiste: Cristianesimo, Ebraismo e Islamismo? In questo “oceano” di confusione e incertezza che c’è in me e forse in tanti, trovo un elemento, che mi dà un po’ di sollievo: BIBBIA, CORANO, TORAH; parlano dell’unico Dio che penso sia amore, pace e che insegna fratellanza! In questo mio intervento, come si vede, vi sono moltissime domande e quesiti che io mi pongo; e sottolineo, che non potrebbe essere altrimenti, poiché senza una conoscenza almeno sufficiente (ma occorrerebbe approfondita) della religione musulmana, del complesso mondo arabo e di tutto l’islam, non posso, non possiamo spingerci a giudizi e critiche che sarebbero senza fondamenta. Sento quindi la forte esigenza di conoscere, quanto più posso in generale e in particolare il mondo islamico, altrimenti i miei giudizi saranno sempre pieni di “forse”, “probabilmente” e “punti interrogativi”. In conclusione, se volessi dare ad un immaginario gruppo di ragazzi o giovani, elementi per la riflessione di queste vicende, li inviterei a conoscere meglio il mondo arabo e poi proporrei le mie domande e i miei “forse” e le poche certezze, da cui poter fare partire una analisi che favorisca pluralità di idee e soluzioni. Penso che in questa facoltà sia necessario studiare e conoscere il mondo arabo nelle sue diverse componenti.  

Francesco Fenech

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