BIBLION-TECA: LE FICHES DI CONTENUTO E BIBLIOGRAFICHE

“biblíon”                                                                                                                                                              giugno-dicembre  2001

Brevi considerazioni su “l'Italia agli albori della storia”.

di

Francesca Paola Licciardi

Riguardo all'origine della storia dei primi popoli che hanno abitato l'Italia e a tutte le vicende accadute fino a prima dell' VIII a.C., nulla può essere asserito per certo.

Si ripropone, pertanto, il problema della tradizione antica: l’arrivo dei popoli dall'esterno o l’autoctonia?

Il Pallottino tratta tale argomento, descrivendo le varie teorie via via formulate -e susseguitesi nel tempo- fino all'ultima, la più recente dagli inizi del XX secolo.

Per la tradizione classica, l'origine della storia dei popoli d'Italia era sempre stata conseguenza di un avvenimento esterno "istantaneo" e prodigioso, come quello dell'arrivo di un eroe d'oltremare, di una fondazione, di una rivelazione divina o d’altro.

         Dopo che il padre della filologia storica Teodoro Momsen, riguardo alle leggende sulla fondazione di Roma, scrisse che "la storia deve sgomberare il terreno di tutte le favole che vorrebbero apparire storia, mentre non sono altro che poco ingegnose invenzioni", gli storici e gli archeologi, pur escludendo ogni leggenda e tradizione antiche, non potevano ugualmente sottrarsi all'idea dell'<inizio> di un evento determinante, da cui far derivare l’origine etnica dell'Italia, e lo identificarono con l'invasione preistorica di "Italici" indoeuropei.

Focalizzando la nostra attenzione sul concetto -asserito nel XIX secolo- dell'unità linguistica di vari popoli, si è riusciti a trovare una comunanza di cultura tra popoli dispersi -e quindi, per la legge di Kossínna che sostiene che "ogni cultura preistorica deve corrispondere ad un popolo diverso"- e diversi.

Dal principio di una stretta parentela originaria consegue, così, quello di un luogo originario e di un momento determinato per l’arrivo di detti popoli nelle sedi abitate in epoca storica.  L'apparire di una lingua corrisponde, tra l’altro e sempre, all'arrivo di un popolo; da qui, l'idea di vaste migrazioni preistoriche e, in particolare, la teoria di un’invasione indoeuropea nell'Italia preistorica.

Nel caso dei primi decenni del XX secolo, una corrente di studiosi si orientò nel volere riaffermare e rivalorizzare l'importanza del più antico fondo di popolazioni preistoriche dell'area italiana rispetto alle supposte invasioni nordiche dal continente.

Diverse scoperte, verificatesi in Sicilia e nell'Italla centrale, andavano dimostrando che, in Italia, lo sviluppo della civiltà del bronzo –periodo, in cui erano state individuate le ondate migratorie- non aveva rappresentato una frattura, rispetto alle precedenti culture neolitiche ed eneolitiche. Si era, inoltre, scoperto che si erano avute maggiori influenze esterne in Italia, provenienti dalle civiltà del Mediterraneo e, soprattutto, da quella cretese-micenea, fiorita nel II millennio a.C.

In seguito all'affermarsi della teoria dei substrati linguistici, per via dei numerosi elementi pre-indoeuropei mediterranei, riscontrati nelle lingue italiche, si giunse a credere in popolazioni primitive dell'Italia che non erano state sommerse dalle civiltà che ne avevano invaso i territori, ma che avevano concorso al formarsi dell'ethnos italico.  A tal proposito, l'antropologo Sergi teorizzò l’idea della “razza mediterranea”.  Si vennero a creare, pertanto, due teorie opposte e contrastanti: quella detta degli invasionisti, che sosteneva l'apporto nordico, e quella detta degli autoctonisti, che si fondava nella priorità culturale mediterranea.

In seguito a studi e scoperte più recenti si è ricostruita, oggi, una realtà preistorica fondata su origini più complesse rispetto a quelle precedentemente teorizzate che si confutavano l'una con l'altra, per non intaccare la logicità delle tesi.

Oggi, elementi caratterizzanti di entrambe si sono integrati in un'unica teoria che riafferma la validità di una civiltà mediterranea pre-indoeuropea, integrandola con gli apporti esterni delle ondate migratorie dei popoli del Nord, avvenute in un secondo tempo: ciò, perché si è scoperto che le fasi di passaggio dall'età del bronzo a quella del ferro, in Italia, sono state determinate dall'origine del rito funerario dell'incinerazione, la cui diffusione, in territori sparsi di culture e stirpi diverse, presuppone una civiltà mediterranea preesistente, anche se l'adozione progressiva di nuove idee religiose e costumanze rituali è da collegare a spostamenti di popoli invasori.

Francesca Paola Licciardi

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