LA VOCE DEGLI STUDENTI

“biblíon”                                                                                                                                                            giugno-dicembre  2001

 

SIAMO TUTTI SOTTO LO STESSO CIELO

di DOMENICO FIORE

 

Non ho avuto mai il piacere o dispiacere, di leggere alcun libro della Fallaci, dato che vorrei prima assaporare la collezione di classici latini e greci che tanto mi sta costando (in termini economici).

Coloro che la conoscono descrivono la scrittrice come una coraggiosa paladina della giustizia, una Robin Hood schierata contro i potenti e a favore dei diritti dei più deboli.

Niente a che vedere con l’autrice dell’articolo apparso sul corriere della sera, poco dopo l’attentato terroristico alle Torri gemelle di Manhattan.

A me piace pensare alla savana, dove un leone ferito se ne sta accasciato cercando di riprendere le forze che lo abbandonano.

Mi piace pensare a ciò che il leone farebbe davanti al suo dolore, se leccarsi le ferite e farsi aiutare dagli altri animali, suoi “sudditi”, oppure tormentarsi nella propria solitudine sbranando chiunque osi avvicinarsi per aiutarlo.

Nella mia breve vita ho compreso una verità assoluta e cioè che il dolore e la malattia spesso volte sono dei grandi educatori, forse i più grandi.

Chi si trova in questo stato si accorge all’improvviso di quanto sia piccolo e impotente davanti all’immensità della vita, di quando il gigante che prima camminava orgoglioso per le strade della città, abbia in verità i piedi di argilla.

Il dolore fa comprendere che la vita non ci appartiene e l’unico obiettivo degli esseri umani è dare il meglio di sé, sempre a tutti, con amore e dedizione assoluta, lasciando una buona impronta sulla nuda terra.

Non è forse il dovere degli educatori, i quali modestamente e con grande altruismo cercano di dare alle “ nuove leve “ quei profondi valori morali e civili, fondamento della nostra civiltà.

La Fallaci mi appare come quel leone ferito che si è rinchiuso dentro se stesso, escludendo ed escludendosi dal mondo, rifiutando ogni interscambio di idee e sentimenti per alleviare il proprio dolore.

La malattia ha portato la Fallaci a dimenticare l’importanza della solidarietà, sprofondando il suo spirito in un cupo medioevo,gelido e senza speranza.

Proprio gli attentati di New York hanno messo in luce il valore di virtù come la speranza, l’altruismo la dedizione al prossimo.

Se è questa la Fallaci che per dieci anni ha scelto di non scrivere più per non mescolarsi con

“l’immondizia” del mondo, penso che sarebbe stato più costruttivo per tutti se il suo isolamento letterario si fosse prolungato ancora per molti anni. Del resto nessuno al mondo in questo triste momento storico aveva bisogno di leggere un tale scempio di rabbia, razzismo e assolutismo patriottico.

In ogni parola del triste scritto, si è schiacciati fisicamente dal suo cieco e menzognero nazionalismo, per nulla diverso dal fanatismo islamico, quello stesso fanatismo che sta portando centinai di uomini ( perché di uomini si sta parlando, nonostante tutto ) a bruciare la propria vita e quella di migliaia di innocenti in nome di una religione e di un dio fasulli.

Se poi è vero, come spesso si dice, che anche le parole possono uccidere, allora la Fallaci si può considerare una terrorista della parola.

Le sue parole infatti uccidono ogni solidarietà verso i cosiddetti “ diversi “ e dice il vero la Valentini quando sostiene che la giornalista ha suggerito agli italiani la caccia agli immigrati.

Il suo finto patriottismo vuole difendere una nazione che benché colpita tristemente al cuore, non può apparire al mondo come patria di valori, diritti e libertà.

Sembra che la Fallaci non abbia frequentato nessuna scuola, poiché avrebbe certamente letto nei libri di storia come gli americani abbiano sempre e solo fatto i propri interessi, fregandosene delle altre nazioni.

Non dimentichiamo la tristemente famosa tratta degli schiavi così come è assurdo pensare che in america il razzismo non esista, poiché ancora oggi le discriminazioni razziali sono un fenomeno sotto gli occhi di tutti ( pensiamo ai fatti di Los Angeles ).

La verità è che siamo tutti sotto lo stesso cielo, vittime  e carnefici, poiché la ruota della storia gira sempre.

Basterebbe solo pensare che gli “ altri “ siamo noi, metterci al posto di colui che stiamo sfruttando e facendo soffrire.

La sfrontata difesa dell’America condotta sistematicamente dalla Fallaci non fa onore alla causa americana ma la avvilisce facendo trionfare la menzogna.

E’ una bugia anche considerare martiri quei poveri sfortunati presenti nei quattro aerei dirottati e nei due grattacieli, altrimenti in Cielo non ci sarebbe più posto dove mettere tutti questi santi.

Martire è colui che decide volontariamente ed eroicamente di sacrificare la propria vita per salvare quella di un altro uomo, ma a noi risulta il sacrificio dei soli passeggeri dell’aereo schiantatosi in

Pennsylvania, tutti gli altri sono solo vittime del caso, della sfortuna, come è vittima chi viene investito da un automobili mentre attraversa la strada o ucciso da un proiettile diretto ad un altro.

Eroi sono davvero i pompieri che nelle due torri hanno impressionato il mondo per il coraggio e la dedizione con cui salivano gli interminabili gradini che li separavano dalla morte.

L’America è una nazione forte, ricca e potente ma il prezzo di questa gloria lo pagano e lo pagheranno sempre tutti quegli uomini sfruttati, umiliati e condannati a vivere qualche mese o qualche anno, con la sola colpa di calpestare un suolo troppo ricco per loro.

Chiederei agli Indiani d’America, gli unici che possano considerarsi veramente americani, cosa pensino dei grandi Padri Fondatori descritti così santamente dalla nostra giornalista, cosa ne pensino dello sterminio a cui sono stati sottoposti per il fatto di essere dei “pellerossa”, di abitare un suolo troppo grande nel quale doveva passare il grande “ Cavallo di ferro “. 

Come giustamente sostengono la Valentini e la Maraini  l’emigrazione dei nostri connazionali come quella di tanti poveri sventurati costretti ad inseguire il sogno americano, non perché chiamati ma per fame, non è stata poi così idilliaca.

Con quale coraggio si può puntare il dito su quei poveri disperati che affollano ma non imbrattano le nostre strade vendendo le loro cianfrusaglie, sui “ ricchi “ immigrati, che possono permettersi un viaggio di diecimilioni rischiando la vita e sbarcando sulle nostre spiagge con gli occhi di chi la morte la conosce bene.

La Maraini afferma giustamente che non si può fare di tutta l’erba un fascio, non tutti i musulmani sono dei Bin Laden pronti a farsi saltare in aria. Altrimenti facciamo il giuoco di quei razzisti che considerano tutti i siciliani mafiosi per colpa di qualche assassino senza scrupoli.

In ogni popolo, razza, nazione vi sono dei cittadini esemplari e dei criminali incalliti, e come sostiene la Maraini sono questi ultimi e solo loro a dovere essere scoperti, processati e condannati, come è stato fatto in Italia per le brigate rosse.

Il confronto fra culture è insensato, com’è assurdo paragonare un uomo con la pelle chiara ad un altro che invece ce l’ha scura o di qualsiasi altro colore.

Siamo realmente figli dello stesso Dio, ha sostenuto Papa Wojtyla, e Dio non ha un colore.

L’Americano vero non esiste, poiché quella nazione è formata da uomini di svariate nazionalità e tutti insieme hanno contribuito a fare dell’America uno stato che si sforza di perseguire quegli ideali che sono innati nel cuore di tutti gli uomini.

Io penso che le tante esperienze spesso negative vissute dalla Fallaci come inviata di guerra abbiano esautorato tutta la sua vitalità, il suo gusto della scoperta, la gioia di vedere nell’altro una fonte inesauribile di ricchezza.

La scrittrice arriva spesso a bestemmiare qualsiasi Dio di qualsiasi religione, e vaneggia quando accusa di stupidità quelle povere donne costrette ad accettare delle leggi disumane che le umiliano riducendole allo stato di cose.

In verità tanta è la mia repulsione per la Fallaci quanta è la stima e l’ammirazione verso queste odierne eroine greche, in bilico continuo tra la vita e la morte.

Come educatore posso sostenere che lo scritto della Fallaci è altamente diseducativo, e potrebbe fungere benissimo da manifesto propagandistico per qualche odierno Hitler.

Si vagheggia una superiorità della specie, della cultura occidentali oltremodo anacronistica, poiché la multiculturalità diventerà fra non molto interculturalità, e volerla fermare sarebbe paragonabile

( per dirla alla Fallaci ), al tentativo della Chiesa di negare la centralità del Sole.

Quanto diversa è invece la figura del vero uomo di cultura, e non di chi spara parole solo perché è abituato a farlo. Tale è Umberto Eco, uno scrittore di immensa cultura e di vedute molto aperte.

Nel suo scritto Eco afferma la necessità di non fare materia di discussione generale di affermazioni o scritti dichiaratamente razzisti per non forviare la mente dei giovani in quanto sono loro il futuro del mondo. Ai giovani di ogni colore e razza bisogna mostrare gli aspetti più fecondi insiti in ogni cultura per apprezzarli e farli propri.

Fin dagli inizi della propria espansione, gli stati europei hanno invaso, seviziato e sterminato intere civiltà, pensiamo ai Maya, agli Ica, agli Aztechi, oppure hanno sottomesso vari popoli come è avvenuto per le colonie inglesi.

Tutto questo in nome di una presunta superiorità della loro cultura nei confronti di quella appartenente a quei popoli selvaggi.

Eco sottolinea molto bene che per giudicare una cultura superiore ad un’altra, sarebbe necessario fissare dei parametri, ma il parametro dovrebbe essere oggettivo, e a mio avviso tale oggettività nella storia la ha avuta solo Dio.

Nessuno può dire che il nostro modo di vivere, la nostra civiltà sia quella più consona per un essere umano.

Non credo che un africano libero di scegliere anelerebbe vivere sommerso da piramidi di cemento armato, soffocato da un’area irrespirabile, quanto piuttosto correre a piedi nudi nella savana, sentire il soffio del vento che porta i profumi dei fiori, preoccupandosi solo degli affanni del giorno presente e non di quello che verrà.

Se qualcuno parla di superiorità della civiltà occidentale rispetto al resto del mondo è perché l’Occidente ha spogliato e derubato tutto ciò che poteva avvantaggiare le altre civiltà.

Secondo Eco e secondo me, la ricchezza delle grandi nazioni si basa sulla povertà di quelle sfruttate e una non può esistere senza l’altra.

Una vera globalizzazione si può avere solamente mettendo i paesi poveri nelle condizioni di produrre ed esportare da sé i propri manufatti, utilizzando le risorse che attualmente sono nelle mani delle grandi multinazionali.

Interessante è l’affermazione di Eco  riguardo la possibilità data agli altri paesi di conoscere e studiare i nostri usi e costumi per potere comprendere ciò che ci accomuna, o per dirla con le parole del Papa: “ Cerchiamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide “.

Il ruolo dell’educatore nel tempo che stiamo vivendo è veramente arduo, egli deve svolgere un compito completamente nuovo nella storia dell’umanità.

Sarà necessario mostrare ai bambini le varie diversità presenti nel mondo e metterli nelle condizioni di apprezzarle autonomamente, di giudicarle assolutamente necessarie per la loro crescita culturale e morale.

Quello di cui stiamo parlando è una nuova rivoluzione culturale, che porta in se un fuoco capace di infiammare tutti gli animi, vogliamo trasformare il mondo e fare in modo che le nostre guerre non siano contro l’Iraq o l’Afganistan ma contro le malattie, la fame, le discriminazioni.

Non è detto che ci riusciremo, ma prima di chiudere gli occhi potremo dire di averci provato.

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