LA VOCE DEGLI STUDENTI “biblíon”
giugno-dicembre 2001 |
RISPETTIAMO LE DIVERSITA'
di
Chiara Di Pasquale
Il 29 settembre il “Corriere della sera”ha
pubblicato un articolo scritto da Oriana Fallaci “La rabbia e l’orgoglio”
così s’intitola l’articolo, ma sono molteplici e di gran lunga più
perversi i sentimenti e le emozioni che dallo stesso si evincono.
Non voglio che questa relazione sia una critica attenta
e puntigliosa di tutte le affermazioni e imprecazioni che la Fallaci fa in
questo testo, anche perché questo è stato fatto da Dacia Maraini e Chiara
Valentini, traducendo i miei stessi pensieri.
Quello che mi propongo è cercare di capire come una
donna intelligente come Lei possa cadere in certi evidenti contraddizioni;
infatti ciò che più mi ha stupita, mentre procedevo con la lettura, non è
stato apprendere quali fossero le sue idee in merito alla grandezza degli
americani dinanzi alle “meschinerie” tribali degli italiani o quant’altro,
ma verificare come le sue tesi fossero vacillanti, perché dettate da quella
rabbia e da quell’orgoglio?
Lei lascia al lettore il beneficio del dubbio ed io lo
lascerò a me stessa: voglio però cercare di fare un po’ di chiarezza fra le
mie idee.
Lei cita la Dichiarazione d’Indipendenza perché
sancisce che tutti gli uomini sono creati uguali e grida a voce alta che la
grandezza degli Americani sta nella loro unità, nel loro patriottismo, allora
mi chiedo qual è la compattezza di un continente multietnico qual è
l’America: sarà la lingua, il sesso, la razza, la politica ? O sarà forse la
religione ? Nulla di tutto questo. Ma allora cosa rende gli uomini americani,
italiani o musulmani che siano, uguali?
Gli uomini non sono uguali in assoluto, lo possono
essere relativamente a parametri che loro stessi definiscono.
Ringrazio Umberto Eco che viene in mio aiuto
ricordandomi l’inestimabile valore di questa differenza. Non ha alcun senso
scagliarsi contro un intero popolo, contro tutti gli immigrati presenti nelle
città italiane o contro tutti i musulmani.
Io sono una donna occidentale e cattolica, sono dunque
fascista come Mussolini perché anche lui era cattolico?
Tutti gli uomini Afgani e Musulmani, sono dunque
terroristi come Osama Bin Laden perché anche lui è musulmano? Bombardiamoli
allora…….!
Desidero poi chieder personalmente scusa alla signora
Fallaci se le Moschee musulmane non sono abbastanza eleganti e sfarzose, in tema
con la grande arte italiana o se la cultura di questi paesi non è per Lei ricca
e interessante come la nostra, o ancora se le donne afgane sono così
“scimunite” da accettare le condizioni imposte loro dai mariti, dai padri,
dai fratelli; e chiedo scusa umilmente a questi popoli per simili scempi
verbali, per le offese che da sempre ricevono in quella che arrogantemente
definiamo “casa nostra” e per la morte che stiamo loro infliggendo, perché
di questa guerra siamo tutti complici noi popoli occidentali, in nome di
un’alleanza che non conosce tempo.
Mi confonde anche la posizione che la Fallaci assume
fra l’Italia e l’America, Lei inneggia ad un’Italia idilliaca, antica,
ricca d’arte e di poesia, di uomini illustri e illustre cultura, la stessa
Italia però vissuta da uomini “gelosi, biliosi, vanitosi, piccini” che
pensano solo ai propri interessi personali, alla propria carrieruccia, alla
propria gloriuccia, alla propria popolarità di periferia.
Deplorevole, secondo Lei, tutto questo dinanzi ad
un’America che riscatta la plebe, dove i primi plebei sono proprio i ricchi.
C’è qualcosa che mi sfugge però in questo passaggio
del mio scritto; mi piacerebbe chiedere alla signora Fallaci che importanza ha
che i ricchi americani siano dei plebei se poi hanno sete di denaro,
attaccamento maniacale alla loro ricchezza, al potere, all’ascesa economica e
finanziaria, a quello sviluppo incessante e sconsiderato che solo raramente si
traduce in reale progresso per se stessi e per i popoli che sfruttano.
Plebei o meno inneggiano a Wol Street e ai suoi valori
come tanti altri uomini che la signora Fallaci potrebbe anche definire
aristocratici, ha poca importanza secondo me, così come ha poca importanza
sondare le colpe dei talebani, o di tutti gli Osama Bin Laden che si nascondono
nel mondo, ed ergerci a giustizieri delle stesse, perché la morte e la guerra
seminano solo altra morte e altra guerra, e la seminano in primo luogo sui cuori
dei giovani, dei loro figli, di quegli stessi bambini che saremmo chiamati ad
educare.
Comunemente si ritiene che educare significhi
trasmettere categorie mentali e comportamentali; ma come si possono trasmettere
i valori della libertà e dell’uguaglianza se la realtà non ne dà
testimonianza?
Credo invece che il primo valore per il quale bisogna
combattere verbalmente e no militarmente sia il rispetto. Rispetto degli altri,
delle diversità di qualsiasi natura. Rispetto di quei bambini educati sin dai
primi anni della loro vita ad usare con maestria armi più pesanti di loro,
educati ad odiare, a vendicarsi a dare la propria vita, come Kamikaze, per una
causa superiore. Rispetto per le donne afgane “scimunite”il cui solo torto
è quello di avere ricevuto come unico insegnamento, l’obbedienza e il
servilismo. Rispetto delle diversità di cui si fa portavoce lo stesso Umberto
Eco, e che a mio avviso dovrebbe innanzi tutto entrare nel cuore di coloro che
oggi stanno facendo da “educatori” con le azioni militari.
Chiara Di Pasquale