Faeto-Rifugio

Nel territorio di Sonico dopo l'otto settembre 1943 si costituì, ad opera di Luigi Romelli (Bigio) e Angelo Gulberti (Reno) entrambi di Rino, un nucleo partigiano organico della Brigata «Tito Speri» con il nome di «Gruppo Adamello».

Sede Operativa Val Malga
Comandante Militare Luigi Romelli (Bigio)
Vice Comandante Militare Angelo Gulberti (Reno)

Il gruppo Adamello, formato da ex alpini operò attivamente nel territorio di Sonico effettuando numerose azioni di sabotaggio, aiutando ex prigionieri di guerra, ebrei e perseguitati politici a raggiungere il confine Svizzero.Ragnoli il 12 novembre 1943 in qualità di responsabile militare delle Fiamme Verdi comunicò alle formazioni della Valcamonica il primo piano di suddivisione della Valle in Settori: al Bigio affidò il Settore Baitone che comprendeva Paisco-Loveno, Malonno, Sonico e Edolo.
Il gruppo alla fine di giugno del 1944 si divise, uno al comando di Angelo Gulberti (Reno) dopo circa un mese si trasferisce sul Mortirolo con le Fiamme Verdi (Reno l'anno successivo assunse il comando della Brigata Schivardi).
Il gruppo di Bigio con il nome di Battaglione Vai Malga diventò organico alla 54a Brigata Garibaldi della Valsaviore con sede operativa in Vai Malga, lo stesso Bigio divenne Vice Comandante della Brigata.
La Val Malga rifugio di ribelli e base di partenza per innumerevoli azioni di guerriglia fu sottoposta a duri rastrellamenti da parte delle bande fasciste, in uno di essi venne trucidato Francesco Troletti.Prima di intraprendere il percorso che ci porterà a visitare i luoghi ove un manipolo di uomini liberi si oppose alla tirannide ricordiamo cosa fu la Resistenza.
- La Resistenza, iniziata dopo l'8 settembre del 43, fu una rivolta di popolo; donne, uomini, giovani e meno giovani, di ogni ceto sociale, tutti volontariamente, spontaneamente, senza un ordine, senza un appello se non quello del cuore, scesero in campo e lottarono contro una tirannide spietata, contro gli orrori della guerra, contro l'oppressione nazista, contro un ordinamento dello Stato che non riconosceva più i diritti elementari dei cittadini, ribellione che culminò con la Liberazione il 25 aprile del 1945.
Da quel moto di popolo chiamato Resistenza nacque la nostra Costituzione.
Piero Calamandrei, uomo della Resistenza e componente della Costituente disse:
«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati,o nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità,  andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì, è nata la nostra Costituzione».
Con il patrocinio della Provincia di Brescia, della Comunità Montana di Valle Camonica, del Comune di Sonico e con l'intervento del Gruppo Operativo Volontario Sentieri della Resistenza Bresciana, l'A.N.P.I. di Sonico ha realizzato in Val Malga il sentiero della Resistenza n° 27 in memoria del partigiano Francesco Troletti trucidato in località Casadecla.

Mappa
Mappa- sviluppo del sentiero

Il percorso ad anello di circa otto chilometri è percorribile in due/tre ore, parte dal ponte Faeto quindi,
attraverso comodi sentieri e strade pastorali raggiunge le cascine:
Boiana - Fontana dei Buoi - Sbrisser - Casadecla - Cippo Commemorativo di Troletti - Cascine Plaz - guado
Torrente Remulo - Ponte Faeto.
«Il cippo commemorativo di Troletti è raggiungibile percorrendo la carrozzabile per il ponte del Guat, poco
sopra l'area pic-nic e a sinistra per chi sale si incrocia la strada sterrata per Casadecla e Malga Durello,
percorrendo la stessa ben presto si raggiunge la radura con la stele».

Il sentiero della Resistenza n° 27 si snoda fra prati ricchi di pascoli con estesi boschi di latifoglie, salendo
la fanno da padrone dapprima i noccioli e gli ontani, poi gli abeti rossi ed i larici ci indicano di aver superato
i margini pascolivi.
Tutto il percorso nelle sue tappe racconta la storia, vuoi perché teatro di battaglie, vuoi perché sede di
comando partigiano, voi perché i fascisti hanno bruciato cascine e terrorizzato la popolazione; la resistenza
in questi luoghi ancora oggi si respira.
Il sentiero è percorribile tutto l'anno; periodo consigliato da aprile a novembre. Per coloro che intendono
percorre l'itinerario nella sua interezza si consiglia: ponte Faeto - sponda sinistra orografica del torrente
Remulo - strada di Casadecla - Cippo commemorativo «Troletti» - Cascine Sbrisser - Cascina dei Buoi
- Cascine Boiana - Faeto.

PARTENZA: PONTE FAETO
In Questo punto il torrente Remulo interseca la carrozzabile che sale al ponte Guat. Da sempre è stato luogo di ritrovo sia per i pastori che per i numerosi turisti che salivano e salgono verso il rifugio Tonolini. In Questa località già inizio secolo scorso vi era una piccola baracca di legno dove in estate si potevano acquistare bibite e vino, era gestita dalla famiglia del teleferista addetto alla stazione (veniva utilizzata per il trasporto del materiale edile destinati ai cantieri del Baitone e Miller). Successivamente demolita la baracca venne costruito l'attuale alberghetto denominato Rifugio Vai Malga. Da qui inizia il sentiero della resistenza n° 27 «Francesco Troletti» che ci porterà con circa otto chilometri di percorso a visitare località di notevole interesse storico e paesaggistico. Poco prima del ponte in sinistra orografica del torrente dalla carrozzabile si diparte una strada sterrata (segnavia) che porta dopo circa 50 metri alla diga artificiale ed all'area attrezzata destinata a pic-nic. Il tracciato sale in leggera pendenza con un sottobosco lussureggiante, dopo circa quindici minuti si giunge nelle vicinanze del torrente Remulo, qui è possibile dissetarsi grazie ad un canaletta di legno che convoglia una limpida e fresca acqua. Dopo essersi dissetati si raggiunge il torrente Remulo guadandolo sul manufatto in calcestruzzo e pietrame.Il tracciato ben presto giunge alle cascine del Plaz o Case Piane.

Nella primavera del 1944, in questi parti delle cascine «Case Piane» a quota 1200 m s.l.m., i partigiani, d'accordo con il Comando di Brigata che ne aveva informato il Comando Alleato, avevano allestito un primo campo di lancio per avio rifornimenti. Molte furono le notti spese ad attendere gli aerei alleati, senza che mai alcun lancio venisse compiuto nella zona.
Proseguendo sulla strada laterale alla carrozzabile si raggiunge un'area attrezzata per il pic-nic. Superata la stessa e percorrendo un tratto di strada carrozzabile si giunge ad un sentiero che si inerpica fra grossi alberi di abete fino a raggiungere la strada sterrata per le cascine di Casadecla. All'incrocio sono presenti cartelli segnavia ben visibili. Un segnavia del Parco dell'Adamello invita il visitatore a raggiungere con circa una ora di cammino la Malga Montoffo con il suo monumentale Faggio.
Anche Malga Montoffo fu utilizzata dai partigiani quale rifugio per sfuggire ai rastrellamenti, la sua posizione di mezza costa sotto la Cima di Vai Rossa era alquanto strategica, tuttavia non venne mai utilizzata come base fissa perché priva di sorgenti d'acqua.
Una comoda strada silvo pastorale dopo circa quindici minuti ci porta alla radura con il cippo commemorativo di Francesco Troletti voluto dall'A.N.P.I. di Sonico.

Cippo
Cippo

FRANCESCO TROLETTI

Nato a Cogno il 19 maggio 1922 da Stefano e Bontempi Maria, trucidato in Val Malga (Sonico) il 30 giugno 1944.
Il garibaldino Francesco Troletti intercettato da un reparto fascista viene catturato, percosso a sangue e brutalmente seviziato, muore in Val Malga località Casadecla, solo il giorno successivo verrà trovato dai suoi compagni. La ricostruzione dell'avvenimento da parte del partigiano Sala Fernando (Nando). Francesco abitava con i genitori a Mu di Edolo. Il padre lavorava alla stazione ferroviaria della S.N.F.T. di Edolo. Chiamato alle armi nel gennaio 1942, partecipò al conflitto mondiale nell'80° reggimento fanteria.
L '8 settembre 1943 riuscì, dopo aver superato grandi difficoltà, a raggiungere la propria famiglia. Fu tra i primi ad aderire ai gruppi armati partigiani che si andavano formando in Valle dopo 1'8 settembre, ed in Val Malga aderisce al gruppo Adamello, con Bigio e Reno. In giugno, dopo la scissione del gruppo, Troletti si unì al gruppo autonomo di Bigio (poi passato alla 54a Brigata Garibaldi).
La sera del 28 giugno 1944, ottenne il permesso di recarsi a Mu per far visita ai propri cari, fu proprio a Mu che, il 29 mattina, vide arrivare in Valle forti contingenti fascisti con il preciso scopo di rastrellare la Valle dalle Bande Ribelli. Anziché approfittarne, dato che si trovava fuori dal raggio delle operazioni, per nascondersi, preso da quel senso di responsabilità e cameratismo, salutò sua madre e riprese la strada dei monti, fu quello l'ultimo abbraccio che Francesco darà a sua madre. Lasciò Mu e, percorrendo il sentiero che attraverso la montagna porta al bacino della centrale di Sonico, giunse in località Valcapes, sopra l'abitato di Sonico, con l'intento di raggiungere la Val Malga. Venne catturato sopra la chiesa della Madonna di Pradella in località Brusegada, dove il sentiero termina a un crocevia (uno scende a Sonico e l'altro punta verso Edecla) da una pattuglia della G.N.R. (faccio presente che da indiscrezioni di un componente della pattuglia, Troletti era stato avvistato mentre scendeva dal sentiero che lasciava alle sue spalle il Bacino della Centrale Idroelettrica). AI momento dell'arresto Francesco aveva in tasca una bomba a mano e la pistola Beretta che aveva avuto in dotazione mentre prestava servizio militare. Dopo averlo disarmato, lo interrogarono sulla dislocazione dei partigiani e, non avendo avuto risposte convincenti, iniziarono a torturarlo. In quelle condizioni lo fecero camminare fino in Val Malga. Questo fu l'inizio del suo calvario terminato in località Casadecla. Fu trovato il 30 giugno cadavere, con il corpo orrendamente straziato (molte fratture, gli occhi pieni di sabbia uno gli usciva dalle orbite, era una maschera di sangue). Le donne che si trovavano in Val Malga, quel tremendo giorno, ebbero pietà di lui: lo raccolsero e lo trasportarono nella chiesetta del Faeto. Si distinse per amore e carità, la giovane diciottenne Pina (Pasquini Brigida) che, incurante dei fascisti che ancora circolavano in Valle, si prodigò per prima a comporre il corpo straziato del povero Troletti. Il giorno successivo caricato su un carretto viene portato a Rino ove troverà sepoltura nel piccolo cimitero. Nella quiete del piccolo cimitero una lapide ricorda il suo sacrificio.

Superate le cascine di Casadecla che furono rifugio di quel manipolo di ribelli che tenevano in scacco i fascisti e tedeschi acquartierati a Edolo e Sonico (guardia della polveriera) si raggiungono le cascine Sbrisser. Questa località abbastanza lontana dalle vie di comunicazione in quel periodo raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo, priva di sorgenti di acqua, era ritenuta alquanto sicura da incursioni fasciste. Invece (29 giugno 1944) mandando avanti pastori del posto le bande fasciste arrivarono anche qui, i partigiani avvertiti in tempo si disimpegnarono.
Ecco come Morelli ricorda quel rastrellamento:
«l fascisti scorrazzano per tutta la valle, rubano un po' dovunque, incendiano una decina di cascine, seviziano i contadini che non parlano, i nostri non possono che assistere, furibondi ed impotenti. Il giovane Tosana, un ragazzo sedicenne, interrogato sull'attività dei ribelli, non parla: i fascisti lo picchiano a sangue e poi lo obbligano, con la minaccia delle armi, ad appiccare il fuoco con le sue stesse mani alla sua cascina (dopo aver liberato le bestie useranno il latte per arginare il fuoco).Il contadino Giuseppe Malgarotti (Beppo di Sant'Andrea) che da sempre aveva aiutato i ribelli di Val Malga dando tutto quel che poteva dare e spesso ospitandoli nelle sue cascine, viene preso dai militi. Dopo che s'è rifiutato di dar loro ogni indicazione sulla presenza dei ribelli, i repubblichini lo picchiano ferocemente davanti alle sue bambine. Nella  sua cascina, poi, nascondono delle bombe, collocandole in modo che chiunque, entrandovi, ne provochi lo scoppio. Anche Stefano Fanetti, il silenzioso ed umile Stefenì, che aveva sempre provveduto affinché, nelle sue cascine, fossero sempre pronti - per i ribelli la legna secca, il paiolo con dentro l'acqua, ed accanto il sale e la farina, viene preso dai fascisti e bastonato. Ma inutilmente, perché non parla. Il vecchio Battistone, un contadino settantenne, viene preso dai fascisti e spinto avanti perché li guidi alla ricerca dei partigiani e, poiché si rifiuta, viene abbattuto a pugni e calci».

Seguendo il segnavia si giunge alla Cascina dei Buoi, oggi un rudere, qui il sentiero della Resistenza incrocia quello che conduce alla Malga di Bombiano (segnavia C.A.I. n° 75). In questa località sono ancora visibili le opere di scavo effettuate a mano per la costruzione di un canale che nelle intenzioni del progettista, partendo dal lago Baitone e transitando per Montoffo ove erano previste delle vasche di accumulo, dovevano portare l'acqua ad una futura centrale idroelettrica da costruirsi in Rino. L'imponente opera non venne mai attuata in quanto la realizzazione di un canale in galleria permise il collegamento fra il bacino del Miller /Baitone con l'invaso di Salarno. Una sorgente invita alla sosta ed a dissetarsi con le sue limpide e fresche acque.
Una serie di cascine e prati ben coltivati ci accompagnano lungo il percorso fino alle cascine della Boiana. il Un maestoso faggio ci induce a rallentare il passo e a gustare la sua, salutare ombra per una breve sosta. Il tracciato ora tutto in discesa ci porta ben presto alle villette del Faeto ed alla cascina che fu sede del Comando del Battaglione Val Malga, bruciato dai fascisti nei loro rastrellamenti.
Ecco come viene ricordato dallo storico M. Franzinelli l'episodio della  distruzione del comando di battaglione:
Il 12 ottobre ‘44 la sede del gruppo di Bigio in Vai Malga fu data alle fiamme. Il rastrellamento era stato preordinato con grande attenzione e con l'impiego  di varie colonne, per serrare la Valsaviore da ogni lato: da Grevo, da Cedegolo, da Berzo, dalla Val Malga.Una ventina di partigiani si salvarono, in un modo rocambolesco, con la complicità del personale della Edison: incalzati dai loro avversari, giunti all'imbocco del canale sotterraneo Miller-Salarno, nell'alta Val Malga, si accordarono con i guardiani dell'impianto idroelettrico affinchè, tolta l'acqua dalla condotta forzata, si potesse entrare in galleria nei pressi del lago Miller e sbucare dopo qualche chilometro vicino al lago di Salarno, fuori dal raggio d'azione dei reparti impegnati nei rastrellamenti.
Precedentemente l'11 settembre 1944 Bigio nella sua qualità di Vice Comandate della 54a Brigata Garibaldi aveva incontrato nelle vicinanze del ponte Faeto i rappresentati delle forze armate tedesche, ecco come Wilma Boghetta ricostruisce l'avvenimento:
L'azione a largo raggio che i Garibaldini avevano compiuto assalendo il centro di Ponte di Legno, e facendo saltare i forni dell'elettrografite di Forno d'Allione, suggerì al Comando Germanico della Valcamonica l'opportunità di chiedere un incontro con il comando della 54a per una eventuale pacifica soluzione dei rispettivi contrastanti interessi ma, contrariamente a quanto lo stesso comando germanico era riuscito ad ottenere dalle formazioni partigiane delle Fiamme Verdi attraverso reciproche concessioni, ebbe esito negativo.
I due comandi, incontratisi l'11 settembre 1944 nella Val Malga in località ponte Faeto, presso la sede del comando del Bigio (Luigi Romelli) e, presentate i tedeschi le loro proposte di più pacifici rapporti per quanto riguardava le forze germaniche in senso stretto presenti in Valcamonica, il comando della 54a a mezzo del suo Capo di Stato Maggiore rispose con cortese fermezza che i partigiani della 54a avrebbero potuto scendere a patti con i tedeschi soltanto quando essi avrebbero lasciato l'Italia. Con questo i garibaldini si uniformavano alle direttive del C.V.L. che aveva diffuso una circolare dal titolo: «Con i tedeschi non si patteggia ma si combatte».
Le Fiamme Verdi avevano infatti raggiunto degli accordi con il comando germanico stabilendo l'esistenza di alcune «zone franche».
Si trattava cioè di accordi temporanei di non aggressione nei limiti di determinati territori.

Le zone franche si possono considerare come l'ultimo apporto della mentalità che già si era definita con le parole di «atte-sismo», e, come tali, è ovvio che venissero vivamente disapprovate dai partiti della sinistra, comunista in particolare. Se infatti esse erano volute dalle Fiamme Verdi allo scopo di dare respiro alle formazioni partigiane e tregua alle popolazioni minacciate di rappresaglia, è chiaro come entrambe queste giustificazioni non potessero essere valide per i partiti il cui scopo era la lotta a fondo, e senza tregua di sorta, contro il nazifascismo e dunque anche per i partigiani della 54°. Poco lontano dalla cascina che fu sede del comando di Battaglione si trova la chiesetta di San Gottardo. Dopo breve tratto in discesa si raggiunge il ponte del Faet da dove siamo partiti, qui sulla parete di una piccola edicola dedicata alla Madonna, nel 1984 venne posta una croce marmorea in memoria di Francesco Troletti «Partigiano Morto per la Libertà».
Nell'occasione il sonicese Gildo Adamini comandante partigiano ricordò la figura
di quel ribelle.
«Troletti era un giovane, figlio della nostra terra, come giovani eravamo allora la maggior parte di noi, che si era ribellato ad una dittatura e ad un sistema sociale iniquo, volontariamente arruolato si nella Brigata Garibaldi, in questa valle, su questi monti, svolse la sua attività di partigiano fino al supremo sacrificio».
Sono parole che testimoniano un periodo tragico, ma nel contempo significativo di un forte desiderio di cambiare, di «voltare pagina», di non più subire supinamente, ma di essere nuovamente attori della nostra storia.

Lapide a Rino
Lapide al cimitero di Rino


A conclusione della presentazione del tracciato e ricordando che la Resistenza fu «Moto di Popolo» sarebbe bello immaginare che con appropriate iniziative si rendessero ben visibili i luoghi:
- Ove avvennero episodi di guerra partigiana.
- Ove i combattimenti hanno bagnato la terra con il sangue dei caduti.
- Ove sono state perpetrate stragi e sevizie sicuramente indegne di una civiltà.
- Ove la solidarietà fra i combattenti per la libertà e la popolazione favorì  la nascita e lo sviluppo della Resistenza.
- Ove ci sono cippi che commemorano le tante vittime della tirannide.
- Ove esistano documentazioni storiche che raccontano il soffrire per quel bene supremo chiamato libertà.
Orbene in quei luoghi siano condotti i giovani e venga loro spiegato questo grande patrimonio di storia che non deve essere cancellato. Ricordare la Resistenza e la guerra di Liberazione significa riaffermare  valori di pace, di solidarietà, di libertà e democrazia.


Fonti : opuscolo "Lungo il Sentiero della Resistenza n 27 «Francesco Troletti» a cura dell'AMPI sez. di Sonico - Ivano Lela in collaborazione del Comune di Sonico, Parco dell'Adamello, Pro loco di Sonico.