- Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri
- Al Consiglio di Stato
- Alla Corte dei conti
- All'Avvocatura generale dello Stato
- A tutti i Ministeri - Gabinetto -
Direzione generale affari generali e personale
- Alle aziende ed amministrazioni
autonome dello Stato
- A tutti gli enti pubblici non economici
- A tutte le regioni A tutte le province
- A tutti comuni Alla Scuola superiore
della pubblica amministrazione
- All'A.R.A.N.
- e, per conoscenza:
- Alla Presidenza della Repubblica
- Ai commissariati di Governo presso le
regioni e province autonome
- All'A.N.C.I.
- All'U.P.I.
- All'U.N.C.E.M.
-
- Con la legge 8 marzo 2000, n. 53,
recante "Disposizioni per il sostegno della maternità e della
paternità, per il diritto alla cura e alla formazione per il
coordinamento dei tempi delle città", sono stati modificati ed
aggiornati alcuni degli istituti relativi al sostegno della maternità
e della paternità e per l'assistenza a portatori di handicap.
- Le disposizioni legislative si pongono
come obiettivi prioritari la promozione di un maggiore equilibrio tra
tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, mediante
l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione delle
agevolazioni ai genitori dei soggetti portatori di handicap.
- In considerazione della delicatezza
della materia trattata e delle possibili difficoltà applicative della
normativa in questione, nonchè delle problematiche di cui lo
scrivente Dipartimento è stato investito, si è avvertita l'esigenza
di predisporre un documento che abbia funzione esplicativa del vigente
quadro normativo per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
- Le disposizioni della normativa in
esame debbono applicarsi tenendo conto di quanto affermato dall'art.
17, comma 3, del medesimo testo di legge, e dai principi generali del
decreto legislativo n. 29/1993 sul rapporto sussistente fra legge e
contratto, i quali salvaguardano le condizioni di maggior favore già
disciplinate dai contratti collettivi nazionali di comparto e rinviano
a quelle che saranno successivamente adottate in sede di
contrattazione collettiva.
- Per le fattispecie non contemplate
dalla presente circolare e non incompatibili con la disciplina del
pubblico impiego, si rinvia a quanto espresso, con riferimento al
settore privato, dall'Istituto nazionale della previdenza sociale con
proprie circolari n. 109 del 6 giugno 2000 (congedi parentali), n. 133
del 17 luglio 2000 (portatori di handicap), n. 152 del 4 settembre
2000 (opzione flessibilità dell'astensione obbligatoria) nonchè dal
Ministero del lavoro con circolare n. 43 del 7 luglio 2000 (opzione
flessibilità dell'astensione obbligatoria), in quanto frutto di un
indirizzo concordato con le amministrazioni competenti.
- Relativamente alle disposizioni di cui
all'art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, si rinvia al decreto del
21 luglio 2000, n. 278 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11
ottobre 2000, n. 238) con il quale è stato approvato il regolamento
recante disposizioni di attuazione concernenti congedi per eventi e
cause particolari.
- Al riguardo si segnala che in merito
all'interpretazione della legge 8 marzo 2000, n. 53, effettuata dalla
presente circolare, sono stati acquisiti i pareri favorevoli, per
quanto di competenza, del Ministero del tesoro - Igop - e della
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento degli affari
sociali.
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- 1. Congedi parentali.
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- 1.1 L'art. 3, comma 1, della legge 8
marzo 2000, n. 53, in materia di congedi parentali, familiari e
formativi, integra l'art. 1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
attribuendo al genitore lavoratore il diritto ad usufruire
dell'astensione facoltativa dal lavoro, ed il relativo trattamento
economico, anche se l'altro genitore non ne ha diritto.
- 1.2 L'art. 3, comma 2, del medesimo
testo di legge modifica l'art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204, riconoscendo ai genitori il diritto di astenersi dal lavoro,
anche contemporaneamente, nei primi otto anni di vita del bambino.
Tale assunto trae convincimento dall'avvenuta abrogazione, effettuata
per il tramite dell'art. 17, comma 4, della legge 3 marzo 2000, n. 53,
dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, il quale riconosceva
al lavoratore padre il diritto ad usufruire dell'astensione
facoltativa, in alternativa alla lavoratrice madre.
- 1.3 Alla madre lavoratrice, trascorso
il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, compete un periodo
continuativo o frazionato di astensione dal lavoro pari a sei mesi; lo
stesso diritto è riconosciuto anche al padre lavoratore a partire
dalla nascita del bambino, facendo salve le disposizioni di cui al
successivo punto 1.6.
- 1.4 Le astensioni dal lavoro dei
genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci o
undici mesi.
- 1.5 Entrambi i genitori possono
beneficiare individualmente di un'astensione facoltativa, da fruirsi
entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, della durata
massima di sei mesi, ovvero, se il padre lavoratore usufruisca di un
periodo non inferiore a tre mesi, il proprio diritto viene elevato da
sei a sette, elevando, in tal modo, il relativo limite complessivo di
astensione facoltativa da dieci ad undici mesi.
- 1.6 La novità della norma risiede
nella circostanza che entrambi i genitori possono utilizzare detta
astensione facoltativa fino al compimento dell'ottavo anno di vita del
bambino anche contemporaneamente ed in particolar modo il padre
lavoratore la può utilizzare anche durante i tre mesi di astensione
obbligatoria post-partum della madre e durante i periodi nei quali la
madre beneficia dei riposi orari di cui all'art. 10 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204.
- 1.7 Il periodo complessivo di
astensione facoltativa cui hanno diritto i genitori lavoratori non può
eccedere, come detto, il limite complessivo di dieci mesi, salvo
quanto previsto nel successivo capoverso.
- 1.8 Se il padre si è astenuto per un
periodo non inferiore a tre mesi, ed intenda fruire di un ulteriore
periodo, il limite complessivo delle mensilità spettanti alla coppia è
di undici mesi.
- 1.9 Nell'ipotesi in cui vi sia un solo
genitore, il periodo di astensione facoltativa da usufruire
continuativamente o in modo frazionato, non può essere superiore a
dieci mesi. Detta ipotesi può verificarsi in caso di morte di un
genitore, di abbandono del bambino da parte di un dei due genitori,
ovvero di affidamento del figlio ad uno solo dei genitori, quando ciò
risulti da un provvedimento formale. Per l'elevazione del congedo sino
a dieci mesi, si considera anche la situazione in cui il genitore che
accudisce il bambino a titolo esclusivo si sia verificata
successivamente alla fruizione del periodo massimo (sei mesi da parte
della madre e sette mesi da parte del padre), ma nel calcolo dei dieci
mesi complessivi debbono essere computati tutti i periodi fruiti
precedentemente da parte di entrambi i genitori.
- 1.10 Si sottolinea in questa sede che a
beneficio della lavoratrice madre, o, in alternativa, al lavoratore
padre, genitori di bambini portatori di handicap si continua ad
applicare la disposizione di cui all'art. 33, comma 1, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, che attribuisce agli stessi il diritto di
prolungare il periodo di astensione facoltativa fino al terzo anno di
vita del bambino. Il predetto diritto si coniuga con l'astensione
facoltativa, così come delineata dalla legge di modifica in
questione, ossia con la possibilità di usufruire dell'astensione
facoltativa fino al compimento dell'ottavo anno di vita del bambino,
nel caso in cui il genitore che lo richieda, abbia usufruito della
propria parte nei primi tre anni di vita del bambino. Il prolungamento
previsto dall'art. 33, comma 1, inizia a decorrere una volta trascorso
il periodo corrispondente alla durata massima dell'astensione
facoltativa ordinaria spettante al richiedente. Detto periodo può essere effettivamente utilizzato, ovvero, a scelta del richiedente
medesimo, fruito nel periodo compreso tra il terzo e l'ottavo anno di
vita del bambino. Utili esemplificazioni al riguardo, possono essere
rinvenute nella circolare I.N.P.S. n. 133 del 17 luglio 2000.
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- 2. Congedo dei genitori per
malattia del bambino.
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- 2.1 Per le malattie di ciascun bambino
fino al terzo anno di età, ad entrambi i genitori, anche adottivi o
affidatari, alternativamente, è riconosciuto il diritto di astenersi
dal lavoro.
- 2.2 Si applica in materia la disciplina
della contrattazione collettiva dei singoli comparti, quanto alla
retribuibilità di assenze per malattie del bambino fino a tre anni.
- 2.3 Invece per i bambini di età
compresa fra i 3 e gli 8 anni, tale diritto è di cinque giorni
lavorativi annui non retribuiti per ciascun genitore,
alternativamente, il cui limite massimo fruibile complessivamente ad
opera di entrambi i genitori, è di dieci giorni e non trasferibili
all'altro genitore.
- 2.4 Per la concessione dei congedi in
questione, retribuiti e non retribuiti, la lavoratrice madre o il
lavoratore padre sono tenuti a presentare un certificato medico
rilasciato da uno specialista del Servizio sanitario nazionale, ovvero
con esso convenzionato, comprovante la malattia del bambino,
unitamente ad una dichiarazione, rilasciata ai sensi dell'art. 4,
della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'altro genitore non
usufruisca, contemporaneamente, del medesimo beneficio concesso per lo
stesso motivo.
- 2.5 La malattia del bambino che
comporta il ricovero ospedaliero, debitamente documentato, interrompe
l'eventuale fruizione delle ferie in godimento da parte del genitore.
- 2.6 Il genitore che si assenta non è tenuto ad essere reperibile nelle fasce orarie che riguardano
esclusivamente il controllo della malattia del lavoratore.
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- 3. Periodi di riposo durante il
primo anno di età del bambino.
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- 3.1 Altra importante innovazione è stata introdotta dall'art. 3, comma 3, della legge 8 marzo 2000, n.
53, che ha modificato l'art. 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
prevedendo il raddoppiamento dei periodi di riposo nel caso di parto
plurimo e la possibilità di utilizzare le ore aggiuntive anche dal
padre lavoratore.
- 3.2 Come è noto le lavoratrici madri
hanno diritto, nel primo anno di vita del bambino, a due periodi di
riposo durante la giornata, pari ad un'ora ciascuno, anche cumulabili,
a condizione che l'orario di lavoro sia almeno di sei ore;
nell'ipotesi di orario inferiore, tale periodo si riduce ad un'ora di
riposo.
- 3.3 Con la citata legge n. 53,
nell'ipotesi di parto plurimo e fermo restando il requisito
dell'orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, i periodi di
riposo sono elevati a quattro ore, a prescindere dal numero dei
gemelli, e le due ore aggiuntive potranno essere utilizzate anche dal
padre, anzichè solo dalla madre.
- 3.4 I periodi di riposo sono
considerati ore lavorative agli effetti della durata del rapporto,
della retribuzione e non riducono le ferie.
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- 4. Trattamento economico.
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- 4.1 Le lavoratrici madri, durante tutto
il periodo di astensione obbligatoria dall'impiego, in applicazione
dei contratti collettivi, hanno diritto all'intera retribuzione fissa
mensile, nonchè al relativo trattamento accessorio.
- 4.2 Nel periodo di astensione
facoltativa, così come previsto dalle singole disposizioni della
contrattazione collettiva di comparto, i primi trenta giorni per madre
e padre lavoratore, fruibili anche frazionatamente, sono retribuiti
per intero, ad eccezione dei compensi per lavoro straordinario ed a
particolari indennità legate all'effettiva prestazione lavorativa,
non riducono le ferie e sono valutati agli effetti dell'anzianità di
servizio.
- 4.3 Da un'interpretazione letterale dei
contratti collettivi nazionali di comparto e delle disposizioni della
normativa analizzata in questa sede, si ritiene che il trattamento
economico applicabile nei successivi cinque mesi di astensione
facoltativa, sia la retribuzione degli stessi al 30%, solo per i primi
tre anni di vita del bambino mentre per i restanti quattro/cinque mesi
si riconosce il diritto all'astensione dei genitori lavoratori senza
retribuzione.
- 4.4 Tale disposizione non si applica
nell'ipotesi in cui contrattualmente siano disciplinate condizioni di
maggior favore per il lavoratore e qualora il reddito individuale
dell'interessato sia 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di
pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria; in
quest'ultimo caso si applica l'art. 15 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, così come modificato dall'art. 3, comma 4, della legge 8
marzo 2000, n. 53.
- 4.5 Anche nell'ipotesi in cui entrambi
i genitori fruiscano del medesimo beneficio, il numero massimo dei
giorni retribuiti per intero non può essere superiore a trenta.
- 4.6 Il trattamento economico così
definito si applica anche nei confronti dei genitori adottivi o
affidatari.
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- 5. Congedo dei genitori adottivi o
affidatari (preaffidamento ovvero affidamento temporaneo).
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- 5.1 Il comma 5 dell'art. 3 della citata
legge 8 marzo 2000, n. 53, non distingue fra le ipotesi contenute
nella legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Adozione nazionale), e la diversa
fattispecie disciplinata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476
(Adozione internazionale), prevedendo genericamente che il diritto ad
astenersi facoltativamente dal lavoro possa essere esercitato nei
primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, ove il
minore abbia un'età compresa fra i sei ed i dodici anni. Si ritiene,
stante la portata della norma, che il diritto dei genitori adottivi od
affidatari all'astensione facoltativa dal lavoro possa applicarsi ad
entrambe le fattispecie.
- 5.2 In particolare, per i genitori
adottivi o affidatari di bambini fino ad otto anni di età, il diritto
ad astenersi dal lavoro, può essere esercitato in qualunque momento
rispetto alla data di inserimento del bambino nella famiglia. Tra i
sei e gli otto anni di età del bambino, detti genitori hanno,
infatti, la possibilità di richiedere, cumulativamente, l'astensione
sia entro i tre anni dall'ingresso del bambino nella famiglia sia in
qualunque momento dall'ingresso stesso, essendo applicabile anche la
disposizione valida per i genitori naturali di bambini fino ad otto
anni d'età.
- 5.3 Qualora il bambino, alla data della
decorrenza giuridica del provvedimento di adozione o di affidamento,
abbia tra i sei ed i dodici anni di età, l'astensione facoltativa può
essere fruita solo entro tre anni dall'ingresso in famiglia e la
durata massima dell'astensione è di sei mesi ciascun genitore (ovvero
sette mesi per il padre) se questa è individuale, mentre rimane
inalterato il limite complessivo dei dieci/undici mesi per la coppia,
sempre che il diritto all'astensione sia esercitato sino ai quindici
anni d'età dell'adottato o dell'affidato.
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- 6. Astensione obbligatoria.
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- 6.1 Continuano ad applicarsi le
disposizioni relative ai periodi di astensione obbligatoria, ai sensi
e per gli effetti dell'art. 4, lettere a), b) e c) della legge 30
dicembre 1971, n. 1204, in virtù del quale è vietato adibire al
lavoro le donne nei due mesi antecedenti la data del parto;
nell'ipotesi di parto verificatosi dopo la data presunta, nel periodo
intercorrente fra la data effettiva e quella presunta; ed, infine, nei
tre mesi successivi al parto.
- 6.2 Tale previsione normativa è stata
resa più elastica dall'art. 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che
ha introdotto l'art. 4-bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, in
applicazione del quale le lavoratrici hanno facoltà di astenersi dal
lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei
quattro mesi successivi al medesimo, dietro presentazione di
certificato medico, rilasciato da specialista del Servizio sanitario
nazionale ovvero con esso convenzionato, e dal medico competente ai
fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, ove
previsto, con i quali si attestino che l'opzione espressa dalla
lavoratrice madre, non arrechi pregiudizio alla salute della gestante
e del nascituro.
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- 7. Parti prematuri.
- 7.1 L'art. 11 della legge 8 marzo 2000,
n. 53, ha integrato il testo dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, prevedendo l'ipotesi di parto prematuro, cioè del parto
avvenuto in data anteriore rispetto a quella presunta, risultante dal
certificato medico di gravidanza.
- 7.2 In virtù della nuova disciplina,
nel caso di parto anticipato, i giorni di astensione obbligatoria non
goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di astensione
obbligatoria post-partum, che decorre dal giorno successivo
all'evento, ai sensi dell'art. 6 del regolamento di esecuzione della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (decreto del Presidente della
Repubblica n. 1026/1976), restando salvo, comunque, il limite
complessivo di cinque mesi.
- 7.3 La lavoratrice è tenuta a
presentare, entro trenta giorni, il certificato attestante la data del
parto ovvero la dichiarazione sostitutiva.
- 7.4 Quanto detto, applicabile, in
conformità a quanto previsto dall'art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale, a decorrere dall'entrata in vigore della legge
medesima.
- 7.5 Per le ipotesi non direttamente
contemplate dall'esaminando testo di legge, si rinvia a quanto sarà
previsto in sede di contrattazione collettiva, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 17 della legge medesima.
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- 8. Astensione dal lavoro del padre
lavoratore.
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- 8.1 Dall'art. 13 del provvedimento di
legge analizzato è stato modificato l'art. 6 della legge 9 dicembre
1977, n. 903, mediante l'introduzione dell'art. 6-bis, il quale
attribuisce al padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei
primi tre mesi dalla nascita del figlio in caso di morte o di grave
infermità della madre, ovvero di abbandono, nonchè in ipotesi di
affidamento esclusivo del bambino al padre.
- 8.2 In tali fattispecie spetta l'intera
retribuzione e debbono essere debitamente documentate ovvero, nel caso
di abbandono, deve essere resa una dichiarazione ai sensi e per gli
effetti dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
- 8.3 è stato altresì inserito l'art.
6-ter della legge 9 dicembre 1977, n. 903, il quale estende i periodi
di riposo di cui all'art. 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
anche al padre lavoratore, qualora sia il solo genitore affidatario,
ovvero se la lavoratrice madre, benchè lavoratrice dipendente, non
intenda avvalersi di detto beneficio, nonchè nell'ipotesi in cui la
madre non eserciti un'attività lavorativa dipendente.
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- 9. Permessi per l'assistenza a
portatori di handicap e per i lavoratori portatori di handicap.
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- 9.1 Il legislatore del provvedimento in
questa sede analizzato, ha inteso ampliare le agevolazioni previste
dall'art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge-quadro
per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone
handicappate" a beneficio di coloro i quali prestano assistenza
continuativa in via esclusiva a portatori di handicap in situazioni di
gravità.
- 9.2 L'assistenza continuativa in via
esclusiva prestata al familiare disabile, non convivente, deve essere
interpretata nel senso che il lavoratore che intenda avvalersi di
detto beneficio, sia l'unico soggetto in grado di assicurare, sulla
base del soddisfacimento di un criterio logistico e nell'arco
temporale di riferimento, il proprio supporto nei confronti del
portatore di handicap.
- 9.3 Il dipendente che intenda avvalersi
dei benefici in questione, oltre a produrre la certificazione medica
di cui all'art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, attestante lo
stato di handicap grave di cui è affetto il familiare disabile, deve
rendere una dichiarazione, anche autocertificata, con la quale
attestare il possesso delle prescritte condizioni.
- 9.4 Per quanto attiene alla fruizione
dei permessi mensili di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, giova sottolineare che continuano ad essere
retribuiti, ai sensi e per gli effetti della legge 27 ottobre 1993, n.
423, che ha modificato in sede di conversione l'art. 3-ter del
decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324. In riferimento al trattamento
giuridico ed economico, si rinvia alla contrattazione collettiva di
comparto.
- 9.5 Ai fini del trasferimento del
lavoratore dipendente nella sede dove risiede il disabile cui deve
essere assicurata assistenza continuativa, non è più elemento
vincolante il requisito della convivenza con il portatore di handicap.
- 9.6 I permessi retribuiti di cui
all'art. 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono
concessi al dipendente esso stesso disabile, alternativamente, sulla
base delle reali necessità che lo stesso intende soddisfare.
- 9.7 Lo scrivente Dipartimento, in
passato, si è pronunciato con propri pareri, dando un'interpretazione
letterale dell'art. 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
intendendo così agevolare la condizione dei lavoratori portatori di
handicap, mediante la concessione cumulativa dei benefici di cui ai
commi 2 e 3 del medesimo articolo di legge.
- 9.8 Con l'intervento del legislatore,
che ha modificato tale disposizione della legge 5 febbraio 1992, n.
104, ponendo in essere un'interpretazione autentica della stessa, non
vi sono dubbi sulla fruibilità alternativa, anche frazionata, dei
benefici in questione.
- 9.9 Per quanto non modificato dalla
legge n. 53/2000, continuano ad applicarsi le istruzioni
precedentemente diramate.
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- Roma, 16 novembre 2000
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- Il Ministro per la funzione pubblica:
Bassanini
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