Con la legge 29 dicembre 2000, n. 422, «Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee
“legge comunitaria 2000”», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale S. O. n.
14/L del 20 gennaio 2001, sono state apportate modifiche al decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, Titolo VI, in tema di sicurezza e salute dei
lavoratori addetti ad attrezzature munite di videoterminali.
Dette innovazioni, che riguardano il campo di applicazione della normativa - il
quale ne risulta significativamente ampliato - nonché le modalità di
espletamento della sorveglianza sanitaria, comportano notevoli riflessi
sull’organizzazione del lavoro nelle imprese e sulle modalità di adempimento
delle prestazioni.
Il legislatore non ha ritenuto opportuno dettare norme transitorie e
conseguentemente la nuova disciplina sarà applicabile decorsi i termini
ordinari di vacatio legis; si ritiene pertanto opportuno fornire i seguenti
chiarimenti al fine di richiamare l’attenzione sulle innovazioni intervenute e
sugli adempimenti conseguenti.
AMBITO DI APPLICAZIONE
L’art. 21 della legge comunitaria citata, che modifica la lettera c)
dell’art. 51 del D.Lgs. 626/94, definisce lavoratore addetto all’uso di
attrezzature munite di videoterminali il lavoratore che utilizza
un’attrezzatura munita di videoterminali in modo sistematico o abituale, per
venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’art. 54, e non più
il lavoratore che utilizza dette attrezzature per almeno quattro ore consecutive
giornaliere per tutta la settimana lavorativa, come disposto dalla normativa
precedente.
Tale disposizione, prescindendo dalla modalità di organizzazione dei tempi di
lavoro, ha ampliato il campo di applicazione del Titolo VI. Rientrano infatti
nella definizione di lavoratore addetto ai videoterminali anche quei lavoratori
la cui prestazione, pur comportando l’uso di videoterminali per venti ore
settimanali, si articola in modalità che non prevedono l’uso continuativo
degli stessi per il periodo di quattro ore consecutive considerato in
precedenza, e che non rientravano prima nel campo di applicazione della
normativa.
Il datore di lavoro è pertanto tenuto ad aggiornare la valutazione del rischio
di cui all’art. 4 alla luce della nuova definizione di lavoratore, in esito
alla quale valuterà la necessità o meno di nuove misure di prevenzione e
protezione della salute dei lavoratori e i riflessi sull’organizzazione del
lavoro.
Infatti, per i lavoratori compresi nella definizione di cui sopra è previsto
l’obbligo di sorveglianza sanitaria di cui all’art. 55, nonché di
formazione e informazione di cui all’art. 56.
Non sono state apportate, invece, modifiche all’art. 54 (modalità di
svolgimento della prestazione quotidiana), che sancisce il diritto del
lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive,
ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di
attività, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva anche
aziendale, o, in mancanza, di quindici minuti ogni centoventi minuti di
applicazione continuata al videoterminale. Tale disposizione è funzionale alla
prevenzione dell’affaticamento visivo determinato dall’uso del
videoterminale per un periodo sufficientemente lungo, che allo stato delle
conoscenze scientifiche disponibili, si è ritenuto di quantificare nelle
predette quattro ore. È evidente, pertanto, che tale regime di interruzioni
trova applicazione non più nella generalità dei casi disciplinati dal Titolo
VI, com’era implicito nella vigenza della precedente definizione di lavoratore
addetto all’uso di videoterminali, ma nelle sole ipotesi in cui la prestazione
lavorativa quotidiana preveda almeno quattro ore consecutive di uso delle
attrezzature munite di videoterminali.
SORVEGLIANZA SANITARIA
Le modifiche apportate all’art. 55 in tema di sorveglianza sanitaria
sono state dettate dalla necessità di adeguare la norma all’interpretazione
fornita dalla Corte di Giustizia CE con la sentenza 12 dicembre 1996 e ai
rilievi mossi dalla Commissione CE in ordine al recepimento della direttiva
90/270/CEE relativamente alla mancata previsione, per tutti i lavoratori, del
controllo sanitario periodico, nonché alla mancata previsione del controllo
oftalmologico in relazione a tale sorveglianza sanitaria periodica.
A fronte del precedente obbligo di sottoposizione a visita periodica, con
cadenza almeno biennale, i soli lavoratori giudicati idonei con prescrizioni
all’esito della visita preventiva e quelli di età superiore ai quarantacinque
anni, l’art. 21 della legge comunitaria citata, con le disposizioni contenute
nei commi 3, 3-bis, 3-ter e 4, in parte introduce una disciplina nuova e in
parte e chiarisce obblighi già sussistenti ai sensi della normativa previgente.
In tal senso, la disposizione introdotta al comma 3 non introduce ex novo
l’obbligo di sorveglianza sanitaria per i lavoratori di cui al Titolo VI,
essendo tale obbligo già esistente, ma ha la funzione di costituire una
specificazione della disciplina generale di cui all’art. 16 che prevede
accertamenti preventivi e periodici, effettuati dal medico competente, ai fini
della valutazione della idoneità dei lavoratori alla mansione specifica.
Analoga funzione illustrativa ha il successivo comma 3-bis, ai sensi del quale
le visite di controllo, sia preventive che periodiche, sono effettuate con le
modalità di cui ai commi 1 e 2; è chiaro infatti che la necessità di esami
specialistici può derivare dall’esito delle visite periodiche, oltre che
dalla visita preventiva.
Il comma 3-ter stabilisce la periodicità delle visite di controllo, disponendo
che la stessa, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza
diversa stabilita dal medico competente, è almeno biennale per i lavoratori
classificati come idonei con prescrizioni e per quelli che abbiano compiuto il
cinquantesimo anno di età; ha frequenza almeno quinquennale per i lavoratori
giudicati idonei senza prescrizioni all’esito della visita di controllo
preventiva di cui al comma 1.
Si segnala, al riguardo l’elevazione dell’età per cui è previsto
l’obbligo di visita di controllo con periodicità almeno biennale, che passa
da quarantacinque a cinquanta anni.
Il comma 4 sottolinea il legame funzionale fra la sorveglianza sanitaria e
l’obbligo del controllo oftalmologico, precisando che quest’ultimo discende,
oltre che da apposita richiesta del lavoratore che sospetti un’alterazione
della funzione visiva, confermata dal medico competente, anche dall’esito dei
controlli preventivi e periodici.
Alla luce di quanto sopra, appare evidente che le modifiche introdotte
richiedono un attento riesame dei profili organizzativi e delle procedure
aziendali nonché complessi adempimenti conseguenti alle innovazioni
intervenute. Ne scaturisce, infatti, la necessità di un aggiornamento puntuale
della valutazione del rischio, volto ad individuare ed attuare adeguate misure
di prevenzione e protezione, quali:
Non appare superfluo ricordare, inoltre, che l’aggiornamento della
valutazione del rischio va effettuata previa consultazione del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza (art. 19) e con la collaborazione del medico
competente (art. 4 comma 6), e che la predisposizione del piano di formazione
prevede il coinvolgimento degli organismi paritetici (art. 22, comma 6).
Da quanto sopra discende che, stante la già ricordata assenza di una disciplina
transitoria, appare necessaria una immediata attivazione da parte dei datori di
lavoro, sia pubblici che privati, ai fini del rispetto delle nuove disposizioni,
che peraltro richiederanno i necessari tempi tecnici oggettivamente inevitabili
per l’adeguamento alle nuove disposizioni, tempi tecnici dei quali gli organi
di vigilanza non potranno non tenere conto.