Myricae
Giovanni Pascoli



DOLCEZZE



I
BENEDIZIONE

E' la sera: piano piano
passa il prete pazïente,
salutando della mano
ciò che vede e ciò che sente.

Tutti e tutto il buon piovano
benedice santamente;
anche il loglio, là, nel grano;
qua, ne' fiori, anche il serpente.

Ogni ramo, ogni uccellino
sì del bosco e sì del tetto,
nel passare ha benedetto;

anche il falco, anche il falchetto
nero in mezzo al ciel turchino,
anche il corvo, anche il becchino,
poverino,

che lassù nel cimitero
raspa raspa il giorno intiero.



II
CON GLI ANGIOLI

Erano in fiore i lilla e l'ulivelle;
ella cuciva l'abito di sposa:

né l'aria ancora aprìa bocci di stelle,
né s'era chiusa foglia di mimosa;

quand'ella rise; rise, o rondinelle
nere, improvvisa: ma con chi? di cosa?

rise, così, con gli angioli; con quelle
nuvole d'oro, nuvole di rosa.



III
IL MENDICO

Presso il rudere un pezzente
cena tra le due fontane:
pane alterna egli col pane,
volti gli occhi all'occidente.

Fa un incanto nella mente:
carne è fatto, ecco, l'un pane.
Tra il gracchiare delle rane
sciala il mago sapïente.

Sorge e beve alle due fonti:
chiara beve acqua nell'una,
ma nell'altra un dolce vino.

Giace e guarda: sopra i monti
sparge il lume della luna;
getta l'arti al ciel turchino,
baldacchino

di mirabile lavoro,
ch'ei trapunta a stelle d'oro.



IV
MARE

M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.

Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.

Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?



V
A NANNA

Come un rombo d'arnia suona
tra il cricchiar della mortella.
Nonna, è detta la corona:
nonna, or dì la tua novella.

Ella dice, ell'è pur buona,
la più lunga, la più bella:
- Sola (o Dio: bubbola e tuona!)
sola va la reginella.

Ecco un lume, una stellina,
ma lontanamente, appare.
Via, conviene andare andare.

Va e va.- Ma ciondolare
già comincia una testina;
due sonnecchiano; cammina
che cammina,

e le son tutte arrivate:
sono in collo delle fate.



VI
IL PICCOLO ARATORE

Scrive. . . (la nonna ammira): ara bel bello,
guida l'aratro con la mano lenta;
semina col suo piccolo marrello:
il campo è bianco, nera la sementa.

D'inverno egli ara: la sementa nera
d'inverno spunta, sfronza a primavera;

fiorisce, ed ecco il primo tuon di Marzo
rotola in aria, e il serpe esce dal balzo.



VII
IL PICCOLO MIETITORE

Legge . . . (la nonna ammira): ecco il campetto
bianco di grano nero in lunghe righe:
esso tutt'occhi, con il suo falsetto
a una a una miete quelle spighe;

miete, e le spighe restano pur quelle;
miete e lega coi denti le mannelle;

e le mannelle di tra i denti suoi
parlano . . . come noi, meglio di noi.



VIII
NOTTE

Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora:

i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora:

attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?

Parlan d'amor, di cortesie, d'incanti:
così parlando aspettano l'aurora.



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