FINESTRA ILLUMINATA
MEZZANOTTE
a A. B.
Otto... nove... anche un tocco: e lenta scorre
l'ora; ed un altro... un altro. Uggiola un cane.
Un chiù singhiozza da non so qual torre.
È mezzanotte. Un doppio suon di pesta
s'ode, che passa. C'è per vie lontane
un rotolìo di carri che s'arresta
di colpo. Tutto è chiuso, senza forme,
senza colori, senza vita. Brilla,
sola nel mezzo alla città che dorme,
una finestra, come una pupilla
II
UN GATTO NERO
aperta. Uomo che vegli nella stanza
illuminata, chi ti fa vegliare?
dolore antico o giovine speranza?
Tu cerchi un Vero. Il tuo pensier somiglia
un mare immenso: nell'immenso mare,
una conchiglia; dentro la conchiglia,
una perla: la vuoi. Vecchio, un gran bosco
nevato, ai primi languidi scirocchi,
per la tua faccia. Un gatto nero, un fosco
viso di sfinge, t'apre i suoi verdi occhi...
III
DOPO?
Forse è una buona vedova. . . Quand'ella
facea l'imbastitura e il sopramano,
venne il suo bimbo e chiese la novella.
Venne ai suoi piedi: ella contò del Topo,
del Mago . . . Alla costura, egli, pian piano,
l'ultima volta le sussurrò, Dopo?
Dopo tanto, c'è sempre qualche occhiello.
Il topo è morto, s'è smarrito il mago.
Il bimbo dorme sopra lo sgabello,
tra le ginocchia, al ticchettio dell'ago.
IV
UN RUMORE . . .
Una fanciulla. . . La tua mano vola
sopra la carta stridula: s'impenna:
gli occhi cercano intorno una parola.
E la parola te la dà la muta
lampada che sussulta: onde la penna
la via riprende scricchiolando arguta.
St! un rumore . . . ai labbri ti si porta
la penna, un piede dondola . . . Che cosa?
Nulla: un tarlo, un brandir lieve di porta . .
Oh! mamma dorme, e sogna . . . che sei sposa.
V
POVERO DONO
Getta quell'arma che t'incanta. Spera
l'ultima volta. Aspetta ancora, aspetta
che il gallo canti per la città nera.
Il gallo canta, fuggono le larve.
Fuggirà, fuggirà la maledetta
maga che con fatali occhi t'apparve.
Verrà tua madre morta, col suo mesto
viso, col mormorìo della sua prece. . .
ti pregherà che tu lo serbi questo
povero dono ch'ella un dì ti fece!
VI
UN RONDINOTTO
È ben altro. Alle prese col destino
veglia un ragazzo che con gesti rari
fila un suo lungo penso di latino.
Il capo ad ora ad ora egli solleva
dalla catasta dei vocabolari,
come un galletto garrulo che beva.
Povero bimbo! di tra i libri via
appare il bruno capo tuo, scompare;
come d'un rondinotto, quando spia
se torna mamma e porta le zanzare.
VII
SOGNO D'OMBRA
Rantolo d'avo, rantolo d'infante.
Par l'uno il cigolìo d'un abbaino
a cui percuota l'aquilone errante:
l'altro e come a fior d'acqua un improvviso
vanir di bolla, donde un cerchiolino
s'apre ogni volta e scivola nel viso.
Vissero. Quanto? le pupille fisse
chiedono. Uno la gente di sua gente
vide; l'altro, non sé. Ma l'uno visse
quello che l'altro: un sogno d'ombra, un niente.
VIII
MISTERO
Vergine . . . bianca sopra il bianco letto,
ti prese il sonno a mezzo la preghiera?
Tu hai le mani in croce sopra il petto.
Ti prese tra i due ceri e le corone
quel sonno? in mezzo agli Ave della sera?
Tu dici ancora quella orazïone.
Tieni il rosario tra le mani pie.
Non muove i labbri un tremito leggiero?
Ma non scorrono più le avemarie,
e tu contemplerai sempre un mistero.
IX
VAGITO
Mammina . . . bianca sopra il letto bianco
tu dormi. Chi sul volto ti compose
quel dolor pago e quel sorriso stanco ?
Tu dormi: intorno al languido origliere
tutto biancheggia. Intorno a te le cose
fanno piccoli cenni di tacere.
E tutto albeggia e tutto tace. Il fine
è questo, è questo il cominciar d'un rito?
Di tra un silenzio candido di trine
parla il mistero in suono di vagito.
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