NOZZE
a G.V
Dava moglie la Rana al suo figliolo.
Or con la pace vostra, o raganelle,
suon lo chiese ad un cantor del brolo.
Egli cantò: la cobbola giuliva
parve un picchierellar trito di stelle
nel ciel di sera, che ne tintinniva.
Le campagne addolcì quel tintinnio
e i neri boschi fumiganti d'oro.
tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò tiò
torotorotorotorotíx
torotorotorotorolililíx
È notte: ancora in un albor di neve
sale quest'inno come uno zampillo;
quando la Rana chiede, quanto deve:
se quattro chioccioline, o qualche foglia
d'appio o voglia un mazzuolo di serpillo,
o voglia un paio di bachi, o ciò che voglia.
Oh! rispos'egli: nulla al Rosignolo,
nulla tu devi delle sue cantate:
ei l'ha per nulla e dà per nulla: solo,
si l'ascoltate e poi non gracidate.
Al lume della luna ogni ranocchia
gracidò: Quanta spocchia, quanta spocchia!
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