DIALOGO
Scilp: i passeri neri su lo spalto
corrono, molleggiando. Il terren sollo
rade la rondine e vanisce in alto:
vitt. . . videvitt. Per gli uni il casolare,
l'aia, il pagliaio con l'aereo stollo;
ma per l altra il suo cielo ed il suo mare.
Questa, se gli olmi ingiallano la frasca,
cerca i palmizi di Gerusalemme:
quelli, allor che la foglia ultima casca,
restano ad aspettar le prime gemme.
Dib dib bilp bilp: e per le nebbie rare,
quando alla prima languida dolciura
l'olmo giā sogna di rigermogliare,
lasciano a branchi la cittā sonora
e vanno, come per la mietitura,
alla campagna, dove si lavora.
Dopo sementa, presso l'abituro
il casereccio passero rimane;
e dal pagliaio, dentro il cielo oscuro
saluta le migranti oche lontane.
Fischia un grecale gelido, che rade:
copre un tendone i monti solitari:
a notte il vento rugge, urla: poi cade.
E tutto č bianco e tacito al mattino:
nuovo: e dai bianchi e muti casolari
il fumo sbalza, qua e lā turchino.
La neve! (Videvitt: la neve? il gelo?
ei di voi, rondini, ride:
bianco in terra, nero in cielo
v'č di voi chi vide . . . vide . . . videvitt?)
La neve! Allora, poi che il cibo manca,
alla cittā dai mille campanili
scendono, alla cittā fumida e bianca;
a mendicare. Dalla lor grondaia
spiano nelle chiostre e nei cortili
la granata o il grembiul della massaia.
Tornano quindi ai campi, a seminare
veccia e saggina coi villani scalzi,
e - videvitt - venuta d'oltremare
trovano te che scivoli, che sbalzi,
rondine, e canti; ma non sai la gioia
-scilp- della neve, il giorno che dimoia.
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