52. Il sogno della vergine
I La vergine dorme. Ma lenta la
fiamma del puro alabastro le immemori palpebre tenta; bussa alla chiusa
anima. Il lume vacilla nell'ombra, come astro di vita tra un velo di
brume. Echeggia nell'anima, invasa dal sonno, quel battere, e pare
destare la tacita casa. La casa si desta: un sorriso s'accende, si
muove ed appare via via qua e là per il viso... La vergine sogna: ed un
rivo di sangue stupisce le intatte sue vene, d'un sangue più vivo,
più tiepido: come di latte...
II Stupisce le placide vene
quel flutto soave e straniero, quel rivolo, labile, lene, d'ignota
sorgente, che sembra che inondi di blando mistero le pie sigillate sue
membra. Le gracili membra non sanno lo schianto, non sanno l'amplesso:
nel cuore, sì, forse un affanno c'è, l'ombra di un palpito, l'orma
d'un grido: il respiro sommesso d'un vago ricordo che dorma; che
dorma nel cuore ed esali nel cuore il suo sonno romito. La vergine
sogna: ecco un alito piccolo, accanto... un vagito...
III Un
figlio! che posa nel letto suo vergine! e cerca assetato le fonti del
vergine petto! O figlio d'un intimo riso dell'anima! o fiore non nato
da seme, e sbocciato improvviso! Tu fiore non retto da stelo, tu
luce non nata da fuoco, tu simile a stella del cielo; dal cielo
dell'anima, ov'ora sbocciasti improvviso, tra poco tu dileguerai
nell'aurora. In tanto tu vivi per una breve ora; in un'anima, in tanto,
di vergine; in quella tua cuna tu piangi il tuo tacito pianto.
IV Si dondola dondola dondola senza rumore la cuna nel mezzo
al silenzio profondo; così, come tacito al vento, nel tacito lume di
luna, si dondola un cirro d'argento. Oh! dormi col tremolìo muto
dell'esile cuna che avesti! non piangerlo tutto, il minuto che
avesti, dell'esile vita! nel cuore di mamma non resti quell'eco di
pianto, infinita! Sorridile, guardala; appressati a mamma, ch'ormai non
ha più, per vivere un poco ancor essa, che il poco di fiato ch'hai tu!
V Il lume inquieto ora salta guizzando, ora crepita e scende:
s'è spento. Quiete più alta. Nell'ombra già rara, già scialba
traverso le immobili tende si sfuma la nebbia dell'alba. Il fiore
improvviso, non sorto da seme, non retto da stelo... svanito! Non nato,
non morto: svanito nell'alito chiaro dell'alba! svanito dal cielo
notturno del sogno! - Cantarono i galli, rabbrividì l'aria, s'empì
di scalpicci la via; da lungi squillò solitaria la voce dell'Avemaria.
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