46. La mia sera
Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le
stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di
ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono
aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre
ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di
tutta quell'aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell'umida
sera. E`, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei
fulmini fragili restano cirri di porpora e d'oro. O stanco dolore,
riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera. Che voli di rondini intorno! che gridi nell'aria
serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La
parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Né io... e che
voli, che gridi, mia limpida sera! Don... Don... E mi dicono,
Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là,
voci di tenebra azzurra... Mi sembrano canti di culla, che fanno ch'io
torni com'era... sentivo mia madre... poi nulla... sul far della sera.
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