5. "The hammerless gun"
To the children Percy and Valente de Bosis
Dunque un hammerless! un...
hammerless! (dono del vostro babbo, o Percy, o Valentino;
del nostro Adolfo, il sapiente, il buono simposiarco)... O montanine
belle, lo vedrete il maestro di latino! sì, lo vedrete il pedagogo
imbelle! E lungamente mi sorriderete, quando venite ai Vespri a questa
Cura di San Nicola. Un hammerless! Sapete? che non ha
cani: a triplice chiusura. «Bello, ma dica: quello del Fusari...»
«Questo è un hammerless!» «Quello non ha cani».
«Questo è inglese!» Ah! inghilese! «Di Field, cari!»
Tacciono: io regno indifferente e cupo. «Codeste selve batterò
domani...» tra me dico, a voce alta. «In bocca al lupo!» Ecco l'alba
(tra selve aride i fossi vanno col fumo di vaporiere), piena d'un
tintinnìo di pettirossi, cui risponde un tac tac di
capinere... Su la nebbia che fuma dal sonoro Serchio, leva la Pania alto
la fronte nel sereno: un aguzzo blocco d'oro, su cui piovano petali di
rose appassite. Io che l'amo, il vecchio monte, gli parlo ogni alba, e
molte dolci cose gli dico: LA PANIA O monte, che regni tra il fumo
del nembo, e tra il lume degli astri, tu nutri nei poggi il profumo
di timi, di mente e mentastri. Tu pascoli le api, o gigante: tu meni
nei borri profondi la piccola greggia ronzante. Sei grande, sei forte: e
dai cavi tuoi massi tu gemi, tu grondi del limpido flutto dei favi.
Sei buono tu, grande tra i grandi: né spregi la nera capanna. Al pio
boscaiolo tu mandi sovente la ricca tua manna. Gli mandi un tuo sciame,
che scende giù giù per la valle remota, qual tremulo nuvolo, e splende.
Lo segue un tumulto canoro; ché timpani, cembali, crotali chiamano
il nuvolo d'oro. - Dico: egli ride roseo, ma scorso il suo minuto,
ridoventa azzurro e grave. Io scendo lungo il Rio dell'Orso, ne seguo un
poco il fievole sussurro. E me segue un tac tac di
capinere, e me segue un tin tin di pettirossi, un
zisteretetet di cincie, un rererere di
cardellini. Giungo dove il greto s'allarga, pieno di cespugli rossi di
vetrici: il mio luogo alto e segreto. Giungo: e ne suona qualche frullo, un
misto di gridii, pigolii, scampanellii, che cessa a un tratto.
L'hammerless m'ha visto un fringuello, che fa: Zitti!
sii sii (sii sii è nella lingua dei
fringuelli quello che hush o still, o
Percy, in quella di mamma: zitti! tacciano i monelli)... E sento
tellterelltelltelltelltell (sai?
tellterelltelltelltell nella favella dei passeri vuol
dire come out! fly! scappa,
boy, c'è il babau!)... Dunque più nulla.
Silenzio. Odo il ruscello che gorgoglia, e non altro. Il fringuello
agile frulla e, lontano, finc finc... Cade una foglia...
Proprio l'ultima (guardo) d'un querciolo secco! E` bastato il soffio di
quell'ala, è bastata la molla di quel volo: eccola giù. Mi siedo sopra
il greppo. Era come una spoglia di cicala (penso), rimasta a quel non
più che un ceppo: era gialla, era gracile; ma era l'ultima; che più dì,
pendula, tenne... Come il povero vecchio ora dispera, vicino al Rio che
mormora perenne! Sono mesto. Perché? Non lo so dire. Intanto, tra le
canne, tra la stipa, sento un brusire ed uno squittinire, che dico? un
parlottare piano piano. Ma sì, parlano a me, che dalla ripa tacito
ascolto, il mento su la mano. Sento: IL PITTIERE - Tin
tin! anche te? che c'invidi due pippoli e due gremignoli?
tin tin, te che piangi sui nidi che pìano pìano soli?
Si viene, tu vedi, da bianche montagne, da boschi d'abeti, con
l'ale, puoi credere, stanche. Si fa questi bruci, che sono nei bussoli e
negli scopeti... Sapessi che fame!... Sii buono! - E poi: LA
CAPINERA - Tac tac! anche te? non rammenti le sere di
quella tua mesta città? le tue lagrime ardenti? quel canto d'ignota
foresta tra l'onda di tante campane, tanti urli di folla, e tra il sordo
fragore di ruote lontane? Piangevi: e saliva il mio canto, con l'eco
d'antico ricordo, col suono di nuovo rimpianto. - E poi: L'ALLODOLA
- Uid uid! anche tu ci fai guerra? tu che ci
assomigli pur tanto, col nido tra il grano, per terra, ma sopra le nubi,
col canto? Te rode una cura segreta; tu cerchi l'oblìo de' tuoi mali.
Ma sei come tutti, o poeta? Tu piangi il tuo povero nido per
terra... Ma vieni, ma sali, ma lancia nel sole il tuo grido! - Cara
allodola! - E dopo? - Dopo? Impugno l'hammerless e...
ritorno via. Si rischia d'infreddare: gennaio non è giugno. Tra i
ginepri c'è un merlo che mi fischia. E un forasiepe: - Eh! tu torni... so
dove. Oh! il tuo bel nido, che nemmen ci piove!
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