Canti di Castelvecchio
Giovanni Pascoli


5. "The hammerless gun"



To the children Percy and Valente de Bosis

Dunque un hammerless! un... hammerless! (dono
del vostro babbo, o Percy, o Valentino;
del nostro Adolfo, il sapiente, il buono
simposiarco)... O montanine belle,
lo vedrete il maestro di latino!
sì, lo vedrete il pedagogo imbelle!
E lungamente mi sorriderete,
quando venite ai Vespri a questa Cura
di San Nicola. Un hammerless! Sapete?
che non ha cani: a triplice chiusura.
«Bello, ma dica: quello del Fusari...»
«Questo è un hammerless!» «Quello non ha cani».
«Questo è inglese!» Ah! inghilese! «Di Field, cari!»
Tacciono: io regno indifferente e cupo.
«Codeste selve batterò domani...»
tra me dico, a voce alta. «In bocca al lupo!»
Ecco l'alba (tra selve aride i fossi
vanno col fumo di vaporiere),
piena d'un tintinnìo di pettirossi,
cui risponde un tac tac di capinere...
Su la nebbia che fuma dal sonoro
Serchio, leva la Pania alto la fronte
nel sereno: un aguzzo blocco d'oro,
su cui piovano petali di rose
appassite. Io che l'amo, il vecchio monte,
gli parlo ogni alba, e molte dolci cose
gli dico:
LA PANIA
O monte, che regni tra il fumo
del nembo, e tra il lume degli astri,
tu nutri nei poggi il profumo
di timi, di mente e mentastri.
Tu pascoli le api, o gigante:
tu meni nei borri profondi
la piccola greggia ronzante.
Sei grande, sei forte: e dai cavi
tuoi massi tu gemi, tu grondi
del limpido flutto dei favi.
Sei buono tu, grande tra i grandi:
né spregi la nera capanna.
Al pio boscaiolo tu mandi
sovente la ricca tua manna.
Gli mandi un tuo sciame, che scende
giù giù per la valle remota,
qual tremulo nuvolo, e splende.
Lo segue un tumulto canoro;
ché timpani, cembali, crotali
chiamano il nuvolo d'oro. -
Dico: egli ride roseo, ma scorso
il suo minuto, ridoventa azzurro
e grave. Io scendo lungo il Rio dell'Orso,
ne seguo un poco il fievole sussurro.
E me segue un tac tac di capinere,
e me segue un tin tin di pettirossi,
un zisteretetet di cincie, un rererere
di cardellini. Giungo dove il greto
s'allarga, pieno di cespugli rossi
di vetrici: il mio luogo alto e segreto.
Giungo: e ne suona qualche frullo, un misto
di gridii, pigolii, scampanellii,
che cessa a un tratto. L'hammerless m'ha visto
un fringuello, che fa: Zitti! sii sii
(sii sii è nella lingua dei fringuelli
quello che hush o still, o Percy, in quella
di mamma: zitti! tacciano i monelli)...
E sento tellterelltelltelltelltell (sai?
tellterelltelltelltell nella favella
dei passeri vuol dire come out! fly!
scappa, boy, c'è il babau!)... Dunque più nulla.
Silenzio. Odo il ruscello che gorgoglia,
e non altro. Il fringuello agile frulla
e, lontano, finc finc... Cade una foglia...
Proprio l'ultima (guardo) d'un querciolo
secco! E` bastato il soffio di quell'ala,
è bastata la molla di quel volo:
eccola giù. Mi siedo sopra il greppo.
Era come una spoglia di cicala
(penso), rimasta a quel non più che un ceppo:
era gialla, era gracile; ma era
l'ultima; che più dì, pendula, tenne...
Come il povero vecchio ora dispera,
vicino al Rio che mormora perenne!
Sono mesto. Perché? Non lo so dire.
Intanto, tra le canne, tra la stipa,
sento un brusire ed uno squittinire,
che dico? un parlottare piano piano.
Ma sì, parlano a me, che dalla ripa
tacito ascolto, il mento su la mano.
Sento:
IL PITTIERE
- Tin tin! anche te? che c'invidi
due pippoli e due gremignoli?
tin tin, te che piangi sui nidi
che pìano pìano soli?
Si viene, tu vedi, da bianche
montagne, da boschi d'abeti,
con l'ale, puoi credere, stanche.
Si fa questi bruci, che sono
nei bussoli e negli scopeti...
Sapessi che fame!... Sii buono! -
E poi:
LA CAPINERA
- Tac tac! anche te? non rammenti
le sere di quella tua mesta
città? le tue lagrime ardenti?
quel canto d'ignota foresta
tra l'onda di tante campane,
tanti urli di folla, e tra il sordo
fragore di ruote lontane?
Piangevi: e saliva il mio canto,
con l'eco d'antico ricordo,
col suono di nuovo rimpianto. -
E poi:
L'ALLODOLA
- Uid uid! anche tu ci fai guerra?
tu che ci assomigli pur tanto,
col nido tra il grano, per terra,
ma sopra le nubi, col canto?
Te rode una cura segreta;
tu cerchi l'oblìo de' tuoi mali.
Ma sei come tutti, o poeta?
Tu piangi il tuo povero nido
per terra... Ma vieni, ma sali,
ma lancia nel sole il tuo grido! -
Cara allodola! - E dopo? - Dopo? Impugno
l'hammerless e... ritorno via. Si rischia
d'infreddare: gennaio non è giugno.
Tra i ginepri c'è un merlo che mi fischia.
E un forasiepe: - Eh! tu torni... so dove.
Oh! il tuo bel nido, che nemmen ci piove!


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