Ero tra una folla di bimbi
danzanti ai piedi d’una montagna.
Una brezza si levò da oriente e li spazzò via come foglie,
spingendone alcuni sui pendii... Tutto era cambiato.
C’erano fuggevoli luci, e lune mistiche, e musica di sogno.
Una nube calò su di noi. Quando si levò, tutto era cambiato.
Ora ero in mezzo a una folla rissosa.
Poi una figura d’oro scintillante, e una con la tromba,
e una con lo scettro mi vennero incontro.
Mi schernirono e danzarono un rigolone e svanirono...
Tutto cambiò di nuovo. Da un pergola di papaveri
una donna si denudava il seno e levava la bocca aperta verso la mia.
La baciai. Le sue labbra sapevano di sale.
Mi rimase del-sangue sulle labbra. Caddi esausto.
Mi rialzai e salii più in alto, ma una foschia come da un iceberg
offuscava i miei passi. Avevo freddo e soffrivo.
Poi il sole m’inondò ancora,
e vidi le nebbie sotto di me nascondere tutto.
Allora, curvo sul bastone, riconobbi
il profilo della mia ombra sulla neve. E sopra di me
era l’aria muta, trafitta da un cono di ghiaccio,
sopra cui pendeva una stella solitaria!
Un brivido d’estasi, un brivido di terrore
mi percorse. Ma non potevo tornare ai pendii—
anzi, non desideravo tornare.
Perché le onde spente della sinfonia di libertà
lambivano le rocce eteree intorno a me.
Quindi scalai la vetta.
Gettai il bastone.
Toccai quella stella
con la mano protesa.
Svanii del tutto.
Perché la montagna affida alla verità infinita
chiunque tocchi la stella!
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