Nell’ultima primavera che vissi,
in quegli ultimi siorni,
me ne stavo nell’orto abbandonato
dove oltre la distesa di verde scintillavano
le colline di Miller’s Ford;
così a contemplare il melo
col suo tronco decrepito e i rami secchi,
e i verdi germogli dai fiori delicati
sparsi sull’intrico scheletrico,
che mai avrebbero dato frutti.
E stavo là con lo spirito avvolto
da carne quasi morta, i sensi intorpiditi,
ripensando alla giovinezza e alla terra giovane,—
fantomatici fiori dal pallido splendore
sui rami esanimi del Tempo.
O terra che ci lasci prima che il cielo ci prenda!
Fossi stato almeno un albero che rabbrividisce
di sogni di primavera e giovinezza frondosa,
sarei caduto nel ciclone
che m’avrebbe strappato al dubbio dell’anima e gettato
dove non c’è né terra né cielo.
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