Rutherford McDowell



Mi portavano dagherrotipi
dei vecchi pionieri da ingrandire.
E a volte qualcuno posava per me—
qualcuno che era vissuto
al tempo che mani titaniche dal grembo del mondo
strapparono la Repubblica.
Che cosa c’era in quegli occhi?
Poiché mai potei sondare
quel mistico pathos di palpebre abbassate,
e il sereno dolore di quegli occhi.
Era come uno stagno
tra le querce al margine d’una foresta,
dove cadono le foglie,
e vi giunge il canto del gallo
da una fattoria lontana, là verso le colline
dove vive la terza generazione, e gli uomini forti
e le donne forti sono passati e dimenticati.
E questi nipoti e pronipoti
dei pionieri!
In verità la mia macchina fotografò anche i loro volti,
da cui tanta dell’antica forza è scomparsa,
e dell’antica fede,
e dell’antico dominio sulla vita,
e dell’antico coraggio,
che fatica e ama e soffre e canta
sotto il sole!