Hamlet Micure



Durante una lunga febbre si hanno molte visioni:
mi, trovavo di nuovo nella casetta
col gran prato di trifoglio
che scendeva fino allo steccato,
ombreggiato dalla quercia,
dove noi bimbi avevamo l’altalena.
Però la casetta era un maniero
in mezzo a una radura, e accanto alla radura c’era il mare.
Ero nella stanza dove il piccolo Paul
soffocava per la difterite,
però non era questa stanza—
era una veranda soleggiata chiusa
da finestre a colonnine,
e su uno scanno sedeva un uomo dal mantello scuro,
il viso pareva quello di Euripide.
Era venuto a trovarmi, o forse ero andato io a trovare lui—
non sono sicuro.
Si sentiva il fremito del mare, il trifoglio ondeggiava
nella brezza estiva, e il piccolo Paul venne
alla finestra coi fiori di trifoglio e sorrise.
Allora dissi: «Che cos’è “la disperazione divina”, Alfred?»
«Hai letto “Lacrime, vane lacrime”?» mi chiese.
«Sì, ma lì non hai espresso la disperazione divina.»
«Ma caro amico» rispose «ecco perché la disperazione era divina.»