{st:(F.De Andrè-P.Villaggio )} {two_column_on} [C]Re Carlo[F] tornava dalla gue[C]rra, [F]lo accoglie l[C]a sua terra cingen[D7]dolo d'a[G]llor. [C]Al sol d[F]ella calda primavera[C] [F]lampeggia[C] l'armatura del [G7]Sire vinc[C]itor [C] [F] [C] [F] [C] [D7] [G] [C] [F] [C] [F] [C] [G7] [C] Il sangue del Principe e del Moro arrossano il cimiero di identico color ma più che del corpo le ferite da Carlo son sentite le bramosie d'amor. [E7]Se ansia[Am] di glor[Dm]ia, sete ed [E7]onore [Am]spegne la [Dm]guerra al vincito[E7]re, n[Am]on [E]ti concede u[Am7]n momento [D]per[Am] fare[F] l'amo[E]re. [Am]Chi poi imp[Dm]one alla spo[E7]sa soave [Am]di castità la[Dm] cintura, ahimè, è gra[E7]ve, in [Am]battaglia [E]può correre[Am7] il rischio di[D] pe[Am]rder la[E] chia[Am]ve. Così si lamenta il Re cristiano, s'inchina intorno il grano, gli son corona i fior. Lo specchio di chiara fontanella riflette fiero in sella dei Mori il vincitor. Quand'ecco nell'acqua si compone, mirabile visione, il simbolo d'amor, nel folto di lunghe trecce bionde il seno si confonde ignudo in pieno sol. "Mai non fu vista cosa più bella, ma io non colsi siffatta pulzella" disse il Re Carlo scendendo veloce di sella. "Deh! Cavaliere non vi accostate, già d'altri è gaudio quel che cercate, ad altra più facile fonte la sete calmate" {column_break} Sorpreso da un dire sì deciso, sentendosi deriso, Re Carlo s'arrestò. Ma più dell'onor potè il digiuno, fremente, l'elmo bruno, il Sire si levò. Codesta era l'arma sua segreta, da Carlo spesso usata in gran difficoltà, alla donna apparve un gran nasone, un volto da caprone, ma era Sua Maestà. "Se voi non foste il mio Sovrano, - Carlo si sfila il pesante spadone - non celerei il desio di fuggirvi lontano. Ma poiché siete il mio signore, - Carlo si toglie l'intero gabbione - debbo concedermi spoglia ad ogni pudore". Cavaliere lui era assai valente ed anche in quel frangente d'onore si ricoprì e giunto alla fin della tenzone, incerto sull'arcione tentò di risalir. Veloce lo arpiona la pulzella repente, una parcella, presenta al suo Signor "Deh! Proprio perché voi siete il Sire fan cinquemilalire, è un prezzo di favor". "E' mai possibile, oh porco di un cane, che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane. Anche sul prezzo c'è poi da ridire, ben mi ricordo che pria di partire, v'eran tariffe inferiori alle tremila lire". Ciò detto agì da gran cialtrone, con balzo da leone in sella si lanciò frustando il cavallo come un ciuco tra i glicini e il sambuco il Re si dileguò. Re Carlo tornava dalla guerra, l'accoglie la sua terra cingendolo d'allor. Al sol della calda primavera lampeggia l'armatura del Sire vincitor.