La relazione dell'Ufficiale Sanitario al Sindaco di Buscate del 5/2/1947
al Primario dell'Ospedale di Cuggiono

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Faccio seguito alla mia precedente nota di pari oggetto del 13.1.1946.
Decorso dell’epidemia.
Fino ad oggi sono stati accertati tra gli operai della conceria SACPA ed i loro famigliari complessivamente N. 21 casi di febbre tifoide come dall’allegato prospetto. Essi sono stati tutti isolati in Ospedale ad eccezione di tre; Colombo Maria, Temporiti Egidio e Puricelli Giuseppina nei quali la malattia, svoltasi in forma attenuata ed atipica, venne accertata quando erano già in convalescenza e quindi non si è reso necessario il ricovero ospedaliero.
Dei 21 ammalati 15 erano operai della SACPA che consumavano i pasti preparati da quella mensa aziendale e 6 sono congiunti di operai della predetta conceria che portavano a casa e consumavano coi propri famigliari i cibi prelevati alla mensa della Ditta. I conviventi alla mensa erano 68 di cui se ne sono ammalati 15, cioè il 22 per cento; di essi 48 erano di Buscate e 20 abitano nei Comuni limitrofi; tra questi 20 si sono avuti 7 ammalati e precisamente 3 da Inveruno (che fa parte del Consorzio di Magenta) 2 da Turbigo, 1 da Cuggiono ed 1 da Castano.
Tra i 48 di Buscate si sono avuti 8 ammalati mentre gli altri 6 appartengono ai famigliari di altrettanti operai che prelevavano le razioni per consumarle in famiglia. Su 48 commensali residenti a Buscate 28 portavano i pasti a casa. Riguardo all’età la maggioranza dei colpiti, 15, sono adulti, 2 giovani 4 ragazzi riguardo al sesso 14 sono i maschi e 7 le femmine.
Tra i 18 ricoverati in Ospedale si sono verificati 5 decessi, 3 uomini 2 donne tutti adulti residenti nel Comune di Buscate e, particolare doloroso, 3 di essi appartenevano alla medesima famiglia ( Comerio).
L’altissima letalità, 25 per cento, deve attribuirsi a due fattori:
1) alla particolare virulenza del germe associata, penso, ad una elevata carica batterica che ha dato luogo ad una sintomatologia spiccatamente tossica quale quella che ha provocato la morte delle sorelle Comerio e del Caimi;
2 alla non appropriata terapia medicamentosa e dietetica che indubbiamente ha influito sulla sorte del Comerio Alfredo e del Pisoni Angelo Costoro infatti sono finiti per collasso in seguito a ripetute enteroragie con complicanza che inevitabilmente doveva verificarsi in soggetti che hanno continuato ad alimentarsi nella maniera abituale fino al momento del loro ingresso in Ospedale e cioè in ventitreesima giornata di malattia per il Comerio ed in ventiseiesima per il Pisoni.

La colpa di ciò, oltre che a coloro che hanno personalmente già pagato con la vita, deve attribuirsi alle voci diffuse in paese, voci che hanno trovato credito anche nella stampa, che con le notizie inesatte pubblicate ha contribuito a ribadirle nella popolazione di Buscate, che non si trattasse di infezione tifoidea ma di avvelenamento od intossicazione da alimenti guasti o avvelenati ingeriti coi pasti della mensa.
Questa convinzione determinatasi non so come, ed inconsciamente alimentati ha fatto si che alcuni ammalati (come il Comerio ed il Pisoni) si sono tenuti nascosti per tema di essere ospedalizzati come tifosi, mentre secondo loro la malattia che li aveva colpiti era influenza e non tifo.
Essendo venuto a conoscenza di ciò ho parlato agli operai della conceria spiegando loro i motivi per cui era stata posta la diagnosi di febbre tifoide e per cui l’ipotesi di avvelenamento od intossicazione era assolutamente da escludere; anche il Sindaco ha tenuto, allo stesso scopo, una riunione ai maggiorenti del paese.
Purtroppo devo segnalare che ancora oggi , nonostante le precisazioni fatte e nonostante la diagnosi di tifo sia stata confermata oltre che dal decorso clinico di tutti gli ammalati ricoverati, constatato non sono dai medici dell’Ospedale ma anche da altri chiamati a consulto, e dalle ripetute prove seriologiche (Widal) e culturali (emocultura) eseguite oltre che negli Ospedali di ricovero anche, per controllo, presso il Laboratorio Provinciale d’Igiene e Profilassi o presso l’Istituto d’Igiene dell’Università, la popolazione non è del tutto convinta dell’esattezza della diagnosi posta dai medici dell’Ospedale e dalle Autorità Sanitarie.

Azione Profilattica.
Le misure di profilassi comunicate con la mia precedente nota del 13.1. sono state così integrate: si è proceduto al sequestro, a scopo precauzionale dei cibi esistenti nella dispensa della mensa, costituiti da riso, olio, lardo, strutto, conserva pomodori, tutti in buone condizioni di commestibilità. Essendo stato accettato in modo sicuro che trattasi di tifo e siccome i predetti cibi si conservano tutti previa cottura, non sono stati prelevati i campioni per l’analisi la merce è tuttora sequestrata.
Fin dal primo manifestarsi dell’epidemia (9.1.) venne dato ordine al medico condotto di segnalare giornalmente al Sindaco, col quale mi sono tenuto quotidianamente in contatto, lo stato di salute della popolazione con particolare riguardo agli ammalati appartenenti alla Ditta SACPA.
Ben poco mi sono potuto giovare di tale disposizione in quanto nessuna segnalazione mi è stata fatta dopo l’11.1, ad eccezione di quella relativa al ragazzo Puricelli Carlo che ho fatto ricoverare il 18.1. dopo una mia visita, mentre da più parti mi veniva riferito che in paese c’erano altri ammalati di tifo che si curavano clandestinamente sia per evitare il ricovero sia perché, secondo l’opinione imperante, non si trattava di tifo ma di altra malattia.
Siccome ciò era in contrasto con le ripetute assicurazioni ottimistiche avvalorate dal medico condotto volli sincerarmi personalmente ed il 25.1. eseguii una visita di controllo a tutti gli operai della Conceria SACPA e loro famigliari ammalati in quel periodo. Così ho potuto disporre il ricovero del ragazzo Pozzi Ardizzi Angelo (ammalato dal 10.1. e risultato anche lui affetto da tifo ) nonostante le minacce fattemi dal padre che si opponeva all’Ospedalizzazione; molto sospetta mi parve anche la malattia sofferta dalla Puricelli Giuseppina per cui, pur non ordinandone il ricovero perché già in convalescenza, provvidi all’accertamento della diagnosi mediante la Widal che è risultata positiva per tifo per 1/ 200. Anche ad altri ammalati è stato eseguito il prelievo del sangue per l’accertamento della forma morbosa sofferta, con i risultati che seguono: contemporaneamente lo vendeva anche alla rimanente popolazione tra cui non si è verificato un solo caso di tifo, l’unica ipotesi possibile era che i cibi e particolarmente il salame venisse inquinato dal personale addetto alla distribuzione di esso. In tal senso ho diretto le mie ricerche eseguendo il prelievo del sangue e delle feci al personale di cucina (Castoldi Giuseppina e Comerio Maria).
Inoltre, essendo venuto a conoscenza che la sorella della cuoca, Castoldi Rosa era stata assente dal lavoro per malattia dal 9.12.46 al 10.1.47, nonostante il medico curante mi avesse dichiarato che aveva sofferto di una forma bronchiale a tipo influenzale, dato lo stato di salute della paziente e la durata della malattia, esegui anche a lei il prelievo del sangue e delle feci in data 11.1.1947. La sierodiagnosi eseguita presso l’Istituto d’Igiene dell’Università è stata negativa per la Castoldi Giuseppina e per la Comerio Maria, mentre per la Castoldi Rosa, l’ammalata è stata fortemente positiva per tifo alla diluizione 1/050 e debolmente alla diluizione di 1/100.
Negative le coproculture per tutte e tre. Un successivo prelievo eseguito il 16.1. Confermava i risultati precedenti Un terzo prelievo eseguito il 22.1. Mentre confermava la positività sempre al titolo di 1/050 per la Castoldi Rosa, dava anche positiva la Giuseppina per 1/400; però è da sempre presente che la Giuseppina era stata vaccinata l’11 ed il 18 Gennaio rispettivamente con mezzo e un cc. di vaccino antitifico dell’Istituto Sieroterapeutico Milanese.
Un quarto prelievo eseguito il 31.1. Ha confermato i risultati del terzo il sangue della Giuseppina è stato ancora positivo per 1/400 oltre che per l’antigene “O“ anche per l’antigene “H“.
Considerato che su 21 casi di tifo ben 16 di essi hanno manifestato i primi sintomi della malattia nel periodo che va dal 23 al 31 Dicembre 1946, è pensare che l’infezione sia stata contratta da tutti nella seconda decade di Dicembre; deve essere avvenuto quindi in quel periodo l’inquinamento cibi e probabilmente in unica volta.
Tenendo presente che la Castoldi Rosa è stata assente dal lavoro dal 9.1. si può facilmente identificare in lei la sorgente dei bacilli che tramite la sorella andavano a finire sui cibi della mensa; ne le coproculture negative ci autorizzano ad escluderlo in quanto è noto che la eliminazione dei bacilli può avvenire in maniera discontinua ed a pause mentre la debole positività della lei sierodiagnosi fa pensare che abbia sofferto una forma attenuta della malattia o che sia una portatrice.
Non si è lontani dal vero pensando che la Castoldi Giuseppina dopo aver accudito in casa alla sorella Rosa ammalata si recasse al proprio lavoro (cuoca della mensa aziendale) senza aver provveduto ad un’efficace pulizia delle mani e quindi abbia inconsciamente trasportato una forte carica di bacilli sui cibi che preparava e distribuiva; a meno che non si voglia considerare anche la Castoldi Giuseppina, direttamente o indirettamente, e che il provvedimento della chiusura della mensa adottato sin dal primo momento (9.1.) sia stato uno dei più efficaci per la delimitazione del focolaio epidemico.

Allo stato attuale l’epidemia può considerarsi circoscritta ed è da sperare che non abbia a riaccendersi. Nel chiudere questa relazione ritengo opportuno segnalare alla S.V. l’efficace collaborazione datami dall’Amministrazione Comunale di Buscate e dalla Direzione della Ditta SACPA che hanno facilitato in tutti i modi le ricerche e l’adozione delle misure di profilassi da me disposte.

L‘UFFICIALE SANITARIO
( Dott. Scaglione)

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