ANELLIDI

 

 

 

Gli anellidi vengono comunemente identificati col termine di «vermi», termine che per la verità non risulta molto appropriato per molte forme appartenenti a questo phylum, che si discostano alquanto dall'idea che si ha generalmente dei vermi. Agli anellidi appartengono i ben noti lombrichi, nonché le sanguisughe: tutti sono caratterizzati dalla metameria, che in questo gruppo si risolve in una ripetizione, lungo l'asse antero-posteriore, di una serie di segmenti (metameri) simili strutturalmente e funzionalmente. Gli anellidi marini, i cui antenati diedero probabilmente origine all'intero phylum, sono riuniti in un'unica classe, quella dei Policheti (Polychaeta), comprendente circa 8300 delle quasi 9000 specie di anellidi nel mondo. I policheti si dividono in 2 grandi gruppi: i policheti erranti sono in grado di muoversi liberamente, e annoverano specie pelagiche e bentoniche, le prime natanti liberamente nell'acqua, le seconde striscianti su rocce e sabbia, ove possono infossarsi. I policheti sedentari sono di gran lunga i più interessanti ed attraenti, gli unici che possono essere allevati con successo in acquario: si tratta generalmente di animali tubicoli, abitanti cioè in tubi o buchi prodotti da loro stessi o abbandonati da altri animali. La maggior parte delle specie presenta metameria eteronoma: i segmenti che costituiscono il corpo, cioè, si differenziano in regioni ben distinte, facilmente distinguibili per la presenza o l'assenza di appendici laterali (Parapodi) o di branchie, nonché per il diverso diametro dei metameri stessi. Due sono le tlimiglie più diffuse nei mari tropicali: Sabellidae e Serpulidae, entrambe presenti anche nel Mediterraneo. I sabellidi costruiscono un tubo impastando, col secreto di alcune ghiandole, il fango o la sabbia del fondo: all'interno del tubo vive il polichete, il quale possiede, all'estremità anteriore, un "ventaglio" dall'aspetto piumoso costituito da numerosi processi a pettine detti radioli. Per nutrirsi il verme espande al massimo il ventaglio fuori del tubo, e le ciglia sui bordi dei radioli, muovendosi in continuazione, creano una corrente che convoglia le particelle alimentari verso la bocca: per riposarsi, o per sfuggire ad eventuali predatori, il polichete arrotola la corolla e si ritrae in fondo al proprio tubo. La specie più comune dell'Oceano Indiano e del Mar Rosso è sicuramente Sabellastarte indica, assai simile esternamente al nostro Spirografo ma con dimensioni medie più contenute: il diametro della corolla in piena espansione è generalmente compreso tra i 5 e i 10 cm, quello del tubo è di cm 1-2. La colorazione della corolla è assai variabile, e sempre screziata: rosso-mattone, bianco, nero, azzurro chiaro e arancione sono i colori che ricorrono più frequentemente, quasi sempre in combinazione tra loro. Vive in natura su fondi fangosi, come testimonia la struttura del tubo degli esemplari appena importati: in acquario si adatta però anche al fondo di sabbia corallina, purché sufficientemente fine. Questa specie può ricostruire il proprio tubo se questi viene danneggiato, e naturalmente ampliarlo e allungarlo man mano che cresce: in questo caso viene utilizzata direttamente la sabbia corallina, o meglio ancora eventuali sedimenti limosi che si accumulino nei pressi dell'animale. Questo polichete necessita di un discreto ma non eccessivo movimento dell'acqua, e di un'alimentazione assai varia, costituita da tutti i mangimi consigliati per i planctofagi: un'alimentazione monotona porta quasi sempre a uno sbiadimento dei colori della corolla.

 

 

 

La riproduzione avviene per via sessuale, e non è infrequente in acquario: i sessi sono separati (specie dioica) anche se il dimorfismo è assai difficilmente osservabile nell'animale vivo, tuttavia allevandone diversi esemplari in acquario si può sperare di ottenerne con successo la riproduzione. I gameti (uova e spermi) vengono espulsi nell'acqua circostante in numero enorme, sicché il numero di quelli che vengono in contatto e danno luogo alla fecondazione è sempre sufficientemente elevato: in cattività la sopravvivenza delle larve, dette trocofore, di forma ovaleggiante e munite di una fascia di cellule ciliate, è legata all'assenza di predatori (crostacei, pesci, molluschi, ecc.) e alle buone condizioni ambientali dell'acquario, che dovrebbe essere ricco di alghe e provvisto di un buon filtraggio biologico. Anche se nella vasca sono presenti altri invertebrati che se ne nutrono, spesso alcune larve riescono ugualmente a fissarsi al substrato e a compiere la metamorfosi, trasformandosi in minuscole copie degli adulti: questo si verifica soprattutto nei filtri biologici, dove molte larve vengono risucchiate, per cui occorre fare una certa attenzione quando si estrae la lana di perlon dal primo scomparto per sostituirla o sciacquarla, inoltre è bene dare ogni tanto un'occhiata al filtro ad alghe eventualmente presente. I serpulidi comprendono numerose specie di policheti che costruiscono tubi calcarei: è facile osservarne piccoli esemplari dalla corolla vivacemente colorata associati a madrepore, spugne, gorgonie, conchiglie di molluschi bivalvi e gasteropodi. Una menzione a parte merita Spirobranchus giganteus, dell'Indo-Pacifico, ove è possibile trovarlo solo nelle scogliere coralline. Il motivo è semplice: questo serpulide si insedia esclusivamente su un madreporario coloniale non ramificato, a forma di roccia, denominato Porites lutea. Su una colonia di Porites è possibile rinvenire a volte decine di Spirobranchus, ognuno con la sua nicchia nel madreporario. Le corolle dei singoli individui, i cui radioli sono disposti a spirale, hanno una variabilità cromatica sorprendente: blu, rosso, arancione, giallo, verdastro ecc. Tali corolle hanno un diametro esiguo (1-2 cm), e l'animale, dopo averle ritratte all'interno del suo tubo, richiude l'imboccatura con una specie di opercolo semicircolare. In acquario Spirobranchus giganteus vive abbastanza bene e relativamente a lungo, giungendo anche a moltiplicarsi con successo se il substrato costituito dai coralli Porites è sufficientemente ampio: i polipi della madrepora non sopravvivono però in acquario, in commercio giunge normalmente solo lo scheletro calcareo, tuttavia i policheti non sembrano risentirne particolarmente. Assai sensibili alla crescita di alghe filamentose, andrebbero posti insieme al corallo che lì ospita in una zona poco illuminata dell'acquario: richiedono un buon movimento dell'acqua, e accettano quasi sempre il cibo microscopico (zoo e fitoplancton, mangimi liquidi artificiali, "latte" di mollusco) normalmente consigliato per gli organismi planctofagi. Concludo con un cenno sui principali nemici naturali dei policheti sedentari: in primo luogo i soliti pesci corallini della famiglia Chaetodontidae (pesci angelo, pesci farfalla ecc.), ma anche alcuni labridi e blennidi, tutti naturalmente prendono di mira soprattutto la corolla variopinta (i radioli eventualmente danneggiati comunque ricrescono, sia pur lentamente), mentre certi crostacei (soprattutto gamberetti come Rhynchocinetes, granchi ragno come Stenorhynchus seticornis, ecc.), riescono a volte a introdurre le chele all'interno dei tubi per afferrare il verme e divorarlo.