IL  FILTRAGGIO

 

 

Possiamo senz'altro considerare il filtro come il "cuore" dell'acquario. La sua funzione è di mantenere pulita l'acqua dalle particelle in sospensione e dalle sostanze organiche inquinanti (derivate dal metabolismo dei pesci, avanzi di mangime, detriti vegetali, ecc.) che, accumulandosi lentamente in un ecosistema chiuso come l'acquario, renderebbero l'ambiente invivibile per la maggioranza degli ospiti. Vediamo insieme quali sono i tipi di filtraggio disponibili sul mercato e più in uso presso gli appassionati.

 

Il filtro biologico
E' certamente il più diffuso negli acquari italiani. Di solito si preferisce incorporarlo nella vasca, lateralmente o posteriormente. Esistono in commercio modelli in plastica nera già predisposti per essere fissati alle pareti con silicone o apposite ventose, in alternativa si può ricavare direttamente uno scomparto all'interno della vasca inserendo un divisorio in vetro (opalina) o plexiglas scuro. Negli acquari di serie questo filtro è generalmente già incorporato nella vasca. Scopo del filtro biologico, è far sì che al suo interno si crei una flora batterica capace di degradare le sostanze di rifiuto presenti nell'acquario, trasformandole in altre poco nocive per gli organismi che vi alleviamo. Perché ciò avvenga è necessario che il filtro passi attraverso una fase di "maturazione" che, a seconda delle condizioni dell'acquario, può durare da una settimana a 15-20 giorni. Il filtro biologico è costituito da un numero variabile di scomparti. Il primo è provvisto di griglie per l'entrata dell'acqua e si usa spesso come alloggiamento per il termoriscaldatore; gli scomparti centrali contengono i materiali filtranti mentre quello finale, di solito più esiguo, ospita l'erogatore che reimmette l'acqua filtrata in vasca. L'erogatore può essere azionato da un aeratore o, più comunemente, da una pompa centrifuga a immersione la cui potenza (in litri orari) sarà pari a 3-4 volte il volume dell'intera vasca (es. per una vasca di 100 litri: pompa di 300-400 l/h), questo per assicurare un flusso costante ma non troppo veloce all'interno degli scomparti. Il flusso dell'acqua proveniente dall'acquario attraversa i materiali filtranti, a partire da quelli che costituiscono il "prefiltro" (lana di perlon, spugne sintetiche a celle larghe) e che sono deputati ad intercettare le particelle di sporco più grossolane. Per favorire l'azione dei batteri, è necessario che tale flusso sia piuttosto lento. Un primo gruppo di batteri trasforma l'ammoniaca e l'urea prodotta dai pesci attraverso gli escrementi, in nitriti, sostanze comunque piuttosto tossiche. Questi, a loro volta, sono degradati da un altro gruppo di batteri in nitrati, meglio tollerati da pesci e piante e dannosi a loro volta solo ad altissime concentrazioni. I nitrati possono poi essere periodicamente abbattuti attraverso i cambi d'acqua parziali. Sono adatti i materiali filtranti che, per la loro notevole superficie, mettono a disposizione dei batteri un substrato il più ampio possibile, che favorisca il loro insediamento e sviluppo. Fra quelli più comunemente utilizzati vi sono i cannolicchi di ceramica, le spugne sintetiche ultraporose, la graniglia di quarzo e la lana di perlon. A parte i materiali del prefiltraggio, i filtranti del biologico vanno lavati... il meno possibile! Ogni lavaggio dei materiali filtranti, infatti, distrugge le colonie di batteri, costringendo il filtro a passare per un'ulteriore fase di "maturazione", che può essere accelerata aggiungendo all'acqua appositi prodotti che favoriscono lo sviluppo dei batteri stessi. Un piccolo trucco per accorciare i tempi di questa maturazione consiste, quando necessario, nel limitarsi a sciacquare rapidamente cannolicchi e spugne, utilizzando esclusivamente acqua proveniente dall'acquario.


Il filtro rapido esterno a circolazione forzata
È costituito da un cestello di plastica riempito di materiali filtranti, chiuso con un coperchio provvisto di guarnizione per la tenuta stagna su cui è fissata una pompa. L'acqua viene aspirata dalla vasca tramite un tubo, rigido di pescaggio sulla cui estremità si inserisce una campana grigliata per impedire che vengano risucchiati i pesci: entra a caduta nel secchiello, attraversa i materiali filtranti e viene reimmessa filtrata nella vasca dalla pompa tramite un tubo spesso forato in più punti per frazionarne il getto ed aumentare così l'ossigenazione. Nei modelli di concezione più moderna un pozzetto sul coperchio permette l'innesco del sistema filtrante (filtro autoinnescante), evitando le poco igieniche manovre di aspirazione "a bocca". Quasi tutte le ditte forniscono degli utili doppi rubinetti, da inserire nelle vicinanze dell'attacco al filtro, sui due tubi che ne fuoriescono: tali rubinetti sono del tipo "a sgancio rapido", permettendo di separare, con comodità e senza fuoriuscite di acqua, le due estremità del tubo. Questo consente un facile spostamento del filtro per l'ordinaria manutenzione (sostituzione o lavaggio dei materiali filtranti, pulizia dei tubi e della pompa), ma anche la possibilità di regolare il flusso dell'acqua, adattandolo alle esigenze dell'acquario. Il volume del cestello varia secondo i modelli da poco più di un litro a una ventina di litri, la portata oraria della pompa da 300 a 2.000 1/h. I modelli più piccoli sono adatti per vasche di capacità compresa tra 80 e 150 litri, i più potenti per grandi acquari di un migliaio di litri. Questo filtro viene in genere collocato sotto l'acquario, in un vano posto nel mobiletto di supporto e chiuso da uno sportello, vano che dev'essere sufficientemente ampio per poter comodamente accedere al filtro durante la manutenzione. Il filtro a circolazione forzata viene da molti impropriamente definito "meccanico", ovvero in grado solo di asportare dall'acqua le particelle inquinanti più grossolane senza intervenire nella loro trasformazione biologica. In realtà, malgrado l'esiguo spazio disponibile e la turbolenza eccessiva rispetto al classico filtro "biologico", nel cestello filtrante si sviluppa col tempo una discreta colonia di batteri in grado di svolgere un efficace filtraggio basato sulla decomposizione della sostanza organica portata dall'acqua. Quando i materiali filtranti ad azione meccanica cominciano ad intasarsi, rallentando visibilmente il flusso dell'acqua, è il momento di procedere alla loro pulizia (o sostituzione, se il caso). Ciò si verifica in media ogni 30-45 giorni, secondo il popolamento dell'acquario; i tempi si possono allungare sostituendo la campana aspirante con un prefiltro (una cartuccia di resina espansa) che andrà pulito di frequente. Prima di aprire il cestello filtrante, occorre spegnere la pompa e interrompere l'afflusso di acqua per caduta dalla vasca, è perciò consigliabile inserire appositi rubinetti sui tubi di uscita e di entrata, qualora il filtro non li abbia già in dotazione.


Il filtro esterno a cassetta
Molto diffuso in passato, oggi questo filtro (da appendere sul bordo della vasca) trova un utilizzo assai limitato in acquariofilia, almeno nel nostro Paese. Un tempo si fabbricavano vasche con il coperchio già predisposto per l'inserimento di questo sistema filtrante, incompatibile invece con la maggioranza dei coperchi attuali salvo opportune modifiche. Nei primi filtri a cassetta l'acqua entrava a caduta e veniva reimmessa in vasca tramite un tubo erogatore azionato da un aeratore, i modelli attuali sfruttano invece una pompa centrifuga, con aspirazione attiva ed espulsione passiva. Sono adatti soprattutto per acquari d'acqua dolce di piccola-media capacità (60-150 litri) e usano come materiali filtranti cartucce di resina espansa, con possibilità di inserire materiali come il carbone attivo.

 

Il filtro interno
Tra i primi filtri impiegati in acquariofilia troviamo i filtri interni, un tempo semplici contenitori di plastica o di vetro riempiti di materiali filtranti (per lo più lana di perlon e carbone attivo) e azionati da un aeratore, confinati nell'angolo più nascosto dell'acquario. I loro eredi diretti sono gli attuali filtri interni rapidi, con pompa incorporata a portata oraria fissa o variabile e cartuccia filtrante (spugna o carbone), impiegati soprattutto in vasche d'acqua dolce di piccola e media capacità (fino a 80-120 litri) o come filtro supplementare negli acquari più grandi.

 

Il filtro sottosabbia
Questo filtro si compone di una singola, grande piastra di plastica o di più piastre componibili modularmente tra loro (questa seconda soluzione è la più diffusa perché permette di realizzare filtri "su misura" sfruttando al massimo l'intera superficie). Ogni piastra è cosparsa di fori e fessure per il passaggio dell'acqua, nonché di eventuali "canali" in rilievo per orientarne il flusso. Una o più piastre sono provviste di un foro più grande in cui va inserito il tubo di risalita dell'acqua filtrata, che può essere collegato ad una pompa centrifuga "power head" (collocata in cima al tubo stesso) o ad un aeratore per mezzo di un apposito erogatore con sistema "airlift". Il filtro così descritto va collocato direttamente sul vetro di fondo della vasca, quindi va ricoperto di sabbia (ideale una granulometria di miri e uno spessore del fondo di 5-8 cm.). L'acqua attraversa tutto il fondo (sabbia o ghiaia) e, attraverso i fori e le fessure delle piastre, si raccoglie nell'intercapedine esistente tra il vetro di fondo e la piastra filtrante; qui viene convogliata nei tubi di risalita che la reimmettono, filtrata, negli strati superiori della vasca. Perché il filtro funzioni al meglio occorre che il flusso dell'acqua non sia troppo veloce (consigliabile una velocità di circa 5 litri/ora ogni 100 cm2), in questo modo la flora batterica aerobica (che decompone cioè la sostanza organica di rifiuto in presenza di ossigeno) può svilupparsi al massimo consentendo di sfruttare l'intera superficie disponibile come massa filtrante. Il filtro sottosabbia è certamente il meno ingombrante e vistoso tra i vari sistemi di filtraggio (anche in vasche grandi infatti la sua presenza visiva si riduce a uno o più tubi di plastica trasparente), questo è indubbiamente il principale motivo del suo successo, unitamente all'economicità di acquisto e di uso. È però quasi inevitabile che, dopo alcuni mesi di funzionamento, il filtro sottosabbia si intasi, anche solo parzialmente, pregiudicando irrimediabilmente il proprio funzionamento: l'unica soluzione in questo caso è rifare tutto il fondo, rimedio evidentemente poco praticabile in un normale acquario domestico. E' quindi assai rischioso utilizzare questo tipo di filtro come principale - se non unico - sistema di filtraggio di un acquario: meglio impiegarlo piuttosto come secondo filtro negli acquari marini, in aggiunta al filtro principale (biologico, a circolazione forzata, percolatore), o perlomeno in abbinamento con un potente schiumatoio che ne alleggerisca il lavoro. Il suo impiego in acqua dolce è invece assai limitato, i pareri sulla sua compatibilita con le piante sono piuttosto discordi: sembra però accertato che esso ostacoli il radicamento delle piante, pertanto andrebbe attivato gradualmente solo quando la vegetazione appare ben acclimatata e in fase di crescita.

 

Il filtro percolatore
Rispetto agli altri sistemi di filtraggio, quello a percolazione è caratterizzato dal fatto che i suoi materiali filtranti non sono immersi nell'acqua ma vengono da essa attraversati con un sistema di caduta "a pioggia". Ciò consente il massimo sviluppo della flora batterica che decompone le sostanze organiche inquinanti all'interno del filtro, costituita da batteri aerobici che necessitano di ossigeno per ossidare composti tossici come l'ammoniaca e i nitriti in altri assai meno pericolosi come i nitrati. Di regola nel vano di un filtro percolatore l'ossigeno disponibile per i batteri è più abbondante che non all'interno di un filtro tradizionale, dove il flusso dell'acqua viene rallentato dal progressivo intasamento dei materiali filtranti ad opera dei detriti, con conseguente riduzione dell'ossigeno circolante. Il "cuore" del filtro percolatore è costituito da un vano riempito di speciali materiali filtranti, leggeri e ad amplissima superficie disponibile per l'insediamento dei batteri: si tratta dei "ricci di plastica" o "biosfere", attraverso i quali l'acqua scorre più o meno velocemente secondo la loro struttura variamente elaborata. Se si ha l'accortezza di disporre sopra il vano uno strato di prefiltraggio (lana di perlon, resina acrilica espansa), mantenuto regolarmente pulito dai detriti che vi si accumulano, le biosfere sono praticamente "autopulenti" e non necessitano di alcuna manutenzione per anni. La caduta "a pioggia", indispensabile per sfruttare in modo ottimale la massa filtrante, si ottiene convogliando l'acqua che scende dalla vasca su una lastra di plexiglas bucherellata su tutta la superficie, usando una punta di trapano più piccola nella zona centrale e una più grande verso i margini, così da ottenere un gocciolamento uniforme su tutta la superficie. Dopo aver attraversato la massa filtrante, l'acqua si raduna in un vano di raccolta dove una pompa, scelta tra quelle a maggiore prevalenza, la spinge tramite un tubo nella vasca sovrastante. Oltre ad una buona prevalenza, la pompa dovrebbe avere una portata oraria pari ad almeno una volta e mezzo il volume della vasca, mentre il volume del materiale filtrante varierà tra il 5 e il 10% di quello della vasca secondo la complessità strutturale delle biosfere. Il filtro percolatore si può inserire sopra o sotto la vasca. La prima soluzione è più semplice e non richiede particolari soluzioni tecniche: è sufficiente una pompa ad immersione con prevalenza non particolarmente elevata, che inserita nella vasca porterà l'acqua, tramite un tubo, al filtro collocato nel coperchio dell'acquario; l'acqua filtrata rientrerà per caduta nella vasca sottostante. Questa soluzione è però la meno usata, in quanto non è facile disporre di un vano sufficientemente ampio all'interno di un coperchio, senza considerare inoltre che essa è inapplicabile negli acquari "aperti", privi cioè di coperchio e illuminati con lampade a vapori metallici. Di gran lunga più diffusa è la collocazione sotto la vasca, generalmente in un vano occultato all'interno di un mobile-supporto: questa soluzione comporta però delle modifiche strutturali alla vasca e va quindi prevista in fase di progettazione e costruzione dell'acquario, essendo di problematica realizzazione a vasca già allestita. In particolare, occorre predisporre un pozzetto di raccolta dell'acqua da inviare al filtro con un sistema di "troppo pieno", il cui livello va calcolato in modo che, in caso di interruzione dell'energia elettrica o semplice spegnimento della pompa per manutenzione, il volume d'acqua proveniente dalla vasca non sia eccessivo per la capacità del filtro sottostante, con conseguente tracimazione e... allagamento. Il filtro percolatore richiede pochissima manutenzione: è sufficiente mantenere regolarmente pulito lo strato di prefiltraggio (lana o spugna), essendo le biosfere praticamente autopulenti. Se il vano di raccolta dell'acqua filtrata è sufficientemente ampio, vi si possono alloggiare diversi accessori oltre alla pompa che rimanda l'acqua nella vasca: termoriscaldatore, schiumatoio (limitatamente ai modelli a pompa in grado di lavorare in acqua bassa), reattore di calcio, ecc. Tra i problemi di gestione di questo sistema di filtraggio, va segnalata invece la necessità di tenere sempre il livello dell'acqua della vasca al di sopra della presa con il "troppo pieno" che capta l'acqua per la discesa al filtro: se il livello si abbassa, il filtro resta praticamente a secco, è quindi consigliabile dotare l'acquario di un sistema di rimbocco automatico dell'acqua evaporata, specie se la vasca è del tipo "aperto", priva cioè di coperchio e soggetta quindi a forte evaporazione. Per la relativa complessità di progettazione ed installazione, nonché per il costo generalmente elevato dei modelli già pronti in commercio, il filtro a percolazione è destinato a vasche di buone dimensioni, dai 200 litri in su. È consigliabile soprattutto per gli acquari dedicati ai Ciclidi dei grandi laghi africani (Malawi e Tanganica), per l'acquario salmastro e per l'acquario marino in generale, soprattutto acquari di barriera ricchi di coralli ed altri invertebrati per i quali è particolarmente idoneo grazie alla sua grande capacità ossidante e alla notevole versatilità (è possibile inserirvi schiumatoio, reattore di calcio, lampade sterilizzatrici, ecc.).

Filtro percolatore

Fibra sintetica per filtraggio meccanico

Disposizione dei materiali filtranti all'interno del filtro rapido a circolazione forzata
Primo strato. I primi a ricevere l'acqua proveniente dalla vasca saranno i materiali per il filtraggio meccanico, scelti tra quelli che si intasano meno facilmente per evitare di dover pulire troppo spesso il filtro: fibre sintetiche ("lane") grossolane e ad alta resilienza, resine alchidiche espanse ("spugne") a porosità elevata, ecc.
Strato centrale. Contiene i materiali ad azione meccanico-biologica: dato il ridotto volume disponibile, si dia la preferenza a quelli con superficie accessibile ai batteri molto elevata, quali i corpi ceramici ultraporosi, ricci di plastica, resine espanse a porosità media, ecc.              Ultimo strato. Inseriti in un sacchetto o nell'eventuale cestino grigliato in dotazione al filtro, si posizioneranno a monte degli altri i materiali per il filtraggio chimico: carbone attivo, zeolite, resine adsorbenti, torba.

 

Disposizione dei materiali filtranti all'interno del filtro biologico a scomparti
Primo scomparto. Se vi è spazio (spesso occupato interamente dal riscaldatore), funge da prefiltro e va quindi riempito con materiali per filtraggio meccanico (lana di perlon, resina spugnosa a celle grandi).                                                                                     Scomparti centrali. Se nel primo scomparto non vi è spazio per i filtranti meccanici, questi vanno inseriti nello scomparto successivo sopra tutti gli altri, in modo che ricevano per primi l'acqua da filtrare (prefiltraggio) e siano al tempo stesso facilmente asportabili per la periodica pulizia. Sotto di essi (e negli eventuali scomparti successivi) i materiali per il filtraggio biologico: corpi ceramici (cannolicchi, anelli, ecc.), resina spugnosa a celle piccole, graniglia lavica, ricci di plastica, graniglia corallina (solo per acquari marini), ecc. I filtranti biologici verranno col tempo colonizzati dai batteri decompositori e saranno quindi il "cuore" del filtro.
Ultimo scomparto. Di regola l'acqua vi giunge dal basso, in tal caso è possibile inserire, quando necessario direttamente sotto la pompa, materiali per il filtraggio chimico quali carbone attivo, zeolite, resine adsorbenti, ecc.

Cannolicchi di ceramica e spugne (resine alchiliche) per filtraggio biologico

Materiali filtranti ad azione chimica
Oltre ai materiali che svolgono nel filtro un'azione meccanica o biologica, ve n'è un altro composito gruppo la cui azione è definibile a metà strada fra il filtraggio vero e proprio e il trattamento dell'acqua. È il caso del notissimo carbone attivo, che con la sua elevata capacità adsorbente rimuove selettivamente sostanze coloranti, farmaci o altri agenti inquinanti accumulatisi nell'acqua. Queste caratteristiche, unite al suo rapido esaurimento (alcuni giorni d filtraggio continuato sono sufficienti ad "inertizzarlo"), ne consigliano l'uso solo in caso di necessità, inserendo all'interno della camera di uscita del biologico una o più cartucce di questo materiale, sempre più spesso offerto in commercio in pratiche retine sigillate a maglia fine. Ancora più selettiva è l'azione delle resine anti-fosfati, che trattengono tali composti, tra i principali responsabili della proliferazione algale ed eliminabili altrimenti solo attraverso cospicui cambi d'acqua, attraverso un processo di scambio chimico. Anche in questo caso è meglio posizionare le cartucce nell'ultima camera del filtro, così da garantire il passaggio di acqua già sufficientemente pulita. Un'azione simile è svolta dalla zeolite, un minerale capace di imprigionare i fosfati, ma che se non sostituito con regolarità può in alcuni anche rilasciarli, con risultati facilmente immaginabili. Altro materiale utilizzato spesso nei "biologici" è la torba attiva, che pur non avendo alcuna funzione specificatamene filtrante acidifica l'acqua, oltre ad ambrarla leggermente: un effetto spesso non gradito agli acquariofili ma che alcuni pesci provenienti dalle acque "scure" dei fiumi di foresta, ricche di acidi umici e tannino, apprezzano molto.

 

Filtro biologico: come riempirlo con i materiali giusti
Perché il filtro biologico funzioni al meglio, è necessario proteggerlo da un eccessivo afflusso di detriti e sedimento. Ciò è reso possibile dall'azione di materiali filtranti "meccanici", deputati appunto al trattenimento della sostanza organica particellata più grossolana, il cui accumulo finirebbe prima o poi con l'intasare il nostro sistema di filtraggio. Iniziamo col parlare proprio di tali materiali, il più noto dei quali è sicuramente la lana di perlon. Questo materiale è da anni un vero e proprio "classico" della tecnica acquariologica, solo ultimamente in parte soppiantato dalle resine alchiliche espanse. Tende ad intasarsi con notevole facilità, rallentando inevitabilmente il flusso d'acqua che attraversa il filtro. Un accorgimento indispensabile per il suo uso è dunque posizionarla in modo tale da renderne agevole la rimozione e consentirne così frequenti lavaggi. Molto utilizzate proprio per la facilità con cui possono essere lavate, le "spugne" (resine espanse alchiliche), di colore in genere azzurro o bianco, possono essere considerate materiali filtranti a metà strada fra l'azione meccanica e quella biologica. Pur trattenendo le particelle in sospensione con un'efficacia proporzionata alla "fittezza" della loro trama, dopo un certo periodo di tempo diventano un substrato molto adatto alla colonizzazione di folte colonie di batteri, trasformandosi in un'ulteriore sezione "biologica" del nostro apparato depurante. Ovviamente, lavaggi energici con acqua di rubinetto danneggerebbero le colonie batteriche, è bene dunque effettuarli solo con acqua prelevata dalla vasca. Un altro materiale utilizzabile nella sezione meccanica del filtro è costituito da una particolare paglietta sintetica resiliente di colore verde, che bloccali detrito più grossolano e va perciò inserita all'inizio del percorso compiuto dell'acqua all'interno del filtro stesso.
Fra i prodotti in commercio destinati ad essere colonizzati dai batteri, il più diffuso è rappresentato sicuramente dai cannolicchi di ceramica e dalla loro più recente versione ultroporosa, ad amplissima superficie colonizzabile, capace di ospitare fin quasi un miliardo e mezzo di questi microrganismi in un singolo elemento!
Stessa funzione - con ancor maggiore efficacia riguardo alla colonizzazione batterica - svolgono dei cilindretti di vetro sinterizzato, di recente commercializzazione, attraversati da microscopici canaletti di dimensioni perfettamente adatte all'insediamento dei batteri.
Materiali più "naturali", pur svolgendo la medesima azione di quelli sintetici, sono invece le varie graniglie, scelte tra quelle più porose (laviche, tufacee, basaltiche, ecc.) e comunque esenti o quasi da calcio (come la sabbia di quarzo) e dunque a reazione assolutamente neutra in acqua, senza possibilità di modificarne pH e durezza; l'utilizzo di sacchetti a maglia fine permette di disporli ordinatamente all'interno del "biologico", facilitandone la rimozione in caso di bisogno. Visto il tempo necessario ad un adeguato "start" del filtro, che può essere velocizzato con l'uso di appositi prodotti contenenti batteri "dormienti" pronti ad attivarsi rapidamente, è evidente che i substrati d'insediamento andranno rimossi e sciacquati il meno frequentemente possibile, e solo in caso di reale ed irreversibile intasamento del sistema.