Plebiscito
Atteggiamenti antigovernativi si riscontrano
anche in molti settori della popolazione. E questo è facilmente riscontrabile
dall'adesione al plebiscito del 21 ottobre 1861 indetto dalla dittatura di Garibaldi
per l'annessione (1).
"Scacciata la vecchia e mal sofferta
Signoria de Borboni, e compiuto nel 21 ottobre il riscatto del napoletano dal
duro servaggio mercè il solenne plebiscito, che queste meridionali contrade
d'Italia riuniva sotto lo scettro del galantuomo Re
Vittorio Emanuele, nè principii di febbraio 1861 l'eco del cannone
dell'eroe di S. Martino annunziava che Gaeta, ultimo asilo del profugo
spodestato Signore, era per cadere anch'esso nelle
mani delle gloriose falangi di terra e di mare degl'invitti campioni della
patria Cialdini e Persano. Mentre però i popoli redenti intedeano lieti
l'orecchio all'eco di quel cannone, ed ansiosi eran di vedere pur libero il
suolo di quel temuto scoglio, una mano di perversi caduti dalla cha fossa che
loro veniva dalla tirannide, cacciando le arti della sedizione in mezzo à
continui trionfi della causa della libertà, procuravano turbarne il sorriso,
mal ideando che, sgizzagliando la plebe al saccheggio, ed alla strage di coloro
che propugnavano il tricolore vessillo, e la Croce Sabauda, si potesse il nuovo
Governo costituito scrollare, e sul distrutto solfo di Napoli far nuovamente
assidere il discacciato Borbone.
Fra coloro che più di tutti, sconoscenti di sè e
della patria, l'augusto politico nuovo reggimento tentavan distruggere, con
universale indignazione ebbe a vedersi qualche ministro dell'altare, il quale,
falsando il Vangelo, e facendo di una religione di pace e di carità strumento
d'impresa cotanto iniqua, il volgo inesperto spingeva rubellarsi" (2).
Un sacerdote è "avverso alle libere istituzioni,
non senza spargere il malcontento presso il popolo e di aver tenuto nascosto il
suo nipote brigante nella propria casa non senza incoraggiarlo perché avesse
resistito al brigantaggio essendo prossima la venuta di Francesco due ... Nel
giorno del plebiscito l'arciprete Errico serrò la chiesa ed ordinò al popolo
che si fosse allontanato perché giorno di scomunica e poco mancò che i
cittadini non facessero un tumulto... È il più fiero nemico dell'attuale
governo..." .
Nel processo all'Arcivescovo De Luca, a proposito di
Francesco Rapolla si dice:
"Non intervenne al plebiscito il 21 ottobre 1860,
ed a Giuseppe Irino che v'intervenne fece acre rimprovero per aver dato il suo
voto affermativo a Vittorio Emmanuele, dicendogli che avea preso giuramenti
falsi quando in occasione dello esercizio di cariche comunali avea giurato
fedeltà al Borbone, e per lo intervento al plebiscito era incorso nella
scomunica".
(1)
I plebisciti per l'unità d'Italia si svolgono in vari luoghi e in periodi
diversi. Le votazioni, indette con formule diverse ma con l'unica finalità:
l'unificazione, si svolgono in Lombardia l'8 giugno 1848, in Toscana e in Emilia
l'11 e il 12 marzo 1860 (con la formula: "annessione alla monarchia
costituzionale del re Vittorio Emanuele, ovvero regno separato"), nelle
Province napoletane e in Sicilia il 21 ottobre 1860 (con la formula: "il
popolo vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale
e i suoi legittimi discendenti"), nelle Marche e in Umbria il 4 e il 5
novembre 1860 (con la formula: `"volete far parte della monarchia
costituzionale del re Vittorio Emanuele II?), a Mantova e nelle Province delle
Venezie il 21 e il 22 ottobre 1866, a Roma e nelle province romane il 2 ottobre
1870. Nelle Province napoletane votarono per il Si 1302064 elettori, per il No
10312 (Corriere della Sera, Enciclopedia I percorsi della Storia, Istituto
Geografico De Agostini, Novara 1997, pag. 810).