VALLATA
La mattina del 29 novembre 1862, all'alba, si
viene a sapere che, nella masseria di Andrea Galllcchio, nella contrada Maggio,
sul lato sinistro del Calaggio, si trovano annidati alcuni briganti. La guardia
nazionale di Vallata, coadiuvata dalla 15° Compagnia di Linea qui stanziata,
si reca nel luogo indicato. Dopo tre ore di fatiche, la forza pubblica cattura
il capobrigante Angelo Colicchio, già soldato del 16° Cacciatori
dell'esercito borbonico. Questi, da circa due anni, con il brigante Sacchitiello,
ha scorrazzato in questa campagna. Il Colicchio è bene armato: ha con
sé quattro fucili, due pistole, 7.10 cartucce, un paio di stivali di
cavalleria, una giacca di "bordigline" rubata, pochi giorni prima,
a Vito Quaglia. Dei quattro fucili uno appartiene alla guardia mobile, come
riferisce lo stesso brigante nell'interrogatorio.
Dopo poche ore la guardia nazionale rientra in paese e il brigante viene "passato
per le armi alla presenza del Maggiore Brero qui di passaggio". Prima di
morire Colicchio fa importanti rivelazioni le quali vengono consegnate al giudice
del mandamento per il regolare corso della giustizia.
Un drappello della guardia nazionale del Comune di Vallata, il 5 maggio 1863,
viene a conoscenza che un'orda di 13 briganti è diretta nella masseria
di Vito Quaglia. Subito si muove e tenta di inseguirla. 1 masnadieri, nel vedere
la pattuglia, fuggono precipitosamente lasciando nelle mani dei militi un cavallo
sfinito.
Il giorno 24 agosto 1863, una banda di briganti a cavallo, della quale s'ignora
il numero, cattura, in contrada Mezzana Valle Dorme, nel tenimento di Vallata,
Francesco D'Albenzio e Pietro Ricciardi, entrambi di Bisaccia e ruba, al primo,
la giumenta che cavalca. I due vengono rilasciati dopo poche ore.
Il 26, la stessa banda si dirige nella masseria di Michelarcangelo Tando di
Vallata, cattura Pasquale De Biase di S. Sossio e lo conduce altrove.