ATTIVITA' DEI BRIGANTI IN IRPINIA DAL 1861 AL 1863 ANDRETTA

Ad Andretta circola la voce che i briganti che si muovono quotidianamente in questo territorio sono riforniti di soldi e viveri da alcuni compaesani. I carabinieri, il 4 maggio 1863, organizzano una perlustrazione e sorprendono, a poca distanza dall'abitato, Pietro Acocella, Rosa Magliano e Agostino dell'Api con una giumenta carica di biada, pane, granone, cacicavalli, salami, sale e £ 402. Sono fermati e interrogati. Nonostante i primi due dichiarino di essere diretti a Foggia, sono arrestati. La stessa sorte tocca al terzo che difende energicamente i primi e si oppone all'operazione della forza pubblica (167).
Verso sera dello stesso giorno due briganti a cavallo, appartenenti alla banda Andreottola, si recano nella masseria di Donatantonio Papa, nel tenimento d'Andretta, gli derubano un cavallo e s'incamminano verso il bosco di Castiglione. Il mattino seguente il distaccamento di truppa stanziato nel Comune e i carabinieri reali perlustrano la zona: ma, nonostante accurate ricerche, i malviventi non si trovano.
Il 30 luglio 1863 i carabinieri d'Andretta arrestano, su disposizione del Delegato Mandamentale di P.S., il pizzicagnolo Nicola Martucci. Il salumiere è accusato di seduzione di giovani andrettesi inducendoli al brigantaggio. Per ottenere nuove adesioni e forze fresche al brigantaggio Martucci tenta di indurre i giovani del paese ad aderire alle orde brigantesche assicurando anche la propria adesione entro pochi giorni.
La stessa mattina le bande riunite di Croceo, Schiavone e Caruso, di circa 120 uomini a cavallo, si fermano nelle masserie di Piano Rinaldi verso Andretta, rubano biada per i cavalli, uccidono e mangiano quattro pecore. All'imbrunire ripartono dividendosi in drappelli: una parte si dirige verso Andretta e un'altra verso Bisaccia. Durante il percorso disonorano sei donne che tornano dai lavori dei campi (168).
Il 21 agosto 1863 due giovani andrettesi, Luca Antolino ed Eligio Morano, si associano alle masnade brigantesche.
Nelle ore pomeridiane del giorno dopo dodici briganti a cavallo, capitanati da Callarulo di Andretta, appartenenti alle bande di Sacchitiello, Croceo ed Andreottola, si presentano nei casoni della Toppa, sulla consolare di Melfi, e dei Serroni, sul Formicoso, in tenimento di Bisaccia, ordinano di riunire le giumente che erano al pascolo e ne rubano sei: due di Cipriani, una di Frieri, una di Vincenzo Vitale, una di Nicola Stingone ed una di Francesco Capaldo. Ripartono. Si recano nella contrada Pedurza, tra Bisaccia ed Andretta, e anche qui rubano una pecora nel


(ovile del duca Egmont (169).
Tre giorni dopo <24 agosto 1863) i carabinieri reali, comandati dal vicebrigadiere Leonardini, mentre da Andretta va a Bisaccia, ad un miglio e mezzo circa dall'abitato, si scontrano con 18 briganti, 12 dei quali a cavallo e sei a piedi, per ben tre volte.
Le numerose fucilate fanno accorrere il distaccamento dei bersaglieri stanziati in Andretta e 15 guardie nazionali guidate dal capitano Franza e dal sindaco supplente, Giovanni Caruso.
I malviventi, al sopraggiungere dei rinforzi, fuggono. I carabinieri e la milizia cittadina, esaurito le munizioni da guerra e ormai stanchi per il lungo cammino, si ritirano ad Andretta. I bersaglieri, invece, continuano a perlustrare la zona inutilmente: alle ore 20 ritornano in sede.
Negli scontri sono uccisi due briganti e uno è ferito (170).
Nei primi giorni di settembre alcuni briganti sono visti tra i Comuni di Andretta e di Morra.
Il 5, verso le quattro antimeridiane, su richiesta del delegato di Pubblica Sicurezza di Andretta, si organizza un pattugliamento ai Piani del Conte. Un drappello della guardia nazionale andrettese, guidato dal Delegato mandamentale e dal sindaco supplente, assessore Caruso, e dal capitano Lorenzo Franza, una squadra di Morra, comandata da un tenente, e i carabinieri di Andretta eseguono l'ordine.
Durante l'operazione essi non incontrano malviventi. Ma un espresso del Sindaco di Cairano segnala i briganti nella contrada Abbazia, nel tenimento di Calitri.
Il drappello andrettese e i carabinieri si dirigono immediatamente verso il luogo indicato. La guardia nazionale di Morra, invece, nonostante (invito del Delegato, non partecipa all'azione, perché ritiene di non poter oltrepassare il confine del suo tenimento, e si dirige verso la masseria Zuccardi, nel territorio morrese.
I militi andrettesi, dopo una lunga corsa di oltre quattro miglia, s'imbattono in una banda di dodici briganti al bosco S. Giovanni. Scoppia un violentissimo conflitto a fuoco.
Il carabiniere Uertolli viene attaccato dai briganti. Uno di loro gli assesta un colpo sulle spalle col calcio del fucile senza procurargli un gran male. Altri cinque briganti si avvicinano minacciosamente al malcapitato. Ecco che intervengono prontamente il carabiniere Adami ed il sergente della guardia nazionale Belfatto che lo salvano da morte sicura. Vertolli può raggiungere a piedi i suoi compagni e lascia il cavallo sul campo, non curato dagli stessi carabinieri impegnati ad acciuffare i briganti.

La battaglia è furiosa tanto che il popolo è attirato dai numerosi colpi da sparo ed esce, preoccupato, alla periferia del paese per guardare "quel spettacolo...".
Nel frattempo circa 20 cittadini si armano e decidono di accorrere in aiuto alle forze impegnate nella lotta (171).
Dopo una prima scarica, alcuni militi che ancora si trovano in quel luogo, tutti risultati poi ammogliati, spaventati, fuggono. A nulla valgono le esortazioni e 1' incoraggiamento dei carabinieri Maglione e Pantasso. I restanti, il capitano Franza, i sergenti Angelo Scarano e Antonio Belfatto, i militi Angelo Antonio Tedesco e Angelo Cella, nonché i carabinieri continuano a battersi per ben due ore.
Frattanto il brigadiere Leonardini, non potendo raggiungere i compagni e trovandosi vicino all'abitato, va in paese, arma il carabiniere Massetto Dionisio che è di piantone alla caserma, e con una decina di bersaglieri che si offrono volontariamente benché convalescenti, corre in aiuto e mette in fugai briganti.
I bersaglieri sequestrano la giumenta di un brigante caduto da cavallo e costretto ad abbandonare la lotta.
Nello scontro si distinguono il delegato, i carabinieri e pochi militi. Non si registrano perdite nè si lamentano danni nella forza pubblica. I briganti perdono solamente la giumenta e un loro compagno resta ferito <172).
Il delegato, i carabinieri <173), i componenti la milizia e i bersaglieri ricevono le lodi dalle autorità per l'opera prestata. I codardi che si sono resi indegni per un così grave comportamento vengono disarmati ed espulsi dal ruolo della guardia nazionale.

COSTITUZIONE DEL BRIGANTE NIGRO DI ANDRETTA
Il comandante la guardia nazionale, Lorenzo Franza, viene a sapere da Saverio Nigro <174) di Andretta che il figlio Pasquale, brigante, di anni 19 contadino, nato e domiciliato in Andretta, intende costituirsi volontariamente. Egli si trova "isolato dagli altri compagni a circa due miglia distante da questo abitato". Franza, con otto guardie, i sergenti Angelo

Scarano e Francesco Belfatto, i caporali Domenico Rizzo e Pasquale Paolercio, Pasquale Iannelli fu Michele, Sabatantonio Tenore e Giuseppe Tedesco, si reca, con coraggio e in disprezzo del pericolo, nella contrada Scorziello: poteva, infatti, trattarsi di un agguato.
Qui il comandante trova effettivamente il brigante Pasquale Nigro.
Prima di costituirsi il brigante chiede di avere salva la vita e di non essere maltrattato.
Il comandante accetta la richiesta e s'impegna a comunicarla poi alle autorità giudicanti.
Una legge speciale contro il brigantaggio, la cosiddetta legge Pica, approvata dal Parlamento il 15 agosto 1863, infatti, garantisce la vita ai briganti che si costituiscono volontariamente e la riduzione della pena per i pentiti (175).
Il brigante allora abbandona l'arma e il cavallo e si consegna alla forza pubblica.
La popolazione è ovviamente in tripudio per la presentazione spontanea del brigante.
La sera del 25 novembre la comitiva capitanata da Pasquale di Tore, alias Callarulo, (176) cerca di invadere il paese per impossessarsi del brigante Pasquale Nigro detenuto nelle prigioni di Andretta <177).
I briganti giungono fino alle prime case del paese, e precisamente nel luogo detto la Croce di pietra, nelle vicinanze delle carceri, e incominciano a sparare.
Subito si dà l'allarme.
Ai primi colpi il comandante di Stazione, con i suoi dipendenti, una ventina di bersaglieri, comandati dal sottotenente Neverdini del 5° battaglione ivi stanziati, ed il capitano della guardia nazionale, con una cinquantina di militi, affrontano i briganti: si apre una sparatoria che dura circa mezz'ora. I briganti, vedendosi inseguiti e combattuti da un numero maggiore del loro, fuggono verso il bosco S. Giovanni. Il comandante della Stazione, di concerto con il delegato di P.S. e il sottufficiale dei bersaglieri, lasciano i carabinieri e un numero di bersaglieri in paese per timore che i briganti tentino di entrare da qualche altra parte ed il rimanente della forza insegue la banda. Non riesce però a raggiungerla. Si esegue, quindi, un lungo pattugliamento nei boschi e nelle masserie ma senza risultati.
Certo, l'accaduto sorprende tutti. I briganti osano entrare in paese nonostante che ad Andretta vi siano i carabinieri, il delegato di P.S., la truppa e la Guardia Nazionale.
Si richiama il delegato ad una maggiore energia e s'invita "a farla finita con Collarino ed i suoi manutengoli, mentre il Governo è indisposto per tanta rinasciatezza"(178).
Il giorno 20 novembre, verso le ore 3 pomeridiane, la banda di Pasquale di Tore, "alias Ortone Calarulo di Andretta", arriva a poca distanza dal paese. Si chiede l'intervento della truppa che si mette immediatamente sulle tracce della banda. Essa viene raggiunta alla masseria di Cafazzo nel tenimento di Bisaccia. Dopo lo scambio di alcune fucilate, i briganti si danno ad una precipitosa fuga verso Formicoso (179).

I1 prefetto De Luca scrive, il 30 dicembre 1863, al sottoprefetto di S. Angelo dei Lombardi: "Prego la S. V. a compiacersi di fare i dovuti elogi al delegato Mandamentale di P.S. di Andretta, non chè alla Truppa quivi stanziata pel lodevole contegno serbato nell'inseguire e battere la comitiva di Pasquale di Tore, che audacemente nelle ore pom. del dì 20 Brasi avvicinata a quel Comune, come risulta dal foglio di V.S. del 23 spirante, N. 2964" (180).
Il 25 vengono rilasciati da Canio Scoca, della banda Andreottola, i sequestrati Domenico Solimine e Francesco Strazzella entrambi di Bisaccia.
Il drappello dei malviventi è composto da Andreottola, da Canio Scoca, Francesco Gentile, dal Sagrestano di Calitri, da un tale Liberto detto il prete di Cairano, da Salvatore il conzese e da un certo Gennaro di Cairano, cognato del capobanda, e dalla sua druda, cugina di quest'ultimo.
I due sequestrati sono testimoni oculari della rissa e dell'uccisione del feroce capobanda Antonio Andreottola di Bisaccia. II brigante è stato ucciso il 22 novembre, alle ore 17, nel bosco di Castiglione dal compagno Canio Scoca in seguito ad una rissa sorta per la divisione del loro riscatto.
Il cadavere è fatto trascinare dai prigionieri in una parte lontana del bosco e lasciato esposto alla vista dei legnaiuoli di Calitri fino alla mattina.
Il riscatto di Solimine è costato cinquecento ducati; quello di Strazzella viveri ed una giumenta rinvenuta poi dai bersaglieri che erano in servizio di perlustrazione.
La comitiva, dopo questo fatto, annovera solamente cinque individui.
Il 28 novembre i bersaglieri stanziati in Andretta sorprendono ed attaccano, nella masseria Tenore, 18 briganti a cavallo. Nel combattimento un brigante uccide un suo compagno e ne ferisce mortalmente un altro. La truppa rimane illesa; sequestra, però, una giumenta lasciata dai malviventi e libera Giuseppe Antolino di Andretta, catturato nello stesso giorno dai malfattori.

 

170

nati, alla perdita dei diritti politici, all'interdizione patrimoniale nonchè alla rifusione dei danni e alle spese.
La banda Callarulo è costituita da Angelantonio, da Pasquale e Alessandro, figli del primo, da Antonio, fratello di Angelantonio, da almeno altri 8 andrettesi e da 4 di altre località.
Per ragioni di spazio e per lo scopo della pubblicazione non si descrivono tutte le vicende e la composizione della banda. La comitiva di Callarulo sarà oggetto, comunque, di una nuova e più esauriente, si spera, pubblicazione. Saranno trattati anche tutti i fatti di brigantaggio verificatisi in Irpinia e particolarmente in Andretta.
177) Di questo avvenimento si riferirà in altre prossime pubblicazioni.
178) Lettera del 28 novembre 1863, protocollo n. 2791, della Sotto?Prefettura di S. Angelo Lombardi , Amministrazione di Pubblica Sicurezza, avente per oggetto: Brigantaggio.
Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart. 3, fase. 233.
179) Nota della Sotto?Prefettura di S. Angelo dei Lombardi, Amministrazione di Pubblica Sicurezza, protocollo 2964, avente per oggetto: Attacco della banda Ortone Calarulo del 23 dicembre 1863.
Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cari. 3, fase. 247.



175) La legge 1409 del 15 agosto 1863 "colla la quale sono date disposizioni dirette alla repressione del brigantaggio" recita:
Art. 1 Fino al 31 dicembre corrente anno, nelle Provincie infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con Decreto Reale, i componenti comitiva, o banda armata, composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche vie o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai Tribunali militari, di cui nel libro Il, parte Il del Codice penale militare, e con la procedura determinata dal capo ili del detto libro.
Art. 2 I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, o coi lavori forzati a vita, concorrendovi circostanze attenuanti.
A coloro che non oppongono resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di viveri, notizia ed aiuti d'ogni maniera, sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita, e concorrendovi circostanze attenuanti, il maximum dei lavori forzati a tempo.
Art. 3 Sarà accordata a coloro, che si sono costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena.
Tale pubblicazione dovrà essere fatta per bando in ogni Comune.
Art. 4 Il Governo avrà pure facoltà, dopo il termine stabilito nell'articolo precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione di un grado di pena.
II Regio Decreto n. 1414 del 20 agosto 1863, registrato alla Corte dei Conti il 27 agosto 1863, reg. 25 Atti del Governo a c. 45. Ayres, dichiara infestate dal brigantaggio le Province di: Abruzzo Citeriore, Abruzzo Ulteriore II, Basilicata, Benevento, Calabria Citeriore, Calabria Ulteriore II, Capitanata, Molise, Principato Citeriore, Principato Ulteriore e Terra di Lavoro.
176) Di Tore è chiamato anche Vitone, Ortone, Colarulo e Callarulo. Pasquale Di Tore fu Angelantonio, nato il 4 gennaio 1836 , diventa brigante nel 1862 per non voler prestare il servizio militare. Si costituisce volontariamente il 5 gennaio 1865. Viene condannato dal tribunale Militare di Guerra di Avellino, con sentenza del 20 febbraio 1865, alla pena dei lavori for



171) Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart. 2, fac. 137.
172) Relazione del maggiore comandante i Carabinieri Reali ? 10~ Legione di Salerno?Divisione di Avellino?N. 4581, Div. 3, del 10 settembre 1803.
Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, can. 2, fase. 137; 173) Carabinieri che hanno partecipato al conflitto:
Leonardini Giuseppe, brigadiere, e Maglione Giovanni, Adami Basilio, Cimignaghi Desiderio, Vertolli Pietro, Pantasso Filippo.
174) In una lettera da Avellino del 30 Novembre 1863 dei Carabinieri Reali ? lÓ Legione di Salerno ? Divisione di Avellino ? N. 7040 , Div 3, avente per oggetto: Presentazione di un Brigante, indirizzata al Prefetto deva Provincia di Avellino e firmata dal Maggiore Moscati, Comandante la Divisione E , è detto: "brigante Nigro Pasquale, di Salvatore".

 

 

169) Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart.l, fase. 132. 170) Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart. 1, fase 124.



167) Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart. 1, fase. 124. 168) Archivio di Stato di Avellino, Prefettura, cart. 1, fasc.132.


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